Arte fuori dal palco

Il Palazzetto Bru Zane risuscita due opere dimenticate di Camille Saint-Saëns e Reynaldo Hanh

Opéra français
Opéra français

La Fondazione Bru Zane ha inserito negli ultimi numeri della collana Opéra français due opere di grande interesse: “Le timbre d'argent” di Camille Saint-Saëns e “L'Île du rêve" di Reynaldo Hahn

A breve distanza l'una dall'altra la Fondazione Palazzetto Bru Zane ha presentato due nuovi capitoli – il 25° ed il 26° - della preziosa collana “Opéra français”, che come al solito uniscono ad un raffinato libro contente più saggi musicologici, una registrazione di altissima qualità dell'opera teatrale considerata. Si tratta quasi sempre di titoli scomparsi dal repertorio: in questo caso, due lavori di Camille Saint-Saëns e di Reynaldo Hahn che incontrarono scarsa fortuna, pur possedendo grandi potenzialità musicali. 

Qualità messe in piena luce da queste recenti, meritevoli riproposte in prima moderna, affidate ad artisti che ruotano nella galassia della Fondazione veneziana; e che sono frutto di esecuzioni da essa promosse nel giugno 2017 all'Opéra Comique di Parigi nel caso di Le timbre d'argent, e nel gennaio 2020 al Prinzregententheater di Monaco per L'Île du rêve.

Camille Saint-Saëns (1835 - 1921)

Un Saint-Saëns all'avanguardia

Le timbre d'argent è il primo approccio teatrale di Saint-Saëns, steso nel 1864 su libretto del celebre duo Barbier & Carré, e pensato in origine quale opéra-comique in 4 atti con prologo, epilogo ed inserti coreografici. Per una serie di malaugurati eventi, finì coll'essere rappresentato solo molto più tardi: per poche recite volte nel 1877 a Parigi, e poi nel 1914 a Bruxelles, rivisto di sana pianta. In mezzo, una lunga serie di rimaneggiamenti, più o meno ampi; quella qui presentata è la versione ultima e definitiva. Concepito in largo anticipo sui tempi, Le timbre d'argent finì però per incontrare cinquant'anni dopo il suo concepimento l'indifferenza di un pubblico che ormai frequentava Debussy, Ravel, Stravinskij - cioè le nuove avanguardie del XX° secolo - e finì per essere dimenticato. 

Eppure oggi noi, che ragioniamo con altri metri di giudizio, scopriamo con grande piacere una partitura vitalissima e rigogliosa, di straordinaria bellezza e varietà sia strumentale che melodica («In quest'opera c'è di tutto, dalla sinfonia all'operetta, passando per il dramma lirico e il balletto», annotava con autoironia il suo autore), che anticipa l'opulenza musicale e le atmosfere oniriche de I racconti d'Hoffmann. Perché il protagonista, il pittore Conrad, ottiene da un dèmone un campanello d'argento, che suonato fa apparire le ricchezze che gli permetteranno di conquistare la bella Circé, ma nello stesso momento causa la morte di una persona cara. L'Orchestra Les Siècles ed il coro Accentus sono diretti da François-Xavier Roth; i solisti sono Hélène Guilmette, Jodie Devos, Edgaras Montvidas, Yu Shao, Tassis Christoyannis, Jean-Yves Ravoux, Matthieu Chapuis. 

Reynaldo Hahn (1874 - 1947)

Il gioiello di un compositore in erba

Altra temperie per L'Île du rêve, breve idylle polynésienne su libretto di G. Hartman e A. Alexandre, tratto da Le mariage de Loti di Pierre Loti. E' il lavoro di un diciassettenne e precoce compositore venezuelano naturalizzato francese, Reynaldo Hahn - futuro compagno di Marcel Proust – che poi avrebbe intrapreso altre strade dedicandosi positivamente al genere delle mélodies. Ma che scriverà pure un'operetta di enorme successo, Ciboulette. Portato in scena dopo lunghi tira e molla all'Opéra-Comique di Parigi il 23 marzo 1898, per interessamento del suo maestro Massenet e per volontà del nuovo direttore Michel Carré, L'Île du rêve è suddiviso in tre atti della durata complessiva di un'ora esatta. 

La trama, influenzata dall'esotismo e dal simbolismo allora imperanti, vede sbocciare un flirt tra un luogotenente di marina, Georges de Kerven – ribattezzato dagli indigeni Loti - e la giovane polinesiana Mahénu, che vive in un isola dalla natura incantata. Amore profondo ma impossibile, perché l'ufficiale deve far rientro in patria, e Mahénu non può seguirlo. 

L'ambientazione da favola esotica, la qualità dei versi e la musica dai tratti sognanti e delicati, con un profluvio di accattivanti melodie sostenute da un'orchestrazione raffinata e piena di colori («Per scrivere musica come questa bisogna essere poeti», commentò Massenet) vanno di pari passo, rendendo l'ascolto di questa piccola gemma di fine '800 un graditissimo, inaspettato piacere. Hervé Niquet dirige la Münchener Rundfunkorchester ed il Choer du Concert Spirituel. Ritroviamo Hélène Guilmette insieme a Cyrille Dubois, nei panni dei protagonisti; con loro Anaïk Morel, Artavazd Sargsyan, Ludivine Gombert e Thomas Dolié.