Teatro

Brecht incontra il Musical nell' 'L'Opera da tre soldi' al NTFI

Brecht incontra il Musical nell' 'L'Opera da tre soldi'  al NTFI

13, 14, 15 e 16 luglio: quattro serate di sold out per quello che si preannunciava già da mesi come l’evento teatrale di questo Napoli Teatro Festival Italia: “L’Opera da Tre Soldi” firmata Luca De Fusco con protagonista Massimo Ranieri, di cui la nostra testata è stata media-partner. Le grandi aspettative che, con le grandi polemiche, hanno preceduto ed accompagnato la prima del 13 luglio, hanno portato ad affollare il pubblico gli spalti creati per il festival nel cortile del Real Albergo dei Poveri che ha ospitato lo spettacolo, pubblico napoletano che abitualmente assiste agli spettacoli teatrali in città, pubblico occasionale, attratto dal nome del protagonista, pubblico di “addetti ai lavori”ed  ospiti d’eccezione, tra cui il neo-sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il presidente della Campania dei Festival, nonché assessore regionale alla cultura, Caterina Miraglia, il regista teatrale Maurizio Scaparro, il musicista Gianni Togni, l’attrice Dalia Frediani (che fu Polly Peachum nell’edizione dell’”Opera da tre soldi” firmata nel 1988 da Tato Russo), l’attore e regista Geppy Glejeses (direttore del Teatro Q uirino di Roma), il regista Rai Gerardo D’Andrea (direttore artistico del Positano Teatro Festival). Applauditissime le performance dei protagonisti: Ranieri è un Makie Messer iperenergetico, danza e canta benissimo come sempre, e, per l’appunto, interpreta il suo personaggio con maggior convinzione nelle scene musicali e nel coinvolgente finale, nel quale, privato da trucchi ed orpelli, mette in scena una verità che torna a diventare finzione nell’epilogo definitivo, siglato dal volutamente forzato happy end. La compagine femminile della compagnia risulta tutta convincente, da Gaia Aprea, la quale realizza il suo sogno di interpretare Polly utilizzando alla meglio le sue ottime doti interpretative e canore, dimostrando una fedele aderenza con personaggio ed autore ed assolutamente a suo agio cone le difficili musiche di Kurt Wheil, Margherita Di Rauso, una signora Peachum tra Brecht e Tim Burton, ottimamente caratterizzata nella recitazione e nel canto, ed Angela De Matteo, straordinariamente convincente nel ruolo di Lucy Brown, dalle eccellenti doti canore (uno dei momenti migliori e più vivaci dello spettacolo è il suo duetto con l'Aprea). Un discorso a parte merita, sul versante femminile, la suggestiva interpretazione che Lina Sastri dà di Jenny delle Spelonche, personalissima nel calore mediterraneo, in cui dolore e disincanto si accompagnano ad una passionale interpretazione canora, il suo ingresso in scena, alla metà del secondo atto, rappresenta l'acme emozionale dello spettacolo. Completano il cast dei “solisti” il bravo Ugo Maria Morosi, la cui interpretazione di Peachum risulta, forse, un po’ troppo minimale rispetto alle sue potenzialità interpretative ed a quelle del personaggio, vero motore della vicenda,e  Paolo Serra, Brown la Tigre. Il cast di ventiquattro attori è composto, inoltre, da un nutrito gruppo di interpreti che sia nel canto che nella recitazione hanno dimostrato ottime capacità, tra questi ci piace ricordare i “gangster” Mario Zinno, Ivano Schiavi e Luca Saccoia. Nella sua regia De Fusco, emozionato come non l’abbiamo mai visto, evidenzia soprattutto i momenti spettacolari, uno per tutti l’utilizzo della scenografia, che riproduce la facciata dello stesso Albergo dei Poveri (ad opera di Fabrizio Plessi) con le prostitute incasellate nelle singole finestre incorniciate dalle lampadine, risultando così lo spettacolo un imponente musical, piuttosto che uno strumento di denuncia politica, la quale appare storicizzata e diviene così un elemento accessorio alla narrazione. Il pubblico festoso ha salutato con straripanti applausi gli interpreti, il regista e l’Orchestra del Teatro San Carlo che ha eseguito le musiche diretta da Francesco Lanzillotta. Uno spettacolo che ha fatto parlare già nei mesi precedenti alla rappresentazione, e noi ci auguriamo che se ne parli ancora per molto, nel bene e nel male, ma che ciò avvenga sui dati artistici e non sui 740 di regista ed interpreti: il teatro non ne gioverebbe.