A più di 30 anni di distanza tornano sullo schermo i vecchi eroi di "Guerre Stellari", fra nostalgie cinematografiche ed esigenze di botteghino.
Il momento è alla fine giunto: in questo 2015 per nulla avaro di sequel, prequel, reboot, spin-off e chi più ne ha più ne metta (termini surreali che fanno girare la testa, ma con cui bisogna per forza fare i conti visto che di queste categorie è fatto l’80% delle attuali uscite cinematografiche ), è arrivata la pellicola-fan service più spasmodicamente attesa degli ultimi anni. Preceduto durante l’ anno da piacevoli sorprese (Jurassic World), inaspettati capolavori (Mad Max - Fury Road) delusioni più o meno annunciate (Terminator: Genysis; Mission Impossible: Rogue Nation) o del tutto impreviste (007 – Spectre), Star Wars Episodio VII – Il Risveglio Della Forza, ha invaso con successo devastante le nostre sale da quasi una settimana, confermando il richiamo che la saga riesce a mantenere nonostante gli anni sul groppone e tre più recenti, e non memorabili, capitoli-antefatto.
Ad onor del vero – è inutile nascondersi dietro un dito - il nuovo episodio di Guerre Stellari (per chi lo vide nel ’77 il titolo vero è questo, altro che Star Wars…) è in tutto e per tutto un remake (ebbene sì) che non nasce da chissà quale necessità artistica del regista J.J. Abrams: le esigenze sono tutte della Disney che, acquisito a peso d’oro circa tre anni fa un franchise dalle potenzialità di ritorno economico infinite, ha inteso fin da subito far fruttare quanto prima e quanto più possibile il nuovo acquisto. Detto questo, pur essendo un film a completo servizio dei fans, gioca bene le proprie carte mischiando abilmente aspettative tradite e/o rispettate, deja-vu e nuovi elementi utili agli immancabili sequel e spin-off prontamente già annunciati da qui al 2020, dando vita ad un prodotto (non ad una visione artistica del regista, giusto per ribadire) che fila via liscio - forse fin troppo e con qualche macroscopico svarione in fase di script - intrattenendo per tutta la sua durata.
J.J. Abrams, spronato da ingaggi miliardari, prosegue così nella personale reinterpretazione delle proprie passioni giovanili e dopo aver messo mano con risultati discutibili a Star Trek, Mission Impossible ed aver recuperato con Super 8 i temi e le cine-atmosfere degli anni’ 80 de I Goonies ed E.T., si mette a maneggiare l’ ennesima patata bollente, uscendone non alla grande, ma perlomeno non ustionato.
Scritto da Abrams stesso e da Lawrence Kasdan e figlio (il primo già sceneggiatore de L’ Impero Colpisce Ancora, Il Ritorno Dello Jedi ed I Predatori Dell’ Arca Perduta), l’ ennesimo capitolo di Star Wars cinematograficamente non inventa né aggiunge assolutamente nulla di nuovo, ma anzi recupera – lasciandosi definitivamente dietro le spalle le verbosità para-politiche e i fotoromanzeschi travagli sentimentali dei prequel firmati George Lucas - i toni leggeri della trilogia classica, con un occhio di riguardo agli “iper-fans”, vere prede da attirare al botteghino a colpi di nostalgia e citazioni nerd all’ ennesima potenza (una per tutte: la nuova e più terribile Morte Nera si chiama Starkiller, come l’ originale cognome di Luke Skywalker nella prima stesura di George Lucas per Star Wars…più ruffiani di così, Abrams e Kasdan...). E se l’ introduzione di nuovi characters/replica soddisfa per metà (positivi la bellissima Rey di Daisy Ridley e i funzionali Poe Dameron/Oscar Isaac e Finn/John Boyega, pessimi i villain, sia gli isterici in carne ed ossa sia il grottesco e gigantesco digitale Snoke....sigh...), il ripescaggio dei personaggi iconici funziona abbastanza bene, anche se ora l’ Han Solo di Harrison Ford ha perso la miticità dell’ originale, diventando semplicemente un Harrison Ford as Han Solo, figurina troppo simile ad altri personaggi interpretati ultimamente dell’ attore.
Alla fine è forse questo l’ apice e contemporaneamente il limite di una pellicola che non si spinge ad osare, ma che tende a (ri)proporre in modo rassicurante e conosciuto situazioni e dinamiche già viste, il che è probabilmente quello che buona parte del pubblico odierno (e in questo caso anche la Disney) richiede ad una pellicola derivativa, sia essa un sequel, un prequel o che altro. Che poi la riproposizione funzioni tutto sommato bene è innegabile – basterebbero le sequenze in cui è protagonista il Millennium Falcon a dimostrare che il ritmo non manca - ma si spera per i prossimi capitoli in un’ inventiva maggiore e, per quanto possibile in uno schema blindato da blockbuster condannato alla nascita a dover incassare fantastiliardi, in uno svolgimento più originale.