Marsiglia, 1941: un transatlantico salpa verso la Martinica, portando con sé un carico di brillanti menti in fuga. Tra i passeggeri ci sono il padre del surrealismo André Breton, l’antropologo Claude Lévi-Strauss, il pittore cubano Wifredo Lam, il romanziere comunista Victor Serge e Anna Seghers, scrittrice tedesca in esilio. E fin qui è storia.
La magia accade quando Caronte, il traghettatore dei morti della mitologia greca ora promosso capitano della nave, riorganizza lo spazio-tempo e invita altri celebri personaggi a unirsi a questa “nuova arca”. A questa sorta di allegoria di tutte le spedizioni forzate del passato e del presente, prendono parte anche figure rilevanti dell’anticolonialismo come Aimé Césaire, il filosofo Franz Fanon, le sorelle Nardal, e ancora protagonisti della storia come Joséphine Baker, Joséphine Bonaparte, Frida Kahlo, Trotsky e persino Stalin.
Il geniale artista sudafricano William Kentridge presenta un’opera multidimensionale: in parte teatro, in parte oratorio, in parte opera da camera. Kentridge è creatore di opere d’arte uniche che combinano disegno, animazione, cinema, produzioni teatrali e operistiche. In questo spettacolo il suo sguardo eccezionale si unisce alle musiche composte da Mahlangu, in una drammaturgia che mescola coro greco, proiezioni, danzatori, maschere e giochi d’ombre. Il contesto culturale della Parigi Nera degli anni ‘40, la poesia della Martinica, il surrealismo e il movimento della Négritude fanno da sfondo al libretto, che esplora modi antirazionali di interpretare linguaggio e immagine.
Celebrando l’inaspettato e il non convenzionale, The Great Yes, The Great No cattura il poetico e il rivoluzionario, spingendosi verso la possibilità di un futuro più libero e autentico.