Cinema

Terza edizione di Queering Roma. Bilancio più che positivo.

Terza edizione di Queering Roma. Bilancio più che positivo.

Ce l'ha fatta Armilla a organizzare la terza edizione di Queering Roma la prima festa del cinema lgbt della capitale (dopo alcune edizioni di un festival simile, perso nella memoria del primo mandato di Rutelli
Sindaco, quando Vanni Piccolo, 18 anni fa, era a capo dell'assessorato per i diritti delle persone omosessuali) grazie alla pervicacia sua e della Provincia di Roma, nella persona dell'assessora alle politiche culturali
 Cecilia D'elia e, tra gli altri,  anche di Cristiana Alicata che con lo sponsor Lancia ha contribuito a dare alla Festa l'adeguato respiro economico e dunque anche la nuova sede con meno posti di quella precedente ma istituzionalmente prestigiosa come  la Casa del Cinema.

Dopo  i saluti di Irene Pivetti, madrina di questa terza edizione e quelli di  Gianni Minerba, che si è commosso mentre presentava l'omaggio di Queering a Ottavio Mai, suo compagno di vita, scomparso 20 anni fa, e oggi giustamente ricordato per la sua attività di scrittore, regista e co-fondatore del primo festival di cinema lgbt d'Italia, il torinese Da Sodoma a Hollywood, dal quale Queering ha scelto i film in programmazione, Queerin è stato ufficialmente aperto con la proiezione  del blando The Perfect Family  (Usa, 2011) di Anne Renton, un film che va ricordato più per la presenza nel ruolo da protagonista di Katleen Turner, imbolsita e precocemente
invecchiata, che per la trama che si illude di criticare l'oltranzismo omofobico della chiesa cattolica  e che non esce dall'alveo particulare della vita di una donna la  cui devozione cattolica ha radici che poco hanno a che fare con la fede.

E' seguito poi il cortometraggio a disegni animati di Peter Marcias Il mondo sopra la testa (Italia,  2012) che racconta la storia inutile e improbabile di un gruppo di omosessuali che rapisce il primo ministro che ha
dichiarato guerra alle persone lgbt, cercando di condurlo a posizioni più tolleranti, quando l'intervento della giovane nipote dell'uomo politico, che rende noto che il ministro ha un fratello come loro,  permette la liberazione del ministro. Colpo di scena (?) la bambina è un'attrice e i rapitori del ministro sono stati tutti uccisi. Un racconto inutile nel quale l'odio del primo ministro nei confronti delle persone lgbt è presentato come insofferenza individuale e non come decisione politica come avviene nel mondo reale. Il pubblico se ne accorge e lo ha accolto con un imbarazzato ma eloquente gelido silenzio.

Ha concluso la serata di inaugurazione Dicke Mädchen (t.l. ragazza grassa) (Germania, 2011) di Axel Ranisch che racconta dell'amicizia tra l'impiegato bancario Sven, che, non più giovane, vive ancora con la madre malata di Alzheimer, e del badante Daniel, sposato e padre di due bambini. Una amiciza che sfocia in qualcosa di più: Sven è attratto da Daniel che si avvicina a lui perchè vessato da una moglie a torto gelosa  Le prime difficoltà di Sven ad accettare le visite del figlio di Daniel fanno sorgere al padre molti dubbi e i due si separano. Nonostante il finale convenzionale del cambiamento di vita radicale (Sven parte per l'Australia come sognava di fare da tempo) dove l'amore è sublimato e non consumato, il film ci mostra come l'omoafettività può
nascere anche da un profondo sentimento di amicizia e di amore e non solamente dalla brama del corpo bello e sexy.

Le proiezioni degli altri due gironi di festa si sono divise tra film di fiction contemporanei non sempre all'altezza, come nel caso del deludente El niño Pez (t.l. Il bimbo pesce) (Argentina/Francia/Spagna, 2009) di Lucía Puenzo tratto dal romanzo omonimo della stessa regista (pubblicato in Italia per i tipi di La Nuova Frontiera – Liberamente) che racconta l'amore irresistibile tra due ragazze in un contesto di disparità sociali (una
delle due ragazze lavora a servizio presso i genitori dell'altra) culturali, etniche e politiche, distraendo l'attenzione dall'amore delle due giovani con sottotrame pseudo thriller dove un giudice che vuole
denunciare la corruzione di un Paese viene ucciso proprio dalla serva (e la figlia amante della serva non
 batte ciglio) con un gusto per il macabro, il sordido e il sadico che si distingue per un sentimentalismo eccentrico e morboso per fortuna tiepidamente accolto dal pubblico.

Altri invece memorabili come Zenne Dancer (Germania/Olanda/Turchia, 2011) di Caner Alper e Mehmet Binay che racconta una storia purtroppo vera di discriminazione pregiudizio contro l'omosessualità e morte in Turchia, tra famiglie rigide e inamovibili, e lo Stato che riforma gli Zanne (le checche) dalla leva obbligatoria solo se i giovani presentano prove inequivocabili della loro vita di sodomiti (foto esplicite di atti sessuali... e non
 è una invenzione cinematografica). Anche il giovane Ahmet che zanne non è costretto a fingersi zanne per essere riformato e ottenere il passaporto per andare in Germania col suo compagno Daniel, fotografo di fama, in Turchia per ritrovare se stesso dopo che in seguito a un reportage alcuni bambini in Afganistan sono saltati su una mina. Il padre di Ahmet pensa bene di sparagli in pieno petto, uccidendolo,  per lavare nel sangue l'onta
dell'omosessualità.

Oppure  Partners (Italia,  1990) O. Mai/G. Minerba, nel quale seguiamo 5 anni di vita di Piero, un
giovane omosessuale sieropositivo che tra cure alternative a quelle ufficiali, all'epoca scarne e inesistenti, e a un patto implicito fatto col virus, io ospito e accolgo te se tu non mi uccidi, dice una sera a se stesso e al virus Piero, il giovane riesce a trovare l'amore nonostante i timori del contagio. Un film un onesto, efficace e sentito che offre lo  spaccato di una generazione e di un periodo storico ben preciso.

Molto interessanti anche i i documentari, da Il fico del regime (Italia, 1991) di O. Mai/G. Minerba dedicato a Giò Stajano, il primo uomo a essere diventato una vera donna, venuta a mancare lo scorso anno, che visto oggi risulta invecchiato (olre a soffrire di un difetto tecnico nella parte audio davvero fastidioso) nascendo su una ambiguità di fondo tra identità sessuale (se mi percepisco uomo o donna al di là del mi sesso biologico) e orientamento sessuale (se sono emotivamente e sessualmente attratto da persone del mi stesso sesso, dell'altro o di entrambi) che il personaggio di Stajano effeminato prima e diventato donna poi confonde secondo il più trito dei cliché a Fuori dal video – Il movimento gay sul piccolo schermo (1972-1982) (Italia, 2009) di Enrico Salvatori che ha presentato il frutto di un lavoro di ricerca d'archivio  realizzato su materiali video delle Teche Rai nei quali mette in risalto al contempo come negli anni settanta e ottanta la televisione
parlasse di omosessualità con un approccio più scientifico e meno pieno di pregiudizi (anche se si parlava di sessualità e non di affettività) o  che il Fuori comparisse in tv grazie ai programmi dell'accesso (aperto in seguito a una sentenza della Consulta oggi dimenticata...) tema ripreso anche dal documentario Fuori! Storia del primo movimento omosessuale in Italia (1971-2011) (Italia, 2011) di Angelo Pezzana ed Enzo Cucco nel quale si ricostruiscono le principali azioni politiche e culturali del F.U.O.R.I il Fronte unitario omosessuale rivoluzionario italiano (ma l'acronimo era una scusa per usare la parola out "fuori" da coming out.

Un posto a parte spetta allo splendido  Tarnation  (USA, 2002) di Jonathan Caouette nel quale l'allora esordiente e bellissimo  attore-regista racconta la propria storia di bambino vissuto coi nonni e
 in famiglie affidatarie per via dei continui ricoveri psichiatrici della madre parallelamente ai propri problemi mentali (disturbo di de-perosonalizzazione in seguito a uno spinello alla formaldeide)
e all'adolescenza vissuta e agita come ragazzo gay in un film a metà tra gusto affabulatorio lisergico e psichedelico d'invenzione e memoria. Ipnotico, straziante, bellissimo, il film assemblato
da materiali diversi, fotografie, filmini amatoriali (e non) in super8, vhs, è un omaggio alla video arte prodotto con soli  218 dollari usando il software gratuito iMovie su  un computer Macintosh...

Il cortometraggio Una notte ancora (Italia, 2012) di Giuseppe Bucci girato con eleganza e una splendida fotografia racconta dell'ultima notte di una coppia di ragazzi dove uno dei due è più giovane
dell'altro e ha deciso unilateralmente e all'improvviso di concludere la storia. Da allora l'abbandonato rivive
quell'ultima notte con un escort (sempre lo stesso e molto meno bello del ragazzo che è andato via...) col quale gioca all'ultima notte. 
Viene da chiedersi che effetto questa storia avrebbe avuto se al posto del ragazzo giovane ci fosse stata una ragazza giovane e al posto dell'escort una prostituta...
Un po' di sano dolore e poi andare avanti no?


Lovely Man  (Indonesia, 2011) di Teddy Soeriaatmadja racconta di un omosessuale che  si prostituisce travestito da donna e che ha rubato dei soldi a una banda  losca per potersi operare e stare con l'uomo che dice di amare. La visita imprevista della figlia che non vede più da 15 anni (quando la ragazza ne aveva quattro) anche se a lei e a sua madre continua da allora a mandare mensilmente dei soldi, venuta a conoscere il padre di cui non sa nulla, ne sconvolge i piani. Prima l'uomo la rifiuta, poi accetta di trascorrere qualche ora con lei se la ragazza le promette di non cercarlo in futuro. Passano una notte tra racconti e confronti, dove la figlia conosce anche le amiche di battuage del padre, altre travestite come lui, e accetta i suoi consigli sulla gravidanza indesiderata il vero motivo ad averla condotta lì. Commovente quando vediamo padre e figlia ridere circondate dalle altre travestite, o quando il padre la rassicura che non è detto che lei faccia gli stessi suoi errori sono perchè sono padre e figlia il film si arrende completamente ai limiti culturali con
 cui un omosessuale vive la propria identità sessuale,
preferendo normalizzarsi operandosi per diventare donna piuttosto che cercare un uomo suo pari col quale vivere liberamente una storia d'amore.

Deludente invece Homo promo (USA, 1993) di Jenni Olsen, , non per il film in sé, il montaggio di trailer americani di film del periodo 1953-1977 del mainstream americano che parlano di omosessualità, ma per le
professionalità della Casa del Cinema che lasciano la sala kodak abbandonata a se stessa e quindi il film viene proiettato senza sottotitoli mandando in tilt la sala (gremitissima)  che non capisce una  parola di inglese (?!) e che dopo ben due interruzioni hanno sbagliato a  scegliere dal meno del dvd e hanno mandato non già i promo del film ma quelli della distribuzione del film stesso...

Insomma un semidisastro non imputabile però a Queering ma alle burocrazia della Casa del cinema (come può una persona gestire la programmazione di due sale?).


Quest'anno la festa oltre alla nutrita serie di proiezioni ha visto anche la presenza di due mostre, ospitate dalla Casa del Cinema.

C’era una volta L’Occhio, L’Orecchio e La Bocca, una mostra documentaria, a  cura di Francesco Pettarin a partire da materiali gentilmente forniti da Gianni Romoli e Silvia Viglia sul cineclub trasteverino “L’Occhio,
L’Orecchio e La Bocca” che si impose per l’inventiva della programmazione, come le famose maratone di
tutta unanotte nelle quali si poteva tirare mattino tra film, documentari, spezzoni e sfizi alimentari. Il
percorso espositivo presenta locandine, programmi, bzzetti che testimoniano tutto il lavoro di un tempo che non c'è più.


La seconda mostra è Gender Utopia  una collettiva fotografica a cura di Francesco Paolo Del Re
che presenta fotografie di Alessandra Baldoni, Jacopo Benassi, Eleonora Calvelli, Fanny Coletta, Roberto Foddai, Aloha Oe, Claudia Pajewski, Angela Potenza, Mustafa Sabbagh e Paola Serino.

Foto caratterizzate da una spiccata preferenza per la ritrattistica, attraverso la quale testimoniare le diverse declinazioni del maschile e femminile decostruendo la regimentazione in cui la cultura ufficiale el
vuole separate e idealmente oppositorie.

La de-costruzione assume una valenza politica come percorso non solo possibile ma necessario per la riscrittura del sé desiderante rendendola una utopia possibile.

Bilancio più che positivo per questa terza edizione che mantiene lo spirito della festa di film a tematica
omosessuale e trans con la quale Queering nasceva nel 2012 e che fa ben promettere per la prossima edizione che, promette Armilla che l'ha organizzata, vuole insistere sulla strada della cultura letteraria e
della memoria storica. Non possiamo che essere d'accordo e fare i nostri migliori auguri.