Teatro

L'Accademia è morta. Viva l'Accademia!

L'Accademia è morta. Viva l'Accademia!

L’Accademia è morta. Viva l’Accademia. Si è conclusa la crisi più difficile che abbia mai attraversato la famosa Accademia d’arte drammatica Silvio d’Amico, la nostra unica scuola nazionale comparata, come i conservatori, a una vera università. Nei suoi settant’anni di vita non era mai capitato che fosse occupata dagli studenti come invece è successo a partire da fine novembre; che un foltissimo gruppo di docenti si unisse a quella protesta appoggiando le decisioni dell’assemblea permanente; che nomi illustri quali Maurizio Scaparro, Emma Dante, Dario Fo, Anna Marchesini firmassero un documento di solidarietà con gli allievi. Cos’era successo? Una lunga malattia aveva impedito al direttore Luigi Maria Musati, che ricopre una carica a vita per via di un decreto regio più volte rinnovato, di occuparsi della didattica, e la scuola era entrata in difficoltà. Il presidente Giovanni Minoli, il gran capo di RaiEducational, aveva tentato di farla gestire da un triumvirato, ma quando, per breve tempo, era tornato Musati aveva annullato la programmazione e nominato un vicedirettore. Oggi le cose sono in via di risoluzione. C’è un nuovo statuto che cancella la carica a vita. C’è la riforma che permetterà all’Accademia di aprirsi all’esterno col contributo di artisti italiani e stranieri. C’è il cda che dovrebbe ripristinare Minoli, nel frattempo diventato commissario, nel ruolo di presidente, e nominare il regista teatrale Lorenzo Salveti, attualmente vicedirettore facente funzioni, direttore artistico. «E’ stato il nostro annus horribilis, potrei dire parafrasando la regina Elisabetta - scherza Salveti che collabora con l’Accademia dal 1976 alternando il lavoro di insegnate a quello di regista - ma stiamo tornando all’efficienza del passato. E non parlo di un passato remoto considerato che qua hanno studiato Margherita Buy, Rubini, Castellitto, Zingaretti, ma anche Luigi Lo Cascio, Alessio Boni e Fabrizio Gifuni. Il ritorno alla normalità è provato dal fatto che ci prepariamo, come sempre, ai saggi di fine anno». Si comincia il 7 maggio con Il provinone, il saggio del terzo anno, al teatrino di Via Vittoria. Il regista Frau ha scelto una citazione di opere dagli Anni 60 ai giorni nostri sul tema dell’amore intitolato Camere da letto... e altri luoghi. Poi al Teatro di Tor Bella Monaca gli allievi, con la regia di Armando Pugliese, metteranno in scena La cucina di Wesker. Alla Biennale Teatro di Venezia, su invito di Maurizio Scaparro, con la regia di Salveti, verrà presentata La trilogia di Ircana di Goldoni, una sorta di buffo seriale ante-litteram. Al Piccolo Eliseo, infine, un omaggio a Patroni Griffi. Finiti gli spettacoli, subito l’esame delle domande di ammissione dei nuovi alunni. Ne arrivano un migliaio all’anno. Frequentano in centocinquanta divisi in due classi, col meccanismo universitario del 3 più 2: tre anni di regia o di recitazione, poi il biennio pedagogico. La novità più grande è aver ottenuto una sede capiente e funzionale visto che la palazzina di piazza Verdi, da tempo, non riesce a contenere le numerose attività che gli allievi devono svolgere: danza, scherma, atletica, palestra, lavoro sul corpo. Racconta Minoli, uomo squisitamente televisivo, nominato tre anni fa presidente anche per facilitare ai giovani l’accesso al lavoro, magari nelle fiction tv, e anche per far comprendere ai docenti che non esistono steccati tra cinema, teatro, televisione, che il comune di Roma ha concesso gli stabilimenti della Mira-Lanza. Il progetto per adattare questo enorme spazio è pronto: lo ha firmato l’architetto Manlio Amato. «E’ bellissimo - assicura Minoli - e io mi sto muovendo con il sindaco Veltroni per accelerare i lavori e fare presto». Una scommessa difficile? «Non credo. Il nuovo statuto ci permette una maggiore elasticità e la nuova sede garantirà agli studenti di non dover correre di qua e di là per seguire i corsi. Sono certo che, in questo modo, riusciremo a rivitalizzare una istituzione che era un po’ come un nobile decaduto: carica di gloria, ma povera di mezzi. Potevamo permettere che per tanti ragazzi la sola scuola di avviamento al mestiere di attore fosse Amici di Maria De Filippi? Non credo. Sarebbe stato una abdicazione».