La traviata fa parte, insieme a Rigoletto e al Trovatore della cosiddetta “trilogia popolare” di Giuseppe Verdi. Le tre opere risalgono ai primi anni Cinquanta dell’Ottocento, e rappresentano un momento di svolta nel percorso artistico del compositore. Era l’inizio del 1853, Verdi iniziava la composizione per conto del Teatro La Fenice, avvalendosi della collaborazione del librettista Francesco Maria Piave per la riduzione del best seller La Dame aux camélias, pubblicato da Alexandre Dumas figlio l’anno precedente.
Il soggetto piaceva molto al compositore, che tuttavia era consapevole delle possibili controversie: la trama era ambientata nella contemporaneità, e venivano trattate tematiche che facilmente si sarebbero scontrate con certe forme di moralismo. Il principale stratagemma narrativo, in tal senso, fu lo spostamento dell’azione al XVIII secolo. Nonostante una prima rappresentazione di scarso successo (il 6 marzo 1853), La traviata iniziò presto a circolare in tutta Italia, anche se con modifiche importanti (al Regio di Parma venne addirittura rappresentata con il titolo Violetta) e rimane ad oggi uno dei titoli d’opera più rappresentati al mondo.
La portata rivoluzionaria dell’opera si trova sia nelle tematiche – la protagonista, Violetta, racchiude in sé i significati più profondi dei temi principali: amore e morte – sia nelle tecniche compositive attraverso le quali Verdi articola il racconto. Elemento centrale è il dialogo interiore dei personaggi, espresso sin nelle più profonde sfumature dall’orchestra. Anche quando il sentimento non è esplicitato, la scrittura orchestrale anticipa e suggerisce al pubblico ciò che i personaggi temono di rivelare persino a sé stessi. Questa forma di coesione tra azione scenica e azione musicale anticipa alcuni tra gli sviluppi più significativi dell’opera tardo-ottocentesca.