Télé Gaucho di Michel Leclerc è un film che si impone per lo sforzo produttivo (nella fotografia, nei costumi e nelle scenografie) nel raccontare una storia di impegno politico ambientata nella seconda metà degli anni novanta ma raccontata come se accadesse venti anni prima.
Victor è un giovane appassionato di cinema che ottiene per caso la possibilità di fare uno stage nel programma televisivo di successo condotto dalla famosa conduttrice Patricia Gabriel.
A Parigi Victor fa conoscenza con un collettivo politicizzato che cura i programmi di una televisione indipendente che però non va in onda (per mancanza dimezzi tecnici) ma i programmi vengono mandati su dei monitor nei locali stessi in cui il collettivo vive.
Per Victor sono mesi di una intensa esperienza di vita, che lo vedrà diventare padre, conquistarsi la fiducia di Patricia Gabriel ben conscia di fare della tv spazzatura, e dove la sua naivetè per una televisione di cultura si scontra con quella dei suoi compagni e compagne di lotta tutti e tutte caraterizati da una incapacità organizzativa tanto disarmante quanto inconcludente.
Felicissimo nel caratterizzare i personaggi al film manca del tutto il punto centrale quello delle ragioni politiche del collettivo che vengono sviluppate e presentate secondo la vulgata di un velleitarismo contestatario post sessantottino senza nemmeno sfiorare uno dei grandi temi politici che hanno toccato la seconda metà degli anni novanta in Francia (dai sans papier ai pacs).
Il racconto delle vite dei vari personaggi del film rimane tutto in un privato banalmente eterosessista dove uomini e donne seguono i soliti stereotipi di genere mai davvero messi in discussione (quelli che Antonioni aveva già criticato in Zabriskie Point quando una studentessa chiedeva se qualche ragazzo potesse fare lui il caffè) e dove non c'è coscienza di classe e l'aspetto economico non viene mai preso in considerazione (chi paga l'elettricità come campano i partecipanti del collettivo?) e dove il nemico è la conduttrice del programma e non chi ne scrive i testi o ne finanzia il programma compresi gli spot pubblicitari vera molla della tv commerciale...
Se il film ha indubbiamente un suo fascino e una capacità di intrattenere e divertire lo fa alle spese dei veri motivi di una lotta politica che qui viene banalizzata col risultato da un lato di non mettere mai davvero in discussione lo status quo e dall'altro di ridere di e non con questi comunardi che non assomigliano minimamente ai camerades francesi del mondo reale.
Così come non vi è traccia della storia del collettivo politico che curò davvero le trasmissioni di una emittente locale cui il film dice di essersi ispirato.
Una commedia piacevole e divertente ma la politica è un'altra cosa.
La più grave mancanza di Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont è estetica prima ancora che storica o politica. Il film si ammanta di una presunzione di verità fatta da una scelta radicale nell'assenza di musiche di commento dall'uso di veri malati di mente (tutti con vistosi segni di deformità e di disagio fisico prima ancora che psichico) di diversi piani sequenza per cogliere à la Bazin l'essenza dei personaggi, una ricerca scenografica che cerca di restituire l'ambiente in cui la protagonista visse per 30 anni (il manicomio di Ville-Évrard in Neuilly-sur-Marne).
Eppure nulla nel film è vicino alla verità quanto piuttosto a una estetizzante e personalissima visione religiosa del mondo da parte del regista talmente insistita da deformare la storia così invece di capire chi sia sta davvero CAmille Claudel seguiamo un dettagliatissimo resoconto della conversione religiosa del fratello di Camille, Paul fatta a un prete che alla fine ricosnoce all'uomo l'aura della santità...
Camille Claudel è stata una grandissima scultrice che ha collaborato con Rodin imponendosi per un suo profilo artistico autonomo e personale costretta al ricovero in manicomio contro la sua volontà per 30 anni per volontà fraterna e, soprattutto, materna. Il film si concentra invece sull'essenza di un'anima pura facendo di Camille una donna naif e pazza priva di cultura attenta più alle preghiere che alla sua arte in una maniera assai lontana dalla verità storica, in maniera insopportabile perchè il film si ammanta di una ingiustificabile e insostenibile presunzione di storicità che offende la memoria dell'artista oltre che quella della donna.
Un film indigesto e, tutto sommato, inutile, che si ricorda solamente per l'enorme prova di attrice di Juliette Binoche che ci regala una interpretazione straordinaria e indimenticabile.
Se però volete conoscere la storia di Camille Claudel guardate altrove e dimenticate questo film.
Télé Gaucho
Michel Leclerc l FRANCIA, 2012 l 112’ l
DCP l colore l v. o. sott. it.
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Sceneggiatura: Michel Leclerc Fotografia:
Guillaume Deffontaines Montaggio: Annette
Dutertre Musiche: Jérôme Bensoussan
Cast: Félix Moati, Sara Forestier, Eric
Elmosnino, Maïwenn Le Besco, Emmanuelle
Béart
Produzione: 31 Juin Films World Sales: TF1
International
Camille Claudel 1915
Bruno Dumont l FRANCIA, 2013 l 97’ l
35mm l colore l v. o. sott. it.
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Sceneggiatura: Bruno Dumont
Fotografia: Guillaume Deffontaines
Montaggio: Bruno Dumont, Basile Belkhiri
Cast: Juliette Binoche, Jean Luc Vincent,
Robert Leroy, Emmanuel Kauffman, Marion
Keller, Armelle Leroy-Rolland Produzione: 3B
Productions World Sales: Wild Bunch