Ho conosciuto Francesco Cusa e l’etichetta Improvvisatore Involontario in modo del tutto casuale, come non di rado mi capita di leggere sia accaduto anche a tanti altri appassionati di musica. Avevo imprudentemente pubblicato sul mio neo-nato blog di arte, un articolo che era più che altro una comunicazione su un evento jazzistico che si sarebbe di lì a breve svolto nella Capitale. Da giornalista e nello specifico critico teatrale che deve ancora maturare molto, non sapevo che il mondo della critica e della stampa musicale fosse ben più arduo e ricco di insidie: i musicisti e più che mai i jazzisti, sono una categoria di artisti preparatissimi su tutto, sempre aggiornati sulla loro materia, conoscono ogni strumento e tecnica, hanno proprietà di linguaggio musicale difficile da battere e tendenzialmente non è facile per un critico che non sia anche musicista o un musicologo, scrivere di loro, risultando all’altezza del compito. Figuriamoci io!
Ricevetti, in quell’occasione, numerose proteste per l’inesattezza ed imprecisione del mio articolo e tra gli altri a dirsi insoddisfatto, c’era appunto Francesco.
Le persone intelligenti, per fortuna, riescono a sfruttare anche le occasioni di contrasto in maniera costruttiva ed interessante ed è così che, nonostante tutto, mi sono avvicinata all’ascolto di compositori, muscisti e generi che non conoscevo e ho avuto modo di seguire Francesco dal vivo ed è nato il deisiderio di dare una visibiltà a questa realtà tanto ricca e produttiva quanto poco nota al grande pubblico. Evitando di essere ancora io a parlarne, però, ho preferito lasciarlo fare a Francesco Cusa, cogliendo al volo l’occasione di un invito al concerto della band Skrunch, il 20 Agosto a Nicolosi (CT).
La premessa obbligatoria è che il progetto, nato alla fine delgi anni ’90 per iniziativa del batterista, è teso ad una ricerca sonora travolgente e carica di ironia. Si tratta di composizioni che necessitavano di un lungo periodo di lavoro e d’assemblaggio al fine di poter essere compiutamente eseguite dal vivo e registrate in studio e alla tanto attesa realizzazione di questo percorso insieme alla batteria di Cusa, hanno contribuito le chitarre di Carlo Natoli e Paolo Sorge, il sax di Gaetano Santoro e il trombone di Tony Cattano.
“Psicopatologia del Serial Killer” del gruppo Skrunch è stata prorpio la prima produzione dell’etichetta Improvvisatore Involontario. I brani presentati vengono a tratti alternati a delle parti recitate che raccontano la surreale storia di un serial killer, liberamente ispirata a “Il Giovane Holden” di Salinger e agli scritti autobiografici di Frank Zappa. Protaginisti della narrazione sotto traccia nei brani (affidata, oltre che alla musica, alle voci di quattro attori tra cui Saku Ran, famoso attore giapponese proveniente dal Teatro No) un serial killer che al parco sceglie le sue possibili vittime da perseguitare; un medico cinese di villaggio che cura giovani pazienti femmine con amplessi perversi e altri ancora. La narrazione si conclude con una tragica risata, perché “nulla è domabile, a meno di non domare il domatore” (Francesco Cusa). La copertina del cd, per altro, rimanda al fotogramma di un film Noir e l’unico colore campeggiante è ovviamente il rosso sangue. Skruch è uno dei progetti su cui Cusa vanta il ruolo di band leader e l’intento primario del collettivo è quello di replicare atmosfere noir seguendo il tragitto del jazz d’avanguardia americano degli inizi ‘80.
Discordi e decisamente vari i pareri su questo esperimento originale: qualcuno ha scritto in passato che «le notevoli virtù compositive di Cusa, che si nutrono del jazz dal dopoguerra in poi (con un debole per il free) e di rock “zappiano”, sono poste in primo piano per privilegiare la musica, anche se i bravissimi musicisti del gruppo sono troppo spesso tenuti a freno nel corso di lunghi unisoni scritti». Ancora, c’è chi ha detto che «purtroppo non sempre la musica riesce a sublimare il sarcasmo e la grande fantasia creativa delle premesse. La schizofrenia del presunto killer si traduce in un jazz che non rifiuta quasi mai l’organizzazione, che poche volte sfocia nella libertà assoluta o nell’inatteso sorprendente, incanalandosi spesso e volentieri in un jazz-rock a metà tra Bitches Brew di Davis e i primi Soft Machine» (Sentire/Ascoltare di Daniele Follero). Non di rado, inoltre, i critici intuiscono in questo lavoro l’influenza di John Zorn, seguito da un’infinità di altre citazioni, nel tentativo di trovare in ogni nota l’ispirazione a qualcosa di già esistente. Del resto già in un’intervista a Jazz Convention, Francesco dichiarava “Tutto è stato creato, possiamo solo divertirci a riassemblare, dosando diverse cromature senza il rischio di pasticciare”.
Senza dubbio, questo lavoro esprime bene un tratto caratteristico di Francesco Cusa, musicista che non si limita a suonare, attento alla letteratura e al teatro (partecipa anche al collettivo letterario Wu Ming), sembra perseguire l’ideale di una correlazione delle varie espressioni artistiche all’interno della modalità performativa dell’improvvisazione.
FRANCESCO, PRIMA DI TUTTO: SKRUNCH. SO CHE IL VOSTRO ULTIMO CONCERTO È STATO IL 20 DI AGOSTO IN SICILIA. COME PROCEDE QUESTA AVVENTURA E COS’ALTRO AVETE IN MENTE PER IL FUTURO?
Procede bene, abbiamo già realizzato insieme due dischi e presto lavoreremo al terzo (di preciso ancora non sappiamo con chi lo incideremo). Il progetto che porteremo in tour sarà diviso in più sezioni tra il sestetto Electric Skrunch, il quartetto Vocal Skrunch ed altro.
NELLA TUA GIÀ RICCA ESPERIENZA COME MUSICISTA, CHE DIFFERENZE NOTI NELLE REAZIONI DEL PUBBLICO DEI TUOI CONCERTI? SARESTI IN GRADO DI DIRE CHE NEL CONTESTO ITALIANO, C’È UNA REGIONE MEGLIO DISPOSTA ALL’ASCOLTO?
No, non direi che dipenda molto dalle zone o dalle regioni ma dai contesti in cui si suona e dal fatto che si riesca a portare la gente giusta a conoscenza di un evento. Potrei fare, piuttosto, un confronto con le altre città d’Europa ed in questo senso trovo che il pubblico italiano sia ancora meno maturo.
ABBIAMO TOCCATO L’ARGOMENTO JAZZ/PUBBLICO ITALIANO… SE TI RICORDI, BUONA PARTE DEL NERVOSISMO NATO QUANDO CI SIAMO CONOSCIUTI, A CAUSA DI QUEL MIO ARTICOLO, ERA DOVUTO AL FATTO CHE LA COMUNICAZIONE INERENTE IL FESTIVAL DI JAZZ DI CUI SI PARLAVA, PUNTAVA SUI “NOMI” AMERICANI SENZA SOFFERMARSI INVECE, SULLE REALTÀ JAZZISTICHE DI TUTTO RISPETTO PRESENTI IN ITALIA. ERA DA TEMPO CHE TI AVEVO PROMESSO DI DARTI UNO SPAZIO IN CUI PARLARE DI QUESTA SITUAZIONE. SFOGATI!
Guarda, il punto è che qui da noi, bisogna fondamentalmente essere neri per essere presi in considerazione nel jazz (sebbene ci siano delle rare eccezioni) e come avevamo già accennato, il problema è che l’Italia è un paese esterofilo!
UNA CURIOSITÀ: QUANTI CD POSSIEDI? SONO PIÙ STRANIERI O ITALIANI?
Bah, non lo so… circa 800 forse. Diciamo che sono metà e metà, così facciamo contenti tutti! In realtà è probabile che ce ne siano di più stranieri, semplicemente perché c’è più musica prodotta all’estero da ascoltare.
LA MUSICA ITALIANA SECONDO TE, STA VIVENDO UN MOMENTO POSITIVO O NEGATIVO?
Se parliamo della musica italiana di ricerca, trovo che stia vivendo un momento pessimo: per noi destare attenzione è molto difficile in un paese berlusconiano dove vanno avanti culi e tette…
APPROSSIMATIVAMENTE, QUANTI ANNI DI STUDIO E ASCOLTO RITIENI SIANO NECESSARI PER AVERE UNA BUONA FORMAZIONE MUSCIALE?
Naturalmente è soggettivo, ma escludendo i talenti geniali o chi è del tutto negato, in generale posso dirti che ci vuole tanto studio e soprattutto una buona dose di esperienza dal vivo perché ciò che si è appreso possa tradursi in un linguaggio apprezzabile anche dagli altri.
E TU A PARTIRE DA QUANDO HAI COMINCIATO A SENTIRTI SODDISFATTO DI COME SUONAVI?
È molto raro che mi senta davvero soddisfatto! Una soddisfazione ogni tanto c’è, sì, ma spesso sono combattuto e sempre alla ricerca di risultati migliori.
MI SONO RIMASTE PARTICOLARMENTE IMPRESSE, TRA I COMMENTI PIÙ SEVERI FATTI A QUEL MIO PEZZO SUL BLOG, LE PAROLE DI BEPPE SCARDINO: “Sig.na Mancini, mi saprebbe dare una definizione o anche fornire solo un esempio, di metriche asimmetriche in ambito pianistico (a cui fa riferimento descrivendo lo stile di John Taylor)? Mi fornisce qualche esempio circa la capicità di sorprendere ed improvvisare che lei attribuisce a Greg Cohen? Si tratta della sua risaputa capacità organizzativa di feste a sorpresa? In che cosa gli strumenti musicali autocostruiti da Pierre Bastien sarebbero innovativi?”… INSOMMA, CON TONI PIUTTOSTO SARCASTICI, MI SI ACCUSAVA DI AVER FATTO USO IMPROPRIO DI UN LINGUAGGIO CHE NON ERA IL MIO MA CHE SI TROVA FREQUENTISSIMAMENTE NEI TESTI DEI CRITICI MUSICALI. SECONDO TE, È COSÌ INDISPENSABILE, SCRIVENDO DI MUSICA, “PARLARE DIFFICILE”?
Sinceramente penso che qui viviamo un problema di scarsa “educazione” musicale: anche la musica, come forma d’arte, richiede un linguaggio specifico (all’interno della lingua italiana, è evidente) che traduca ciò che il musicista esprime col suono. Ci sono giornalisti preparatissimi in grado di farlo e di mediare abilmente tutto questo rendendo il messaggio più comprensibile a chi legge, ma in molti casi si leggono considerazioni del tutto fuori luogo o troppo condizionate dall’umore personale di chi scrive.
QUANDO HAI LA POSSIBILITÀ DI SCEGLIERE I TUOI COLLABORATORI (CHE A QUANTO VEDO POSSONO ESSERE TANTO MUSICISTI QUANTO DANZATRICI O ATTORI, A SECONDA DEI PROGETTI), QUALI SONO LE QUALITÀ IRRINUNCIABILI CHE CERCHI?
Cerco un approccio umano più che di preparazione, cerco delle belle persone.
E QUALI DIFFICOLTÀ SI INCONTRANO A LAVORARE CON FRANCESCO CUSA?
Tantissime! Sono un rompi scatole e sono molto umorale!
PER CONCLUDERE: COME PROCEDE L’ATTIVITÀ DELL’ETICHETTA IMPROVVISATORE INVOLONTARIO, QUANTI CD REALIZZATI AVETE ALL’ATTIVO ADESSO E QUANTE PERSONE COLLABORANO? E COS’ALTRO HAI IN CANTIRE INVECE TU?
Improvvisatore ha pubblicato 17 cd ed attualmente vanta circa 40 collaboratori, quindi l’attività procede bene e le idee sono tante.
Per quanto mi riguarda i progetti sono moltissimi e te ne accenno uno: sto portando avanti un duo chiamato Skinshout con Gaia Mattiuzzi, ispirato ai vecchi blues tribali. Dal 4 al 7 Settembre abbiamo organizzato dei concerti con Improvvisatore a Pozzallo e presto presenteremo il progetto in altre città.
Biografia:
Batterista e compositore, Francesco Cusa è nato a Catania nel 1966. Ha suonato tra gli altri con Paolo Fresu, Tino Tracanna, Attilio Zanchi, Marco Micheli, Bruno Tommaso, Larry Smith, Walter Schmocker, Lauro Rossi, Gianni Gebbia, Fabrizio Puglisi, Stefano De Bonis, Guglielmo Pagnozzi, Domenico Caliri, Luigi Mosso, Edoardo Marraffa, Cristina Zavalloni, Lelio Giannetto, Alberto Capelli, Riccardo Pittau, Mirko Sabatini , Jay Rodriguez, Butch Morris, Jon Rose, Michel Godard, Kenny Wheeler, Garbis Dedeian, Steve Lacy, Tim Berne, Stefano D’Anna, Pietro Ciancaglini, Paolino Dalla Porta, Roy Paci, Elliot Sharp, Saadet Türköz, Flying Luttembachers, Andy Sheppard, Michael Riessler, Yves Robert, Giorgio Conte, Fred Giuliani, Zu, Mohammed El Bawi, E. Glerum, Assif Tsahar, Natalia M.King, Lionel Rolland , Dj.Pushy, Christophe Monniot, Tanja Feichtmair, Manu Codjia, Emil Spany, Arrington De Dionyso, Gianluca Petrella, Claudio Lugo, Marco Cappelli, Jean Marc Montera, Ab Baars, Ig Henneman, Danilo Gallo, Beppe Scardino, Francesco Bigoni, Stefano Senni, Piero Bittolo Bon, i Robotobibok, Giovanni Falzone, Tito Magialajo, Enrico Terragnoli, Carlos Zingaro, Gianni Lenoci, Billy Bang, Antono Borghini, Pasquale Mirra, Francesco Bearzatti, Carlo Atti, Ami Denio, Vincenzo Vasi, Mike Cooper, Giorgio Pacorig, Paolo Sorge, Pasquale Innarella, Tony Cattano, Silvia Bolognesi, Leila Adu, Marta Raviglia, Federico Squassabia, Gaia Mattiuzzi ecc… Le danzatrici Cinzia Scordia e Florence La Porte, l’artista visivo Fred Gautnier, il collettivo di scrittori Wu Ming.
Co-fondatore del collettivo bolognese Bassesfere è attualmente impegnato con il progetto artistico di killeraggio comunicativo “Improvvisatore Involontario”.
Ha suonato in festival internazionali in Francia, Romania, Croazia, Slovenia,Bosnia/Erzegovina, Olanda, Germania, Svizzera, Austria, Ungheria, Norvegia, Spagna, Belgio.
Attivo nell’ambito dell’interdisciplinareità artistica, ha realizzato numerosi lavori di creazione e sonorizzazione di musiche per film, teatrali, letterari, di danza e arti visive, collaborando con noti ballerini, poeti e visual performers. È leader del F. CUSA “SKRUNCH”, del collettivo “THE NAKED MUSICIANS”, del progetto di sonorizzazione dei film di Buster Keaton e muti d’inizio secolo denominato SOLOMOVIE ed assieme ad Emiliano Cinquerrui degli EARTH WIND & FRANKENSTEIN. È co-leader dei progetti THE BODY HAMMER, SWITTERS, SKINSHOUT!, WAR DUO, NURSERY FOUR, ALTOMARIA, I NEGRI VOLANTI. Inoltre collabora con i seguenti gruppi: TRINKLE TRIO (feat. Michel Godard), PAOLO SORGE “Jazz Waiters”, “FEET OF MUD”.
Il suo workshop “Naked Musicians”, aperto a tutti gli strumentisti e senza limiti di competenza e preparazione specifica, è stato realizzato in varie parti d’Europa.
A cura di Laura Mancini
Musica