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Intervista a Roby Facchinetti: il nuovo album e il ricordo di Valerio Negrini

Intervista a Roby Facchinetti: il nuovo album e il ricordo di Valerio Negrini

"Mi esprimo attraverso le parole di Valerio: lui sapeva tutto di me..."

Esce oggi “Ma che vita la mia”, progetto da solista di Roby Facchinetti. Si tratta del terzo disco di inediti del tastierista e cantante dei Pooh, dopo “Fai col cuore” (1984) e “Roby Facchinetti” (2004).
Il nuovo album presenta dieci brani, i cui testi sono stati scritti dall’amico e collaboratore Valerio Negrini, storico fondatore e paroliere dei Pooh, scomparso un anno fa.

Roby, ma che vita è la tua?
Straordinaria. Sono un uomo e un musicista di quasi 70 anni, molto fortunato. Amo la mia vita, ricca di esperienze meravigliose e di regali, a partire da mia moglie, i miei cinque figli e mia nipote. Credo però di aver passato più tempo su un palco con i Pooh che con i miei famigliari. La passione ti frega. Se credi veramente in un progetto e vuoi ottenere buoni risultati, devi per forza dedicare tutto te stesso, a tempo pieno, con sacrificio.

Perché hai deciso di aprire e chiudere il disco con due brani strumentali?
Sono due canzoni che fanno da cornice all’album. “Il Volo di Haziel” è un pezzo rock sinfonico moderno, una suite musicale variegata. Racconta di un viaggio di un angelo, un cherubino forte che protegge i nati dal 1 al 5 maggio, quindi anche il sottoscritto. Sento la sua presenza in questo lavoro. Forse ha protetto anche i Pooh, visto che esistono da così tanti decenni! Il brano di chiusura, “Poeta”, è un mio ringraziamento a Valerio. La mia voce dialoga con quella della soprano Valeria Caponnetto Delleani, e diventano veri e propri strumenti musicali.

L’album contiene anche un bellissimo omaggio all’universo femminile.
“E’ per me” è una dedica a tutte le donne. Noi uomini dobbiamo riconoscenza alle donne ogni giorno. Per ciò che fanno e non solo a livello affettivo. Negrini ha sempre saputo come descrivere al meglio il mistero e la bellezza dell’altro sesso.

“Gocce nel mare”, invece, è l’ultimo testo scritto da Negrini.
Si tratta di una storia che evoca altre storie. E’ incontro di magia e di collisione. L’ho inserita volutamente alla fine dell’album, come ultimo pezzo cantato.

Come descrivi, in generale, il nuovo disco?
Assolutamente facchinettiano, nel quale si sente forte la presenza di Valerio Negrini. Mi sono divertito a sperimentare tra migliaia di sonorità per creare mondi diversi. Con i Pooh ho sempre lavorato pensando alla coralità, rispettando la storia della band. In questo nuovo progetto, invece, ci sono io, ci sono le mie radici, racconto la mia vita ricca di sfide ma molto fortunata. Mi esprimo attraverso le parole di Valerio: lui sapeva tutto di me, cosa mi passava per la testa, mi correggeva  quando sbagliavo la pronuncia di una parola o il mio modo di cantare.

Come avete lavorato alla realizzazione dei brani?
Inizialmente abbiamo preso in mano una ventina di canzoni inedite, per poi sceglierne la metà. Prima è nata la musica, poi sono arrivati i testi di Valerio. Un lavoro prezioso, frutto di una profonda ricerca tra suoni analogici e digitali, per fare indossare ad ogni pezzo un abito diverso. Ho recuperato suoni anni 70 per contaminarli con altri più moderni, sfruttando ciò che la tecnologia offre. L’album raccoglie le mille sfumature di Roby Facchinetti.

Il tour partirà a maggio, con quattro date in anteprima. Puoi svelarci cosa accadrà?
Dopo i concerti di Bergamo, Roma, Brescia e Milano, partirà un tour estivo che toccherà diverse città italiane, per finire, durante la stagione invernale, nei teatri. Non vedo l’ora di presentare dal vivo questo nuovo album. Sul palco ci saranno sei musicisti e due coriste, tra cui la soprano che ha partecipato a “Ma che vita la mia”. Eseguirò anche canzoni del mio primo disco da solista e brani del repertorio più facchinettiano dei Pooh. Ci sarà una bella sorpresa che ancora non posso svelarvi e che riguarda il mio modo di cantare.

Un episodio o un ricordo particolare legati a Valerio?
Tre cose resteranno sempre nel mio cuore. La sua capacità cantautoriale; il nostro rapporto di amicizia ma anche di conflitto, soprattutto nel realizzare un brano; e un ricordo che mi commuove particolarmente: la telefonata che gli feci un’ora prima che se ne andasse e l’ultima frase che mi disse: “Roby, ci vediamo mercoledì”.