Prosa
ENRICO IV

Coprodotto da due teatri di m…

Coprodotto da due teatri di m…
Coprodotto da due teatri di massimo rilievo nazionale, questo lavoro si è misurato anzitutto con l’arduo progetto di ridurre due ponderosi drammi scespiriani ad un testo unitario da rappresentare in una sola serata. Oltre ad investire la sfera filologica – che ha portato a ritenere meno “importante” per una messa in scena attuale quel materiale drammaturgico più legato al tempo originario della rappresentazione – l’operazione ha concentrato l’impegno sulla selezione dei punti focali di un testo decisamente complesso. Bernardi ha scelto di far confluire la narrazione su due elementi principali: l’opposizione tra l’ambiente della corte, austero e formale, e quello della taverna, conviviale e plebeo; e l’evoluzione dei rapporti fra Enrico IV e il figlio Enrico, e tra quest’ultimo e Falstaff. La proposta scenica conseguente risulta piuttosto limpida: la scenografia, ancorché minimale, riproduce apertamente la severità del mondo regale, reso con un fondale nero e l’essenzialità geometrica del trono, in contrasto con l’interno della taverna, luminoso e più realistico. Le scelte di regia sono ben concentrate sulla messa in evidenza dei temi: eccellente Carlo Simoni a rendere un monarca nobilmente inquieto, oscuro come l’autorità che rappresenta, e bravissimo Corrado D’Elia ad interpretarne il doppio, con una fisicità aperta e squillante, anche se a volte arriva leggermente manierata; prezioso ed efficace il Falstaff di Paolo Bonacelli, sulla cui esecuzione vagamente stralunata e fortemente personale si appoggia spesso il ritmo della scena. Appena meno convincente la traduzione del testo scespiriano, non sempre omogenea a questo sistema coerente di segni; se da un lato, infatti, è marcata l’opposizione del registro “alto” e “basso” per i diversi contesti, dall’altro non si avverte una scelta compiuta sulla collocazione temporale della lingua, cosicché, ad esempio, in una stessa scena – quella della rapina – convivono senza troppa armonia espressioni desuete («fare scherzo», «sciaboletta molle») ed evidenti anacronismi («violenza psicologica»). Operazione culturale ammirevole – in Italia le messe in scena dell’Enrico IV di Shakespeare dal dopoguerra ad oggi si contano sulle dita di una mano – ed esito di buona qualità; il teatro immortale su cui non si sbaglia mai a scommettere. Teatro Bellini - Napoli, 27 febbraio 2007
Visto il
al Eliseo di Roma (RM)