Teatro

Torna "Il Vicario" il teatro che accusa

Torna "Il Vicario" il teatro che accusa

Si riapre dopo quarant’anni la causa di beatificazione di Pio XII. E, puntuale, torna alla ribalta anche Il Vicario, il dramma di Rolf Hochhuth che — come fecero Camus eMauriac—accusa Papa Pacelli di «silenzio» sull’Olocausto, lo sterminio nazista di sei milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale. Il vero protagonista è appunto questo silenzio eppure Il Vicario è tra le opere che più hanno fatto rumore: «così denigrazioni accanite come consensi entusiastici» attribuiva l’intellettuale cattolico Carlo Bo alla discussa opera che fu rappresentata per la prima volta nel ’63 a Berlino da Erwin Piscator e al Berliner più volte ripresa, ma anche a Londra da Peter Brook. In Italia, pubblicata da Feltrinelli, visse una sola sera con Gian Maria Volonté nella versione di Carlo Cecchi, e poi venne censurata (ci furono persino minacce di scomunica). Dal 15 maggio, Il Vicario torna sulle nostre scene: prodotto dal Teatro Filodrammatici e interpretato dagli attori di Antonio Latella allo spazio Mil di Sesto S. Giovanni. Il 19, sarà presente l’autore. Classe 1931, praticamente autodidatta, il drammaturgo tedesco racconta: «Alla fine della guerra avevo quattordici anni e, all’arrivo degli alleati, era impossibile non provare un grande senso di colpa per il mio Paese. Lo si prova ancora oggi». Nel ’59, per scolpire la tragedia delle responsabilità dei leader più ancora che quelle dell’uomo comune, scrisse Der Stellvertreter. Ein christliches Trauerspiel. Del suo stile, fortemente etico e politico, Hochhuth è ancora convinto a distanza di quasi mezzo secolo: «Lo riscriverei tale e quale, solo calcherei di più sulla figura del Papa. Allora non potevo sapere fino a che punto fosse antisemita... che definì "deicidi" gli ebrei... Documenti del ’46 ritrovati dallo storico francese Etienne Fouilloux hanno rivelato che non fu solo quello: Pio XII ordinò ai nunzi apostolici di non restituire, ai parenti sopravvissuti all’Olocausto che li avessero reclamati, i bambini nascosti negli oratori se già erano stati battezzati. Farlo santo? No. L’unico Papa che lo meriterebbe è Giovanni XXIII: quando era nunzio, Roncalli si dissociò dall’operato di Pacelli». L’accusa di passiva «complicità» lanciata dal Vicario mosse comunque il Vaticano a riaprire i propri archivi, ma avvolse a sua volta nel silenzio il dramma in Italia: la prima e unica prova generale, in un teatro- cantina di vicolo Belsiana a Roma, venne bloccata per «inagibilità del locale» dalla polizia che assediò per tre giorni gli attori, e poi vietata dal prefetto in osservanza al Concordato. Gli interrogativi, i dubbi che il testo solleva sono infatti atroci: perché il Papa, pur lodato da molti ebrei, non impugnò contro Hitler le armi spirituali? Per realpolitik o per viltà? «Ma il compito del teatro "è" quello di sollevare dubbi. E con la satira, poi, si raggiunge un maggior effetto politico», dichiara l’autore. «Sono uscito con le ossa rotte da quella vicenda», disse invece allora Gian Maria Volonté che, assieme a Carlo Cecchi, non riprese mai più quel testo. Il Vicario nel 2002 è diventato un film, Amen di Costa Gavras (verrà proiettato al milanese Spazio Oberdan in parallelo con le repliche all’ex Breda). I personaggi sono gli stessi del dramma: Kurt Gerstein, ufficiale delle SS realmente esistito che in segreto tenta di minare il regime nazista, il Dottore che conduce macabri esperimenti sui prigionieri (da notare che i due attori di Gavras, Ulrich Tukur e Ulrich Mühe, sono gli stessi del film da Oscar di Donnersmarck Le vite degli altri); Padre Riccardo Fontana (nel film, Mathieu Kassovitz), giovane sacerdote della segreteria di Stato Vaticana che si schiera a favore dei perseguitati e cerca inutilmente di sollecitare un intervento del Vicario di Cristo, Papa Pio XII. Nella nuova lettura scenica, su sfondi di lager e stanze vaticane, gli attori—che hanno lavorato in questi anni con Latella ma intraprendono questa avventura senza di lui — sono invece: Matteo Caccia (l’SS), Marco Foschi (don Fontana), Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò (il Dottore), Nicola Stravalaci, Rosario Tedesco, anche regista, che spiega: «Homesso in scena il tema della responsabilità dell’uomo di fronte alla storia, alla vita e alla propria coscienza, partendo dall’incontro tra un prete italiano e un soldato tedesco, per arrivare alla nascita di due uomini».