Cinema

Clooney e Pitt aprono la Mostra del Cinema di Venezia

Clooney e Pitt aprono la Mostra del Cinema di Venezia

Parte oggi la 65ma Mostra d'arte cinematografica di Venezia con l'anteprima mondiale del film dei fratelli Coen "Burn after reading". In mattinata hanno sfilato sul red carpet i due protagonisti principali del film, George Clooney e Brad Pitt (senza l'amata Angelina Jolie, alle prese con i due gemelli partoriti il mese scorso). Ieri sera, i due attori americani si sono concessi per pochi invitati vip ad una cena di raccolta fondi per il Darfur all'isola della Giudecca. Un'altra festa, molto meno glamour, in campo San Polo, è stata dedicata al maestro Ermanno Olmi premiato quest’anno Leone d’Oro alla carriera. "Burn after reading", che uscirà nelle sale italiane il 19 settembre, rappresenta un ritorno alla commedia con intrigo per Joel ed Ethan Coen, dopo i quattro Oscar vinti quest'anno con il noir "Non è un paese per vecchi". Con un cast di eccezione, da John Malkovich a Tilda Swinton (che con Clooney ha recitato in "Michael Clayton", presentato l'anno scorso a Venezia), il film racconta la storia di un agente della Cia alle prese con lo smarrimento di un importante dischetto con informazioni riservate, che cadrà nelle mani sbagliate, fino a produrre una serie di esilaranti e oscuri incontri. La sceneggiatura, svelano i fratelli Coen, è stata scritta mentre stavano lavorando all'adattamento di "Non è un paese per vecchi". "Abbiamo avuto l'idea per questo film pensando ai differenti ruoli che avremmo voluto scrivere per attori che conosciamo bene e che a nostro avviso si sarebbero divertiti a lavorare tutti insieme", spiegano i due registi nelle note di produzione del film. "Abbiamo pensato ad una serie di personaggi e ad una storia nella quale sarebbe stato interessante vederli interagire". I personaggi, spiegano i due, sono delle "teste di cavolo ma non totalmente disprezzabili. Per far sì che fossero credibili, gli abbiamo chiesto di far emergere la testa di cavolo che si nasconde in ognuno di loro". Intanto piovono critiche sulla rassegna veneziana: dopo i commenti di Der Spiegel che l’aveva definita “strapaesana”, è subito arrivato la sberla di Variety che ha liquidato il festival italiano come «troppo caro» per le grandi major Usa, rispetto alle ricadute promozionali. "Venezia è ferocemente costosa - spiega Jonathan Rutter, famoso press agent hollywoodiano- e questo è un fattore decisivo per molti distributori e società che curano la vendita internazionale dei film. Le persone che acquisiscono i titoli vanno più a Toronto, dove ci sono più sezioni collaterali e più prodotto. A Venezia gli alberghi sono oscenamente cari e non molto buoni, costa una fortuna affittare spazi per le interviste e il servizio è terrificante". Il direttore della mostra Marco Müller non sembra preoccuparsi troppo delle critiche dei tedeschi che l’hanno accusato di provincialismo "otto film italiani su 55 è solo essere nella media", taglia corto, mentre torna sulla polemica con il Festival di Roma che aveva promesso, nella persona di Gian Luigi Rondi, di non fare anticipazioni come di non curarsi troppo di prime mondiali da presentare in programma. Cosa poi puntualmente disattesa. "Rondi è maestro di tutti noi tutti e avrà comunque un anno intero per il programma del 2009 del suo Festival, ma per adesso non posso non notare come siano venuti meno questi propositi, mi dispiace solo che se la sia presa per averglielo fatto notare". E ancora Müller replica alle accuse che vogliono questa edizione del festival, la 65 esima, con poco cinema Usa commerciale: «per il secondo anno consecutivo c’è il record di cinque film americani, certo non ci sono alcuni film spettacolari, ma quelli sono i film che escono a Natale e alla fine possono pure annoiare». In riferimento alle critiche di Variety Müller spiega: «Certo a Toronto c’è un mercato che raccoglie tutti i compratori del Nord America, una cosa che noi purtroppo non abbiamo i soldi per fare» e aggiunge «in questa edizione Toronto ripropone alcuni nostri film e non c’è nulla nella sua programmazione che avremmo voluto avere e non abbiamo avuto». E questo varrebbe anche per il film di Spike Lee girato in Italia “Miracle at St. Anna”:«è un pezzo di storia italiana e Usa raccontata agli americani ed è più giusto che vada a Toronto». Müller ha ricordato come in questa edizione del Festival non mancano i film dedicati alla Cina. «Film come “Plastic City” di Yu Lik-way, un lungometraggio girato in Brasile che è come un lavoro di arti marziali tra bande che si sfidano sui falsi, sui tarocchi d’autore. E poi c’è “Women” di Huang Wenhai che esplora tutte le voci dell’opposizione democratica organizzata cinesi».