Il nuovo album di Björk si intitola Volta e segna il ritorno in scena della cantante islandese a quattro anni da Medulla. Un album in linea con la sua produzione ma che, in maniera sottile, vede un ritorno verso qualcosa che abbia a che vedere con la canzone. Björk tornerà a esibirsi in Italia il prossimo 21 luglio, unica tappa a Codroipo (Udine). L'abbiamo incontrata a Londra.
"Wanderlust", voglia di avventura, è il brano simbolo del suo nuovo album. Inizia con una partenza da una città e da un porto. Si tratta di una città e di un porto in particolare?
"Beh, io sono fortunatissima, ho l'Islanda che è uno dei luoghi più pacifici del mondo. Neanche oggi abbiamo un esercito. Ho una grande famiglia in Islanda, un sacco di parenti. Posso lanciarmi in pazze avventure ma poi tornare qui e star bene".
Attualmente fa base in Islanda?
"È sempre stata la mia base. Per lavoro ho dovuto viaggiare molto. Dai 18 anni in poi - un bel po' di tempo fa (ride) - ho passato forse la metà del tempo lontano dall'Islanda, ma ho sempre fatto in modo di trascorrervi l'altra metà".
Faceva base anche a New York. Ha ancora un appoggio lì?
"Sì, è vero. E' New York la città e il porto che lascio all'inizio di "Wanderlust". L'anno scorso ho comprato una barca...".
Davvero? Non è solo un elemento della canzone?
"No, è proprio vero. E abiteremo in barca, a Manhattan. Stare a lungo in mezzo a tutti quei grattacieli mi dà un po' di claustrofobia. Così ho pensato che vivendo su una barca almeno te ne puoi andare quando vuoi a prendere ossigeno nell'Atlantico e poi tornare indietro".
È una barca a vela?
"No, è una barca a motore. Ora come ora è a New York, ma l'abbiamo comprata a Malta e da lì l'abbiamo portata in Tunisia. Gran parte di questo album l'ho inciso in barca al largo della Tunisia".
Ha attraversato in barca l'Atlantico fino a New York?
"Sì".
Quanto c'è voluto?
"Circa tre settimane dalle isole di Capo Verde alle Barbados".
Che cosa significa "Earth Intruders"? Terrestri che invadono altri pianeti o piuttosto alieni che invadono la terra?
"Non lo so. Il brano ha avuto una strana gestazione. In genere comporre musica per me è proprio un'attività da emisfero destro del cervello. Qualcosa di molto intuitivo e impulsivo. Poi scrivo i testi. E' dura per me, probabilmente diventa un'attività da emisfero sinistro. Ma "Earth Intruders" ha rappresentato una delle poche volte in cui scrivere testi si è rivelata un'attività da emisfero destro. Un anno fa su invito dell'Unicef sono stata in Indonesia, ad Aceh, la provincia del nord di Sumatra più colpita dallo tsunami, che in quella zona ha ucciso dalle 180.000 alle 300.000 persone. Ad un anno di distanza dallo tsunami in una città che ho visitato la gente scavava ancora in cerca di ossa, oggetti e abiti dei loro cari. E c'era un odore intenso nell'aria. Questa cosa mi ha molto colpito, non ho mai visto niente di simile".
È stata là come ambasciatrice Unicef?
"No, non credo che sarei brava in quel ruolo. Mi hanno invitato per un altro motivo. Quando ci fu lo tsunami chiesi ai miei fan su Internet di fare un remix dei miei brani. Ne trassi un cd ("Army of Me") il cui ricavato andò interamente alle vittime dello tsunami. L'anno dopo mi chiesero se volessi andare sul posto a vedere cosa era stato realizzato con il denaro. L'ho fatto. Sull'aereo che mi riportava a New York per lavorare con Timbaland feci questo strano sogno. L'Unicef cercava di convincermi ad accettare il ruolo di ambasciatrice in Africa, dove l'organizzazione è impegnata nella lotta all'Aids. Mi avevano dato molta documentazione sul tema e io l'avevo letta in aereo. Ma mi addormentai. Sognai uno tsunami di gente, dall'Indonesia e dall'Africa che distruggeva la Casa Bianca a Washington. Prendevano il potere e riequilibravano un po' le ingiustizie del mondo, almeno con la distribuzione del denaro. Era un sogno molto ingenuo. Arrivata in studio Timbaland mi suonò questo ritmo e le parole vennero fuori come uno tsunami. Volevo intervenire per dare più logica al testo, ma non mi sono data il premesso di farlo (ride) perché è così e basta. Il testo è pieno di contraddizioni ma credo sia la confusione dettata dall'emozione. La rabbia per le ingiustizie, l'assommarsi dei disastri, le complicazioni della guerra in Iraq, e la strada che i maggiori paesi del mondo intraprendono per risolvere i grandi problemi. Ma gran parte di questo album nasce d'impulso. Quel giorno Timbaland era venuto in studio con il suo jet privato. Sono sicura che 200 anni fa i suoi antenati erano schiavi. E' fantastico che lui abbia successo".
Ha collaborato anche con altri musicisti...
"È stata tutta una serie di coincidenze. Non avevo intenzione di lavorare con vari artisti africani. Ora ho i Konono No 1, una band sperimentale congolese. E Toumani Diabaté del Mali suona la kora. In "I See Who You Are" c'è un pipa, un liuto cinese. E in "My Juvenile" un clavicordo, una sorta di antenato del clavicembalo.
Torniamo all'arte: il suo compagno , Matthew Barney, è un artista visivo di tutto rispetto. Un critico del New York Times lo ha definito uno dei più importanti artisti americani della sua generazione. Lui fa arte "seria", lei invece pop music. E' una situazione conflittuale per lei?
"No, direi di no. Trovo interessante che molti, parlando di arte, pensino solo all'arte visiva. Dicono arte e probabilmente pensano ad un dipinto in un museo. Io sono un'artista dell'orecchio. E credo che la gran parte della gente esageri l'importanza di tutto ciò che è visivo nel mondo. Per la mia musica anch'io ho avuto a che fare con l'arte visiva. All'inizio era per garantire al pubblico un miglior accesso alla mia musica. Ma l'arte visiva si rende importante a modo suo. Sono stata in alcuni musei con il mio compagno e c'erano degli amplificatori tremendi, a volte addirittura rotti. Sembra che la qualità del suono non li preoccupi".
Cos'è per lei l'arte?
"Oh, è una domanda difficile. Sono sicura che darei una risposta diversa ogni giorno dell'anno (ride)".
E quella di oggi quale sarebbe?
"Credo che l'arte sia un modo di esprimere se stessi. Senti una grande pressione interiore. E cerchi di trovare un pari livello di pressione all'interno e all'esterno".
Si può guadagnare molto con l'arte visiva alle case d'asta. Non le dispiace che non si possa fare altrettanto con la musica?
"Forse è meglio così. Per me è positivo che il prezzo dei cd non cambi, si tratti degli Abba, di Beethoven o di Björk. Molto positivo".
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