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L'EMPIREO

L’Empireo: un dramma corale al femminile che smonta il potere maschile

L’Empireo
L’Empireo

L’Empireo di Lucy Kirkwood: 13 donne in scena, con un solo uomo. E l’uomo stavolta non è il perno di tutto: è solo un comprimario, che per di più fa una pessima figura. La regia di Serena Sinigaglia restituisce in pieno lo scopo dell’autrice britannica nello scrivere questo dramma ambientato a metà del 700 nelle campagne inglesi: costruire un campionario di tipi umani e figure sociali fuori dal tempo, e quindi validi nel ‘700 come ai giorni nostri; perché le questioni sollevate sono universali. Lo spettacolo messo in scena da Sinigaglia con la dramaturg Monica Capuani è emozionante, divertente, coinvolgente.

Teatro.it Lempireo Arianna Scommegna Regia Sinigaglia 02

L'assassina è una donna che si gestisce da sé

Nel 1759 una ragazza ai margini della società viene condannata a morte per complicità in un infanticidio: una giuria composta da altre 12 donne deve stabilire se è incinta, e quindi se può temporaneamente evitare la forca. Nella giuria ci sono 12 tipi umani piuttosto consueti: stavolta però declinati al femminile. L’imputata è la peccatrice: trasgressiva, marginale, ribelle, colpevole non pentita. La sua sessualità fuori dalle regole la condanna alla diversità ma ne fa anche il simbolo di una nuova resistenza, un nuovo modo di essere donna, di autodeterminarsi. 

Nella giuria ci sono la donna razionale e istruita, la bigotta, la tradizionalista, la vittima che non riesce a far sentire la sua voce, la giovane immatura e ingenua, la donna cinica e pragmatica, e altre ancora. Ma sono tutte maschere, che poi cadono e rivelano altre verità. 

Ogni tipo umano è anche il suo contrario. Con i suoi personaggi Kirkwood ci fa riflettere su temi fuori dal tempo come il potere, la maternità, la giustizia, la colpa, la solidarietà: con un pendolo che oscilla tra la condanna e l’empatia, tra la scienza e la superstizione. E ci fa riflettere anche sul tema principale: i ruoli imposti alle donne - nel corso dei secoli - da una società dominata dagli uomini.

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L'uomo c'è, ma non conta nulla

Lo spettacolo è una grande prova di bravura per tutte le attrici. La scenografia, semplicemente, non c’è: la scenografia sono le stesse donne, con i loro severi abiti neri da lavoro, la loro mimica, la modulazione delle voci. Le vite di cui sono schiave, ciascuna a modo suo. Le 13 donne e l’uomo hanno una sedia ciascuno: a volte si alzano, fanno qualche passo, ma non ci sono movimenti scenici. Non ci sono protagoniste, i personaggi sono tutti alla pari.

 All’inizio sembra che le donne e l’unico uomo leggano dei fogli, fingendo di fare solo una lettura scenica: ma ben presto i fogli volano a terra, e gli attori iniziano a recitare. L’inviato del tribunale lascia il posto a un medico ginecologo, ma il risultato non cambia: il ruolo dell’uomo resta irrilevante e ininfluente.

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I cicli si ripetono, la vita delle donne non cambia

Ma perché intitolare “L’Empireo” questo dramma? L’Empireo secondo le antiche credenze è il più esterno dei cieli, e anche l’unico che non si muove: metafora non troppo complicata del fatto che i meccanismi che regolano le pulsioni e i comportamenti umani sono sempre gli stessi. 

Un’altra conferma arriva dal fatto che la Cometa di Halley, che come tutte le comete torna ciclicamente a farci visita, viene citata tre volte: i cicli si ripetono, il passaggio della cometa non fa alcun miracolo, la condizione femminile non cambia, e tutti i misteri sull’essere donna restano immutati. “È proprio strano - dice una delle protagoniste - che conosciamo il movimento di una cometa lontana migliaia di chilometri, e non sappiamo come funziona il corpo di una donna".

Visto il 08-04-2025
al Gustavo Modena di Genova (GE)