Lolita è l’annebbiamento della testa, il sogno di paradisi possibili e inferni prossimi, un inno alla straordinaria potenza del pensiero, il nascondiglio dell’anima dentro cui scomparire e sprofondare, un omaggio alla fantasia, il delirio estetico-erotico di una fragilità, un viaggio lungo i lastricati sentieri della pornografia in cui il viaggiatore non cessa mai di sollevare lo sguardo verso i luccicanti paesaggi che costeggiano il peccato.
Lolita è roba da censura. Ma si può censurare il piacere? Si può censurare il pensiero del piacere? E che differenza esiste tra il piacere pensato e il piacere agito?
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