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Intervista a Massimo Bubola sul libro

Intervista a Massimo Bubola sul libro

“Doppio lungo addio”, uscito lo scorso ottobre per Aliberti, è un libro-intervista a Massimo Bubola, cantautore veronese, autore di splendide ballate come “Il Cielo d’Irlanda”, su Fabrizio De Andrè. Del resto Bubola, autore anche per Ghezzi, Cristiano De Andrè, Milva, Mannoia ecc..., è stato il maggior collaboratore di Faber, insieme hanno scritto 20 canzoni, la cui genesi viene appunto raccontata, insieme al loro rapporto, ad aneddoti ed a stati d’animo in questo libro. Come è nata l’idea di “Doppio lungo addio”? E’ stata una proposta che è arrivata da Massimo Cotto? Sì, mi ha chiamato a fine agosto perché in effetti c’era molta bulimia de andreiana, ed era giunto il tempo che uscisse un libro con un senso. Del resto in otto anni sul mio lavoro con Fabrizio, su cui io rispondo come parte vivente, non sono mai intervenuto se non con una breve intervista rilasciata a Bertoncelli (Belin, sei sicuro? – Giunti) ed ora riesco a parlare abbastanza serenamente del nostro rapporto lungo, impegnativo ed importante. Massimo Cotto mi ha parlato di questa idea, io c’ho pensato qualche giorno e poi ho ritenuto che si potesse fare, visto che ne parlavano molte persone a volte poco informate ed anche a sproposito. Nel libro mi ritrovo a raccontare le nostre canzoni, quelle che abbiamo scritto a quattro mani, da “Rimini” a “L’Indiano”, fino a “Don Raffaè” (1990), un paio di dischi e mezzo. Credo che questo racconto possa essere utile sia a chi voleva avere qualche chiarimento sul procedimento compositivo seguito, sul tipo di scrittura, sia per capire il mio apporto ed anche il percorso intercorso fra noi due. Mi puoi parlare del tuo rapporto con Massimo Cotto? Ci conosciamo da anni, lui è stato direttore di varie radio e di varie riviste, giornali, oggi dirige delle collane per Arcana ed Aliberti, per cui, tramite il suo lavoro, abbiamo avuto modo di incontrarci varie volte. E’ lui che mi ha definito “il cavaliere elettrico” – (n.d.r.) espressione ripresa dallo stesso Bubola che deciderà di intitolare la sua raccolta di albums live “Il Cavaliere Elettrico”, appunto – per cui fra noi esiste un rapporto di fiducia, una fiducia che era necessaria per affrontare questo lavoro in cui ci sono equilibri molto delicati. Se mi dovessi presentare "Doppio lungo addio" come lo faresti? Direi innanzitutto che è un libro propedeutico a chi vuol scrivere canzoni, fa capire che c’è un percorso non c’è solo l’ispirazione divina; può essere utile anche ai ragazzi alle persone a cui piacciono le canzoni ed a chi le scrive, ha, insomma, una doppia utilità. C’è poi da aggiungere che ha una dote particolare, non si tratta solo di anedottica, si racconta quanto è realmente accaduto, la vita vissuta, al di là di curiosità vane, si arriva a fare anche degli approfondimenti filologici. Ci sono quindi molti livelli di lettura e c’è una certa spiritualità, un’introspezione emotiva, in quanto si tratta di un libro scritto dall’interno, da chi ha scritto le canzoni sicchè ha un approccio emotivo. Finisce, dunque, per essere qualcosa di composto come non può che essere il rapporto fra due scrittori e poeti, con momenti toccanti e difficoltà comuni. C’è onestà intellettuale e poi fa vedere la genesi di una canzone. In effetti ci sono domande molto dettagliate, a volte si arriva ad analizzare strofa per strofa canzoni come “Fiume Sand Creek”, piuttosto che “Andrea”… Sì, sì, Cotto su certi temi va in approfondimento, arriva ad essere molto tecnico. Quali saranno le tue prossime presentazioni? Il 17 gennaio saremo al Fnac di Milano, il 18 alla Feltrinelli di Torino in Piazza CLN 251 (piazza adiacente a piazza San Carlo), mentre il 28 ci sposteremo al Fnac di Genova. Nella prefazione e nella postfazione le parole di Cotto sono di grande stima nei confronti della tua persona e della tua carriera artistica, che ha cercato nel tempo sempre una coerenza… Ho sempre fatto il mio lavoro con una onestà ed una linea musicale, non ho mai fatto marchette né Sanremi, insomma potrei dire non ho mai ceduto la mia virtù, ecco e per questa linea di approfondimento credo di meritarmi la stima di Cotto. Che tipo di accoglienza ha ricevuto il libro nelle presentazioni che tu e Cotto avete già fatto in giro per l’Italia? E’ stata molto buona fino a Bologna e Cremona, molta gente interessata ed anche coinvolta. Si parla di un grande personaggio ed anche indirettamente di me, per cui c’è un coinvolgimento forte anche su cose che non ci sono nel libro e per questo finisce per essere davvero interessante anche per noi. La chiave di lettura più particolare di “Doppio lungo addio” è appunto la sua ottica di partenza, si ascolta chi c’era, chi dunque può dare un’interpretazione autentica di quel periodo e Cotto sottolinea con una certa decisione il talento del coautore Bubola, poeta rock, che ha raccolto artisticamente meno di quanto abbia seminato. C’è l’influenza del giovane Massimo sul grande De Andrè, nella sua poetica, del resto Fabrizio amava affidarsi ai suoi collaboratori, dava loro la giusta fiducia. Grazie a Faber, Bubola ha potuto stabilire che per lui la musica e la poesia potevano diventare un lavoro, e di canzoni oggi ne ha scritte più di 400. Questo libro porta un po’ di verità nelle mille interpretazioni che in Italia si danno all’opera di De Andrè, anche alla luce del processo di beatificazione che si sta operando sulla sua figura, scordandosi spesso di com’era davvero. Ristabilire un equilibrio in tal senso è importante, del resto, come dice Bubola: "a Fabrizio non sarebbero piaciute queste beatificazioni, lui non aspirava all’onore degli altari, semmai preferiva le voci ed il chiasso delle strade".