Teatro

Marina Confalone giunge vincitrice 'Alla Meta'

Marina Confalone giunge vincitrice 'Alla Meta'

Ha debuttato, in prima nazionale, lo scorso 12 settembre, nell’ambito del Festival Benevento Città Spettacolo, “ALLA META”, la piece scritta da Thomas Bernhard, diretta ed interpretata dall’attrice Marina Confalne. La commedia ruota intorno al personaggio di un’anziana madre (la Confalone), che in procinto di partire per le vacanze (metafora di un impossibile cambiamento in una vita immobile), rivolge alla figlia disadattata un lungo e sarcastico discorso in cui esprime il suo disagio di donna emotivamente bloccata, ma fortemente attaccata al denaro, per il cui possesso ha sposato un uomo di cui non era innamorata. La sua vita, le sue paure, le sue rigidità mentali, vengono espresse con logorroica staticità, senza dare possibilità alla ragazza (Monica Nappo) di controbattere. Ad interrompere la solitudine delle due donne arriva un uomo, uno scrittore di teatro (Luca Saccoia) invitato dalla giovane, a cui la madre rivolge le sue attenzioni, e per una volta il monologo diventa un impietoso dialogo al quale l’uomo riesce a sottrarsi con fatica. Le due donne rimarranno, infine, di nuovo sole, ad affrontare il loro vuoto esistenziale. Indebitata con “Il Pellicano” di Strindberg e con “Zoo di vetro” di Williams, la piece scorre non senza qualche lungaggine di troppo, dovuta all’eccesso logorroico del personaggio principale, ma Marina Confalone riesce a sostenere il ruolo con eccezionale maestria, cadenzando la partitura drammaturgica con un ottimo ritmo interpretativo. Ed è appunto nello studio e la resa di questo complesso personaggio che si evidenzia il più grande pregio dello spettacolo. La Confalone ci regala un’interpretazione che non esitiamo a definire maiuscola, basata su uno straneamento portato così all’eccesso da farla apparire, per contrasto, assolutamente realistica. Nell’immobilità totale del suo personaggio, relegato quasi per tutto il tempo su di una poltrona, l’attrice recita con sguardi, mani, espressione facciale, senza mai perdere di vista nemmeno per un secondo il senso del suo personaggio, utilizzando con maestria la voce la cui cadenza sottile, immobile, dai toni minimali sembra apparentemente non sottolineare scene madri o i picchi di irresistibile ironia. Insomma riesce, in questo gioco che a prima vista può apparire di sottrazione, ad aggiungere al testo delle intensità tali che non può non far pensare a quanto questa bravissima attrice si stia avvicinando al suo grande maestro Eduardo De Filippo. In quanto agli altri interpreti va sicuramente elogiata la presenza di Monica Nappo, che nei silenzi del suo personaggio riesce a trovare la giusta chiave interpretativa per rivelarne frustrazione, nervosismo, dolore, mentre troppo accademica la prova di Luca Saccoia a cui, va detto, spetta il gravoso compito di confrontarsi, in quello che è l’unico vero dialogo della commedia, con la grande prova della protagonista. Lo spettacolo sarà proposto per la prossima stagione un po’ per tutto lo stivale, e siamo certi che il rodaggio post-festivaliero potrà apportare al ritmo ed ad alcune imperfezioni di importanza veniale la giusta correzione.