Capolavoro della cultura occidentale, Re Lear è una metafora sulla condizione umana che ingloba in sé temi molto concreti quali la vecchiaia e la pazzia, innanzitutto, ma anche l'ambizione individuale e la bramosia del potere, l'ingratitudine e la lussuria, mettendo in scena la tragedia della vita intesa come una "ferita mortale". Padre di tre figlie, il vecchio Lear decide di dividere tra di loro il proprio regno secondo il bene che queste dimostreranno di volergli e, credendo alle parole più che indagando i sentimenti, premia le avide e ipocrite Gonerilla e Regana, mentre ripudia l'orgogliosa e modesta Cordelia, la quale va in sposa senza dote al sovrano di Francia e sarà infine la vittima sacrificale della malvagità umana. Spogliato della corona, però, Lear inizia il suo viaggio, in compagnia del fedele buffone di corte (il più celebre "Fool" scespiriano), verso la tempesta della pazzia. Constatata a sue spese l'ingratitudine delle figlie maggiori, il vecchio re vaga per lande e foreste, avvolto in un tragico manto di dolore; mentre intorno a lui si scatena la lotta per il potere e si dirama la tragica storia parallela dell'amico Conte di Gloucester, sempre più in balia delle bieche macchinazioni di Edmund, suo ambizioso figlio bastardo.
«In un mondo come il nostro - annota il regista Antonio Calenda - in cui sempre più spesso dimentichi della realtà vera, dei valori più profondi, sembriamo inclini a giustificare qualsiasi cosa (la guerra, la violenza, la disonestà) attraverso una ridda di parole vuote, Re Lear si rivela un testo fortemente allusivo alla contemporaneità, capace di testimoniare con sorprendente intensità l'aporia che tuttora viviamo tra significante e significato, tra parola e sentimento, tra ciò che dichiariamo per convenienza e quanto invece si agita nell'oscurità del nostro animo. Nella figura poetica di Lear si intuisce il protagonista di una vicenda di dolenti contraddizioni, di virtù punite, di saggezza che sgorga dalla follia e dalla sofferenza, di cecità fisiche e morali che rendono impossibile addirittura ai padri leggere nel cuore dei figli. Un uomo dunque posto al centro di un universo di solitudine e illusione, in cui ogni certezza è precaria e in cui, con straordinaria precisione, si riflettono le angosce del tempo di Shakespeare e del nostro».
«Il Lear di Roberto Herlitzka, lontano dalla tradizione della patetica decrepitezza, è una pagina d'arte, dolce e perversa, sublime e straziata» scrive il critico di "Famiglia cristiana". E la prova del «magnifico» protagonista («superbo nel modo in cui mescola ironia e autoironia al dolore vero» annota "L'Unità") sta al centro del successo di pubblico e di critica di uno spettacolo sempre «attento all'interpretazione e al nucleo tragico della vicenda» ("La Repubblica"), che riporta in primo piano sui palcoscenici italiani un testo la cui grandezza è stata paragonata ora alla Nona sinfonia di Beethoven, ora al Parsifal di Wagner e ora al Giudizio universale di Michelangelo.
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Regia:
Antonio Calenda
Autore:
William Shakespeare