Il ratto di Proserpina è il rapimento, l’istante culminante della violenza della divinità, che Bernini immortala fissandolo per sempre nel marmo ad eterno monito. Il dio degli inferi, Dite, efferato e insensibile, affonda le dita nelle carni della fanciulla per strapparla al suo destino e farla sua. Da quel momento, nulla tornerà più ad essere come prima.
L’ira di Cerere, Madre terra e madre di Proserpina, sarà implacabile e la sua furia si abbatterà su ogni cosa. Soltanto l’intercessione di Giove potrà placarla, consentendo alla fanciulla di tornare da lei sei mesi l’anno. Muovendo dai versi di Ovidio, la scrittura compone una narrazione dal ritmo incalzante e tempestoso, densa di ironia e intimamente personale, capace di affondare nelle radici del mito per riaffiorare ai giorni nostri e parlare con più consapevolezza all’animo umano.
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