Dice Claudio Gioè, che interpreta Totò Riina: "Noi siciliani siamo sempre molto critici quando si raccontano storie di mafia, un dramma che accompagna la nostra vita. All'inizio, spiegando che Riina ha avuto un'infanzia affamata, ci può essere il rischio che il personaggio piaccia, da siciliani sappiamo bene quanto la mafia possa essere subdola e affascinante. Nelle puntate successive emerge la ferocia sua e degli altri". Gli "altri" sono Liggio, Bagarella, Provenzano: hanno tutti i loro nomi e cognomi i mafiosi, gli uomini dello Stato, politici e faccendieri raccontati nella serie Il capo dei capi, tratta dal libro di Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo, in onda da giovedì su Canale 5.
Vincent Riotta è Buscetta, Alfredo Pea interpreta Ciancimino, Massimo Venturiello è il questore Mangano, Andrea Tidona è Falcone, Gaetano Aronica è Borsellino. L'unico personaggio inventato è il poliziotto Biagio Schirò: "rappresenta tutti i soldati semplici che hanno combattuto la mafia" spiega Daniele Liotti, "sappiamo i loro nomi solo quando vengono uccisi".
Grande romanzo della cronaca, il film di Enzo Monteleone e Alexis Sweet (scritto da Claudio Fava con Stefano Bises e Domenico Starnone), ripercorre l'ascesa di Riina (uno strepitoso Gioè), la miseria degli anni dell'infanzia, il clan dei corleonesi Provenzano (Salvatore Lazzaro), Liggio (Claudio Castrogiovanni) e Bagarella (Marco Leonardi), l'inarrestabile scalata al potere, la guerra allo Stato.
E attraverso il poliziotto Schirò, che nasce a Corleone ma fa un'altra scelta di vita, perdendo la famiglia (verrà lasciato dalla moglie Simona Cavallari), Il capo dei capi rende omaggio a chi si è opposto, a costo della vita, al potere mafioso. Ed è significativo che ieri - nel giorno in cui la Confesercenti denuncia che la mafia con un utile di 90 miliardi di euro, è la prima azienda italiana - il film sia stato proiettato a Corleone (dove Bolzoni ha ricevuto la cittadinanza onoraria), mentre la cena è stata ospitata in una delle ville sequestrate a Provenzano.
"Volevamo capire come un gruppo di corleonesi sia riuscito a prendere il potere" spiega il produttore Pietro Valsecchi. "Esploriamo il bene e il male e le zone d'ombra tra queste due realtà" aggiunge Fava "Molti personaggi mafiosi li conosciamo solo per le recite in tribunale, quando impartiscono benedizioni dalle gabbie con la Bibbia in mano. Non conosciamo nulla della loro organizzazione, di come sono arrivati al potere: lo raccontiamo nella fiction".
Sfrontato e ironico (come quando corteggia Ninetta Bagarella, la futura moglie), Riina non rischia di sembrare simpatico? "È chiaro, Riina ha anche una sua capacità di seduzione. È impensabile che i cattivi siano cattivi e basta". "Sarebbe stato ridicolo fare il cattivo col ghigno" osserva Gioè, "noi siciliani sappiamo che la mafia sa essere seducente. Il capo dei capi, che ha un cast formato quasi esclusivamente da siciliani, è stato una specie di catarsi collettiva: finalmente abbiamo potuto raccontare questa storia".
Fonte: La Repubblica