Castelvetro si erge sulla collina da cui si domina la pianura circostante. In posizione difensiva nei secoli scorsi, ora si pavoneggia per la sua secolare storia e tradizione. Il ridente paese ha tutta l’aria di appartenere più a un libro di fiabe che a un manuale di geografia: un piccolo gioiello urbano mantenutosi nel tempo, intatto con le sue case di mattoni abbracciate alla torre del suo Palazzo Comunale in bella compagnia tra la Torre dell’orologio, quella delle prigioni, e la Chiesa dei Santi Sinesio e Teopompo. Una piacevole atmosfera di calore domestico nelle viuzze che portano alla piazzetta, decorata da capanne con il crepitare dei bracieri, sui cui fumano corroboranti bevande calde e ristoratrici. Antidoti efficaci contro il freddo del generale Inverno. Nelle gesta della popolazione si percepiva un sentimento solidale, come solo accade nei piccoli borghi di provincia. Nel teatrino del paese due attori intenti a cucinare torte per la goduria del palato, ma anche sane risate, un piacere per la mente e per i sensi gustativi. L’arte dolciaria al servizio dell’umorismo più scanzonato.
Una storia di affetti e lavoro che lega due fratelli intenti tutti i giorni, a preparare delizie golose, uno a tutti gli effetti diplomato come maestro pasticcere, l’altro di professione fa l’attore. I due decidono di sdoppiarsi, Leonardo Capuano si presta a recitare, Roberto Abbiati si cimenta in mille sfoglie alla crema, meringate, sacher al cioccolato. Un vero e proprio laboratorio dolciario in scena, fornito di tutti gli strumenti necessari per impastare, mescolare, miscelare, cuocere babà, profiteroles. E tu spettatore seduto e infreddolito aspiri i profumi vanigliati che si spargono nell’aria, e t’interroghi: cosa mai riusciranno a combinare con tutte quelle pentole, fruste, sacche a posche. Un’apoteosi zuccherina da far invidia a un girone dantesco pieno zeppo di golosi, una lezione dal vivo per aspiranti cuochi esperti in leccornie? Le ipotesi si sprecano all’infinito e non rendono giustizia al semplice divertissement inscenato. Un modo per dire che il teatro è anche solo pretesto per stare bene insieme, senza doversi arrovellare a cercare significati reconditi.
Il lavoro va a toccare un tema semplice quanto complicato nella vita di tutti gli esseri umani, gli affetti. Universo di significati, relazioni, dinamiche, gioie e dolori e chi più ne ha, più ne metta. Roberto Abbiati e Leonardo Capuano di affetto ne dispensano molto, tra una crema pasticcera e l’altra. Si prodigano nel raccontare la loro storia di fratelli, il primo innamorato di una cliente cui dedica in sostanza tutto il suo inventario di ricette, l’altro un pasticcione nel combinare disastri, ma è un gioco tra loro e le torte comunque alla fine lievitano e non aspettano altro che essere divorate. Si assiste a un litigio giocoso in mezzo a nuvole di farina, schizzi di cioccolato fuso, uova montate a neve, la mano di Abbiati finisce dentro la planetaria (un enorme cestello con fruste gigantesche per amalgamare l’impasto), si rincorrono tra i fornelli, e ogni tanto accade l’imprevisto. Sembra una recita di quelle nate male per via di una sfortunata serie di coincidenze. Si blocca un proiettore sul boccascena, Abbiati (che recita un esilarante balbuziente) perde la memoria e non ricorda le battute del copione. Improvvisa in un monologo surreale e non ti raccapezzi più quando inizia a decantare le doti della Rupicapra pyrenaica ornata. Una capra tra le sfoglie e la pasta frolla? La faccia perplessa di Leonardo Capuano la dice tutta su come lo spettacolo sembri virare verso un finale disastroso. Questione di un attimo e si torna alla normalità, la lista di dolci confezionati è sempre più cospicua. Ancora una volta, sei costretto a chiederti: ma è verità o finzione. Mi stanno amabilmente prendendo in giro? Tra dichiarazioni di amore fraterno, dispute tra chi è il più bravo a mescolare le uova con lo zucchero, si giunge a finale non finale. Non ti pare che sia finito, potresti stare ancora lì delle ore, ma i dolci chiedono il loro momento di celebrità e gli spettatori non chiedono altro che agguantarli. Fuori è ancora più freddo ma c’è ancora tempo per congedarsi da quel laboratorio pasticceria dove gli ingredienti teatro, realtà, finzione, affetti e sentimenti, vanno mescolati in dosi uguali. E’ la vita pensi e ti viene da sorridere rileggendo il nome dell’organizzazione che ci ospita: si chiama pure lei V.I.T.A.
Prosa
PASTICCERI
Sono attori pasticceri e sanno addolcire la vita
Visto il
19-12-2010
al
Teatrino di via Tasso
di Castelvetro Di Modena
(MO)