Vecchi. Ed è un guardare perso di occhi negli occhi che non vedono più o vedono lontano, dove sta per finire la Vita, una vecchia signora che conosco vede sempre un treno che va, lei è giù dal treno, e questo treno va, va, ha 92 anni, è un guardare perso di occhi, i miei, che guardano occhi che guardano da un balcone le cose passate e le cose passare, che guardano tutto il giorno una piscina che si riempie e si svuota, che guardano i cani cagare, che contano i loro passi, certi occhi sono il luogo dove parlare della pioggia è parlare dell’oro e dell’incanto, sono un sedersi sulla panchina di un cimitero e un parlare coi propri fantasmi, pulirne i lineamenti, ricordare come era stato 50 anni prima, mia nonna dice che se anni fa avesse saputo la metà delle cose che sa adesso avrebbe fatto tutto diverso, e intanto piega e ripiega i suoi maglioni, pulisce e ripulisce la sala, incellofana i suoi telecomandi, i soprammobili, le sedie, perché non si sporchino, ha una sedia sul suo balcone e delle tende per il sole, le tende le abbassa, la sedia la sposta un po’ più in là, e da lì vede il mondo, mia nonna dice che ha dei sassolini da togliersi dalla scarpa, ma non è vero, perché mia nonna fa fatica a ricordare quei sassolini e perché quei sassolini fanno male a muoverli. Mio nonno era uno sciabattare al Gallaratese di sandali di plastica verso il Centro Commerciale Bonola a tirare in lungo i giorni, di spese, incontri, panchine, ora è morto, e quello che rimane sono le domande che non gli ho mai fatto. Tutto quello che avrei voluto sapere e non gli ho mai chiesto. La presunzione della giovinezza di sapere già tutto. Aveva 80 anni e fischiava sugli autobus. L’ultima cosa che ha mangiato nonostante la maschera dell’ossigeno e il pannolone, sono stati gli spaghetti con le vongole. Senza sugo, e con molto prezzemolo.
Quest’ultima cosa non è vera.
Renata Ciaravino
Leggi tutto
Leggi di meno