L'Italia del PIPER su canale 5

L'Italia del PIPER su canale 5

A furia di mitizzare, qualcuno nato a partire dagli anni Settanta si troverà prima o poi a rimpiangere di non esser stato messo al mondo una ventina d'anni prima. Il che gli avrebbe garantito l'adolescenza o comunque la giovinezza in anni che, per ragioni diverse, e soprattutto per chi c'era, sono stati formidabili, vitali, spregiudicati, spensierati e via così. Degli anni Sessanta non ci si libera. Il ritorno è ciclico, la musica lo sa, la moda pure, la tv cavalca il fenomeno. Dopo aver seguito su RaiUno per le avventure della famiglia Ferrucci di Raccontami, adesso tocca a Canale 5 che con Piper, il 10 maggio in prima serata, rende omaggio ai tempi e al loro locale-simbolo che aprì i battenti a Roma nel febbraio del 1965, luogo di scoperte e cambiamenti del costume e fucina di alcuni artisti che, negli anni, sarebbero diventati monumenti della cultura popolare italiana. Proprio al Piper si è svolta la presentazione del film, nella sala interrata, e immutata, di via Tagliamento, pareti bianche e strutture nere proprio com'era. Ad animare l'operazione nostalgia, due maestri del blockbuster, i fratelli Vanzina: Carlo alla regia, Enrico (con Stefano Frugoni) alla sceneggiatura, i primi a onor del vero a rinverdire le atmosfere dell'epoca già nel 1982, con l'ormai cult Sapore di mare. In Piper si raccontano i giorni alla vigilia dell'inaugurazione con le storie di un gruppo di persone che, per ammissione e intenzione degli autori, strizzano l'occhio a personaggi noti o tipologie consacrate dalla commedia all'italiana. E come in uno dei "musicarelli" in cui giganteggiavano Gianni Morandi o Little Tony, ci sono le canzoni (e la colonna sonora di Manuel De Sica), da Guarda come dondolo a Ma che colpa abbiamo noi, che fanno il loro gioco. C'è il giornalista di sinistra, squattrinato, un po' cialtrone, Massimo Ghini, come - absit iniuria verbis - Mastroianni di La dolce vita; il tassista Maurizio Mattioli, burbero e bonaccione alla Aldo Fabrizi; la bellona Carol Alt, sposata con un nobile, ma infedele e anticonformista, stile Marina Ripa di Meana quand'era Lante della Rovere; l'attricetta di provincia e Miss Piadina, Anna Falchi (all'epoca ne calarono a Roma a decine) che non riesce a sfondare nel cinema e ripara fra le braccia di un onorevole. E una liceale, Martina Stella, bionda cotonata, di Venezia, e canta: difficile non pensare a Patty Pravo, anche se "è impossibile vestire i suoi panni, troppo talento e carisma, per me è un mito", dice la Stella. Infine, Matteo Branciamore, teenager piccolo-borghese in cerca d'evasione. "Prima o poi ce la farò a uscire dagli anni Sessanta" ride Massimo Ghini, già protagonista di Raccontami. Anche lui insiste, "erano anni di entusiasmo e di speranza, il Piper è stato la svolta, si passava dal whisky a go-go alla discoteca, i giovani diventavano una categoria e guardavano alle novità, al Piper sembrava di essere a Londra, all'epoca il punto di riferimento non era New York". E anche se la discoteca era molto "romana", nei giorni prima dell'apertura "c'era la sensazione netta che sarebbe cambiata l'Italia - dice Enrico Vanzina - e dal Piper in poi è cambiato soprattutto il rapporto genitori-figli, senza le implicazioni politiche che sarebbero venute qualche anno dopo". I Vanzina, figli di Steno, cresciuti nella grande famiglia del glorioso cinema italiano, non potevano non produrre citazioni e omaggi. Dallo spogliarello di Anna Falchi che ricorda da vicino quello della Loren in Ieri, oggi e domani a Massimo Ghini che dice alla stessa Falchi "ti porto in Romagna, con la spider, come in un film di Dino Risi". Un'occhiata oltreoceano, quando la Falchi si vede restituire, da Ghini, alcune foto compromettenti, come accade a Audrey Hepburn in Vacanze romane. E scatta l'amarcord, perché alcuni dei protagonisti frequentarono il Piper in gioventù. Enrico Vanzina ricorda che per l'inaugurazione, con alcuni amici, sottrasse la macchina al padre "e andammo a sbattere proprio qui dietro, dove c'era il cinema Admiral", mentre Ghini confessa: "Venivo qui il pomeriggio a pomiciare". Maurizio Mattioli partiva dal quartiere Monte Mario, "all'epoca periferia", a volte con un'amichetta "che si cambiava nei portoni e si metteva la minigonna", poi con gli amici "per vedere Mita Medici, che poteva pure stare zitta e ferma e ci faceva impazzire lo stesso". A far tornare tutti al 2007 ci pensa Giancarlo Bornigia, lo storico patron del Piper, con una notizia che infrange sogni e ricordi di gioventù: dopo 42 anni, il locale potrebbe chiudere. "Sono cambiati i proprietari dello stabile - spiega - tutto può succedere. Ci hanno chiesto un aumento dell'affitto. Chi vivrà, vedrà".