L’allegria di Shakespeare è l’allegria pura della creazione, capace di rimanere tale anche quando s’intreccia con la malinconia o con la tragedia. Simile in questo a quella del grande personaggio di Falstaff che troneggia sullo sfondo di Enrico IV, per affermare il proprio trionfo popolare in Le allegre comari di Windsor e cessare di esistere fuori scena nell’Enrico V. Rappresentato la prima volta nel 1597-1598, Enrico IV è un dramma storico diviso in due parti, ciascuna in cinque atti. Un' opera monumentale che viene qui drasticamente ridotta, ma resta rispettosa dell’essenziale arco narrativo, il quale, come sottolinea il sottotitolo dell’opera, mette in scena “la storia di Enrico IV con le battaglie contro i ribelli del Nord e le trovate comiche di Falstaff”. Mentre i nobili del Nord marciano su Londra per rovesciare il potere di re Enrico IV (1399-1413), suo figlio Enrico, il principe di Galles, ama trascorrere vita scapestrata in compagnia di Falstaff, con il quale partecipa comunque alla risolutiva battaglia di Shrewsbury, dove viene ucciso il rivale Enrico di Hotspur, con Falstaff – novello “miles gloriosus” - che cerca di farsene vanto. Nella seconda parte, il sodalizio tra Falstaff e il giovane Enrico prosegue felice nelle bettole, ma cessa d’improvviso con la morte di Enrico IV e l’ascesa al trono del figlio, il quale, negando tutte le aspettative di Falstaff, decide di rompere definitivamente con il proprio scapestrato passato nel nome del primato assoluto della corona.
Enrico IV è un capolavoro: per la mirabile unità tematica che s’impone pur in una struttura complessa; per l’ampiezza della vicenda rievocata e la moltitudine dei personaggi; per la straordinaria, virtuosistica ricchezza del linguaggio nell’alternarsi di prosa e di poesia. Mai come in Enrico IV Shakespeare ha saputo fondere la multiforme ricchezza cromatica del “chronicle play” con la forza dinamica del dramma storico, creando una realtà teatrale al tempo stesso molteplice e unitaria, in cui un unico tema – l’allegoria morale dell’ascesa e caduta dei potenti – viene modulato in chiavi diverse e messo a contrasto con il tema opposto e parallelo della caduta e del riscatto nei tre grandi protagonisti del dramma: re Enrico, sir Falstaff, l’immortale “prediletto della luna”, e l’amletico e istrionico principe di Galles (il futuro Enrico V), autentico centro focale dell’opera.
«Falstaff è uno dei pochi grandi personaggi essenzialmente buoni della letteratura drammatica. Tutta la commedia è giocata sui suoi grossolani difetti, ma non sono difetti tanto banali. Anche se i bei vecchi tempi non sono mai esistiti, il solo fatto che riusciamo a concepirli è un’affermazione dello spirito umano. Che l’immaginazione dell’uomo sia capace di creare il mito di tempi più aperti e generosi non è un segno della nostra follia. Shakespeare canta quel “maggio perduto” in molti suoi drammi, e Falstaff – quella vecchia canaglia di un mangione – lo incarna perfettamente. Tutta la canaglieria, le spiritosaggini da taverna, le bugie e le fanfaronate sono solo un tratto marginale del personaggio, solo una sua maniera di sposare il pranzo con la cena. Non sta lì, il vero Falstaff». Orson Welles
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Regia:
Marco Bernardi
Autore:
William Shakespeare