Ci siamo mai chiesti a cosa serve la musica? Parafrasando Catullo si potrebbe rispondere che: “Nescio sed fieri sentio et amo”, “Non lo so, ma sento che accade e mi piace”. Come dire che è inutile tentare di spiegare ciò che il cuore solo con-prende.
Stefano Bollani è un vero “uomo-musica”, colto, simpatico, intelligente, un protagonista della scena musicale internazionale capace di spaziare con stile personalissimo e strabordante passione tra i più disparati generi musicali divertendosi e facendo divertire, commuovendosi e trasmettendo potenti emozioni a un pubblico sempre più numeroso e trasversale. Irene Grandi è artista di carisma indiscusso, un’anima sensibilissima che canta con mille sfumature restando sempre a suo agio tra la bossa nova colta di Chico Buarque de Hollanda (Olhos nos Olhos, Roda Viva), Vinicius de Moraes (Medo de amar) , Caetano Veloso (Chuva), all’alternative rock, passando per lo swing irriverente di “Babebibobu song” di Ernesto Bonino e il soul, senza disdegnare successi americani come For once in my life, Dream a little dream of me, la musica inglese firmata Radiohead con No surprises, Miguel Bosè con Se tu non torni (particolarmente ben riuscita), o quella italiana con Costruire di Niccolò Fabi , o ancora una divertente, scatenata versione di di A me piace o blues di Pino Daniele, in cui tra l’altro Bollani si scatena modulando ritmi e tonalità come solo lui sa fare. Irene si distingue anche nei due inediti del nuovo disco: L’arpa della tua anima e Come non mi hai visto mai scritta da Cristina Donà e Saverio Lanza per poi passare a un suo cavallo di battaglia “Prima di partire per un lungo viaggio”, firmata da Vasco Rossi e Gaetano Curreri e finire sulle note divertenti di Giamburrasca con Viva la pappa al pomodoro e un brano “test” come lo definisce Bollani: “ La Forma”, con cui ricordano l’omonimo gruppo fiorentino d’avanguardia dove entrambi hanno militato agli inizi degli anni 90.
Una vicina di poltrona, nel teatro gremito si chiedeva: “Ma quanti sono sul palco, sembra che suoni un’orchestra?” E in effetti erano in tanti: Stefano, Irene, il Piano a coda , il piano Fender Rhodes, le loro voci e la Loop Station, tutti a cercare quella sintonizzazione giocando e suonando (che non a caso in inglese e in francese si dicono allo stesso modo, to play, jouer), quell’armonia (dal verbo greco harmozein congiungere, accordare, harmonia vuol dire unione, proporzione, accordo), che è la magia stessa che ci hanno restituito Stefano e Irene e con la quale ci hanno incantato, amalgamandosi alla perfezione e facendo scomparire, confluire le loro grandi personalità di solisti come due giganti, che diventano invisibili sotto il mantello della Musica. Ecco a che serve la Musica, quella che nutre l’anima e che è stata la vera protagonista di una indimenticabile serata.
Grazie, tornate presto!
Teatro Augusteo, Napoli 10 dicembre 2012