L’ultima puntata de I Soprano, dopo sei stagioni spalmate in otto anni e mezzo, ha coinciso con un evento mediatico che da noi non si riproporrà. Se gli Stati Uniti hanno reagito con smisurato entusiasmo alla serie, l'Italia ha esibito una sostanziale indifferenza. Quasi fastidio. Eppure la famiglia Soprano è italo-americana, vanta origini campane (di Avellino). Il successo sembrava scontato. O forse no.
Il primo punto debole dei Soprano è proprio la sua italianità ostentata, caricaturale e macchiettistica, che se al pubblico americano poteva suscitare ilarità, ai diretti interessati rischiava di stimolare - come è poi avvenuto - reazioni adirate, permalose. Molte associazioni italo-americane hanno criticato la serie, accusandola di reiterare lo stereotipo dell'italiano mafioso. Un sondaggio americano del 2004, del resto, aveva rivelato come la maggioranza dei giovani statunitensi identificasse gli italiani con i mafiosi o con i pizzaioli. Una buona parte di pubblico italiano (non tutta: i fan c'erano anche qui) si è sentita presa in giro, ridicolizzata e quasi colpevolizzata dalla saga tragicomica di una famiglia comandata da un uomo, Tony Soprano (James Gandolfini), con la faccia da cane bastonato e la vita divisa a metà: da un lato padre di famiglia, dall'altro boss mafioso.
L'andamento deliberatamente grottesco dei Sopranos ha ancor più allontanato il pubblico italiano. E' quasi un vizio storico: i prodotti che alternano trovate comiche (il capo-mafioso che si confida con la psichiatra) a scene drammatiche (la sfilza infinita di morti ammazzati) da noi non vanno. Basta pensare al flop fragoroso di Terapia e pallottole, nato proprio nel tentativo di sfruttare l'onda lunga dei Soprano.
E' semplicistico affermare che il pubblico televisivo italiano è troppo ignorante per accorgersi della qualità artistica dei Sopranos, ideati da quel David Chase che in realtà all'anagrafe fa David De Cesare. Serie come Twin Peaks, X Files, CSI o Dr. House non sono meno innovative, eppure in Italia hanno spopolato. Non c'entra la presunta incapacità di apprezzare la perfezione di un prodotto o la refrattarietà al politicamente scorretto (Dr. House ne è anzi l'archetipo), casomai il come e il cosa della narrazione. I Soprano hanno «sbagliato» cifra stilistica, usando una lunghezza d'onda su cui l'Italia non ama sintonizzarsi: quella del pastiche di generi, del né carne né pesce, del grottesco (perché no, anche dell'autoironia).
I serial televisivi che più attraggono l'Italia hanno comunque un retrogusto edificante. Gil Grissom è misogino, ma in fondo il pubblico sa che è buono; Gregory House è cinico, ma nessuno come lui è bravo a salvare le vite. Tony Soprano, al contrario, le vite le toglie: troppo antieroe per piacere. I Soprano non è neanche sufficientemente esorcizzante: se le medical fiction (E.R., Grey's Anatomy) piacciono perché danno l'illusione che perfino la morte possa essere curata, gli scagnozzi di Tony Soprano si compiacciono di uccidere, scherzano sui nemici fatti scomparire nel cemento o mandati «a far compagnia ai pesci». Non hanno sensi colpa: al massimo, ogni tanto, sognano le loro vittime.
Il lessico-gangster dei Soprano, negli Stati Uniti, ha giustificato perfino la proliferazione di gadget (di dubbio gusto). Da noi nulla ha fatto moda, né tendenza. Certo, la messa in onda a orari improbabili non ne ha agevolato il successo, ma le reti televisive si difendono dicendo che la programmazione è dovuta allo scarso appeal della serie, e non sapremo mai se è nato l'uovo (colpa della tv italiana) o la gallina (colpa del prodotto).
Ne La 25a ora, il protagonista Monty Brogan (Edward Norton) si esibisce in un monologo-invettiva contro tutto e tutti: «Fanculo agli Italiani di Bensonhurst, con i loro capelli impomatati, con le loro tute di nylon, le loro medagliette di Sant' Antonio. Che agitano la loro mazza da baseball firmata Jason Giambi sperando in un'audizione per i Soprano». Usando altre parole, e forse altre motivazioni, la reazione del pubblico italiano alla serie che doveva «riguardarli» è stata sostanzialmente la stessa.