Un sontuoso affresco che ritrae la Sicilia dagli anni del fascismo, al '68, fino agli anni 80, sulle orme di una famiglia bagherese, che Giuseppe Tornatore segue per tre generazioni; questo in sintesi il plot dell’attesissimo film “Baarìa”, kolossal italiano che ha aperto la Sessantaseiesima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e che, come ormai noto, rappresenterà il nostro paese nella corsa agli Oscar.
Tasselli centrali del complesso e variegato puzzle, verace affresco siciliano che si sviluppa tra sogni e delusioni di un'intera comunità nella provincia di Palermo, sono la passione civile (che si fa politica e ci fa intravedere nel protagonista quasi un autoritratto di Tornatore) e la passione amorosa.
Un’opera avvincente, suggestiva, dai ‘pindarici’ movimenti di macchina e dalla seducente e calda fotografia; un lavoro complesso e imponente, animato da una folta schiera di attori di gran talento: dai protagonisti, Francesco Scianna e Margareth Madè, a Salvatore Ficarra e Valentino Picone, insoliti interpreti di due ruoli drammatici di grande efficacia, all’ormai navigata Nicole Grimaudo, ad un sempre smagliante Leo Gullotta, alla straordinaria e sanguigna Lina Sastri, nel doppio ruolo di nonna e di zingara/sciamana dalle predizioni inesorabili. E ancora, solo per citare qualche nome celebre che ha accettato nel racconto anche un piccolo ruolo: Monica Bellucci, Enrico Lo Verso, Raoul Bova, Laura Chiatti, Beppe Fiorello, Giorgio Faletti, Vincenzo Salemme, Aldo, senza Giovanni e Giacomo, Luigi Lo Cascio, Nino Frassica…
Il regista, già premio oscar per “Nuovo Cinema Paradiso”, accompagnato dal giovane e talentuoso protagonista Francesco Scianna, ha introdotto la proiezione al cinema Modernissimo di Napoli, in un simpatico (e anche acceso) dialogo col numeroso pubblico in sala. Dopo aver esordito dichiarando la sua volontà di essere a Napoli perché “… Mi ha sempre portato bene!”, Tornatore ha parlato delle difficoltà affrontate nel girare “… un film a cui tengo moltissimo, che è costato molta fatica, molto impegno!” lodando poi il protagonista “… Uno che, forse lui non lo sa, è nato attore, sicuramente di lui sentirete parlare spesso, e io glielo auguro!”
Il film è uscito in Italia in doppia versione, una nel siciliano stretto in cui è stato girato, con sottotitoli, e l’altra doppiata in italiano-siculo, doppiaggio peraltro curato dallo stesso regista, che, come ci ha detto, ha preferito “… far circolare del film due edizioni perché temevo, così come temevano i miei produttori, che farlo uscire esclusivamente in dialetto con sottotitoli potesse creare un diaframma con lo spettatore meno avvezzo. Ho preferito fare così, ma devo dire che amo e riconosco la versione italiana esattamente come l’altra, le voci sono quelle degli stessi attori che hanno girato il film; è stato per me un atto di generosità nei confronti del pubblico. Poi chi vuole vedere Baarìa in siciliano, può recarsi, a Napoli come in ogni altra città d’Italia, in una sala che proietta la versione originale sottotitolata.”
Si infiamma Tornatore quando uno spettatore tocca un tasto dolente e polemico, quello riguardante le accuse rivoltegli dai naturalisti per un bovino sgozzato in una scena. “Noi non abbiamo sgozzato nessun animale! Sulla necessità di questa scena, se gli animalisti lo consentono, decido solo io. Io ho deciso che questa era una scena decisiva, a cui nella mia vita ho assistito centinaia di volte, perché il nostro paese era anche legato a un certo tipo di credenze. Il film, in soltanto quindici secondi di proiezione, vuole rievocare quel mondo. Anche se gli animalisti mi hanno ricoperto di insulti prima di chiedermi spiegazioni, io ho dichiarato come è stata realizzata la ripresa: non è stato messo in scena nulla, quello che ho girato è accaduto indipendentemente da noi e accade migliaia di volte al giorno. La scena è stata realizzata in Tunisia non per scavalcare le leggi italiane, perché è stato detto anche questo, ma perché siamo stati un anno in Tunisia, visto che il film è quasi interamente girato lì! Con gli effetti speciali la scena non veniva bene quindi, su suggerimento di un produttore esecutivo geniale, mi sono recato in un luogo dove quello che si vede nel film avviene normalmente, e l’ho girata come si può girare la scena di un documentario!”
Del perché il film sia stato girato in Tunisia e non in Sicilia Tornatore dà una spiegazione esaustiva e sintetica: “Avrei dovuto chiudere il centro storico di Bagheria per un anno, chiedere ai commercianti di chiudere i negozi per sei mesi, rifare la pavimentazione, togliere illuminazione e insegne, coprire muri e rifacimenti delle case… Secondo voi dopo quanto tempo mi avrebbero mandato a quel paese?!... Non è stato un capriccio, è stata la risposta più logica ad una necessità! Per questo a Bagheria abbiamo potuto girare poco, solo dieci settimane.”
Altro punto toccato dal pubblico è stato quello riguardante il modo singolare in cui le musiche di Morricone prendono vita fin dalla gestazione del film. “Io non sono persuaso dal tradizionale metodo che vuole la nascita della musica alla fine della lavorazione. Ho sempre organizzato il lavoro in modo da avere il tempo per sedimentare qualunque delle componenti espressive delle mie pellicole. Prima di ogni scelta medito molto, questo per il cast come per gli ambienti. Mi risulterebbe quindi stonato fare la musica alla fine, ho sempre pensato che essa debba nascere con il film, e siccome il film nasce con la sceneggiatura, io comincio a parlare della musica quando è ancora sulla carta, quando è ancora più facile trovare ganci ispirativi, quando la storia può suggerire una ricerca di sonorità, o anche delle sperimentazioni. Così il primo stadio della scrittura, sia esso un trattamento o una sceneggiatura, io lo porto a Morricone, ne discutiamo, e, attraverso un processo di costruzione e demolizione, prima ancora che inizino le riprese, registriamo i temi portanti che, ovviamente, poi ridiscipliniamo, così come si fa normalmente, trovandoci però a lavorare su materiale che ha sedimentato e ci permette di fare scelte ben ponderate, che ci soddisfino a pieno.”
Certo anche in quest’ultima fatica di Tornatore le musiche di Morricone sono belle e mantengono vivo e riconoscibile il proprio segno, segno che però sembra meno coinvolgente e appassionato rispetto alle melodie composte per le altre opere del regista siciliano.
Di grande rilievo il lavoro svolto dallo scenografo Maurizio Sabatini, che ha ricreato fedelmente sul set tunisino la città di Bagheria, dando vita ad un impianto scenico realistico e affascinante, che muta col passare degli anni, accompagnandoci lungo tutto l'arco della storia.
“Baarìa” è, in conclusione, un film da non perdere che, come le precedenti produzioni di Tornatore, da “Nuovo Cinema Paradiso” a “Malèna”, ripropone la personale visione del regista di una provincia che riflette una realtà più ampia, specchio non solo della Sicilia ma dell’Italia intera. Forse c’è in alcuni momenti l’ostentazione di un certo simbolismo, o qualche esitazione di troppo in scene oniriche (a volte finanche sibilline), che nell’intento di lasciare allo spettatore la possibilità di dare alle immagini una propria interpretazione, si fanno devianti.
“Baarìa”, col suo stile affatturato e a tratti favolistico, rimane comunque una bella testimonianza del nostro cinema, e di quello con la “C” maiuscola, che, ci auguriamo, possa portare in patria un altro Academy Award of Merit, a riconoscimento di una grande tradizione che va rinnovandosi.
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