Nato nel 1980 ad Alberobello (Bari), diplomato nel 2006 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, Alessandro Intini torna in teatro - dopo le prove al cinema (Feisbum!; Oltre il mare) e in tv (Il Commissario Montalbano - La caccia al tesoro; Distretto di Polizia 8) - con "APNèA - Il tempo al centro del respiro", lo spettacolo scritto e diretto da Mauro Leonardi in scena alla Sala Uno di Roma (Piazza di Porta San Giovanni, 10), dal 23 aprile al 5 maggio alle ore 21.00 (domenica ore 18.30, riposo 1° maggio)
Una cella, un prigioniero, una sentenza. Un uomo che sente la fine avvicinarsi, quasi come una liberazione, e nell'attesa fa i conti con se stesso: l’amore, la famiglia, l’amicizia. APNèA, che sulle prime sembra raccontare l’ultima ora di vita di un condannato, segue il flusso di pensieri di un personaggio costretto in una prigionia più metaforica che reale, della quale sente approssimarsi la fine, in un percorso che avvicina lui e il pubblico alla consapevolezza della sua reale condizione.
Ricordi, immagini, emozioni, flashback, sono vissuti nella sospensione di un movimento respiratorio, l’apnea, dove fra un’inspirazione e la sua espirazione ci può essere spazio per una vita intera. Il protagonista si muove in uno spazio onirico ma concreto, claustrofobico ma anche sconfinato, familiare eppure ancora tutto da scoprire. Lo accompagnano due danz-attori, interlocutori muti e senza volto, che acquistano identità grazie al racconto di una vita che cerca il proprio senso mentre si avvia alla conclusione.
Ma se la vita come la conosciamo è ormai lontana e la morte non è ancora arrivata, se il passaggio, anziché un momento, diventa una condizione duratura, questa condizione è una prigione o è una prova di immortalità? In quell’attimo sospeso echeggia a volte il silenzio divino di fronte al dolore umano, e si rimane in attesa, ma quanto può durare l’apnea quando l’uomo si sostituisce a Dio, credendosi onnipotente mentre è più mortale che mai?
«Ciò che mi ha colpito del testo - spiega Intini - e su cui ho lavorato cercando di portare un mio contributo personale, è stato sin da subito l'idea di trasportare un tema d'attualità - al centro di battaglie ideologiche anche aspre - su un terreno più intimo, in cui tutti potessero riconoscersi. E così abbiamo pensato di fare del protagonista un "prigioniero" ancora incredibilmente pieno di possibilità, soggetto agli scherzi della memoria e alle sensazioni del corpo, tutte cose da cui è necessario affrancarsi per ritornare a essere liberi».