Arriva il 12 novembre al Teatro della Luna di Milano, dopo il debutto con oltre 10 minuti di applausi e unanime consenso di pubblico e critica al Todi Festival la scorsa estate, il nuovo allestimento di CABARET, spettacolo molto caro al regista Saverio Marconi, che lo aveva già portato in scena con due edizioni precedenti molto diverse tra loro.
Giampiero Ingrassia si cimenta in un ruolo completamente differente dalla comicità del Dottor Frankenstein, che ha portato con successo in tour con la Rancia per ben tre stagioni. Il Maestro di Cerimonie prende vita solo sul palcoscenico del Kit Kat Klub ed è il filo conduttore che rappresenta l’aspetto ludico della storia - vuole che tutti si divertano per dimenticare i problemi che esistono realmente - e allo stesso tempo quello ambiguo e stravagante. Un personaggio ammiccante, ammaliante, tentatore, che apre agli spettatori le porte del club berlinese, sempre pronto a ridere e scherzare, macon una morale corrotta e decadente, sottolineata anche dal trucco sapiente (un misto tra Joker, il Corvo e il cantante dei Kiss Gene Simmons), una maschera che trasuda inquietudine. Ingrassia recita ma soprattutto canta, con un momento di particolare intensità in I Don’t Care Much/Non importa. E nell’invito del Maestro di Cerimonie agli spettatori ad affrontare la realtà e ad abbandonare l’indifferenza è racchiuso il senso profondo dello spettacolo: “Vi emozionerete, piangerete, sicuramente, e vi farete molte domande”.
Fragile ed evanescente, Sally Bowles (Giulia Ottonello) è la giovane stella del Kit Kat Club, che inizia una relazione tempestosa con il giovane romanziere americano in cerca di ispirazione Cliff Bradshaw (Mauro Simone). E, mentre Sally sogna di diventare una grande attrice, fuori dalla porta del trasgressivo Kit Kat Klub il mondo va in frantumi.
Nella Berlino dei primi anni Trenta, sullo sfondo dell’avvento del nazismo, si intrecciano così le storie degli altri personaggi (l’austera Fräulein Schneider/Altea Russo e il timido e riservato ebreo Herr Schultz/Michele Renzullo, costretti loro malgrado a separarsi; la libertina Fräulein Kost/Valentina Gullace e il nazista Ernst Ludwig/Alessandro Di Giulio) mentre sulla Germania sta per abbattersi la furia hitleriana.
La vita è un cabaret, canta Sally Bowles sul finale dello spettacolo, ma nel celeberrimo brano – cui Giulia Ottonello dona straordinaria vocalità e, allo stesso tempo, profonda drammaticità – esplodono i tormenti, le aspirazioni fallite, il tentativo di cercare spensieratezza anche quando il dramma incombe.
Saranno le ultime battute di Cliff a preludere al tragico epilogo: “C’era un cabaret ed un presentatore e una città chiamata Berlino in un paese chiamato Germania, ed era la fine del mondo”. E per il Maestro di Cerimonie non resta che un ultimo saluto: Auf Wiedersehen.
Questo nuovo allestimento di Cabaret (il terzo per la Compagnia della Rancia dopo le edizioni del 1992 e del 2007) è amaro, duro, toccante: è teatro nel teatro, con una scenografia che “invade” il palcoscenico, firmata da Gabriele Moreschi e dallo stesso Saverio Marconi. Eleganti e frutto di ricerca storica i costumi di Carla Accoramboni, che, insieme al disegno luci di Valerio Tiberi, regalano allo spettacolo atmosfere ora intense ora quasi sospese. Tra le coreografie di Gillian Bruce spicca la travolgente Mein Herr, in cui la voce di Giulia Ottonello si fonde con le sensuali interpretazioni delle ragazze del cabaret (Ilaria Suss, Nadia Scherani, Marta Belloni); completano il cast Andrea Verzicco e Gianluca Pilla.
Cabaret vanta una colonna sonora straordinaria, a diritto entrata nel patrimonio dei musical grazie a brani intramontabili come Wilkommen, Money, Maybe This Time (Questa volta) e Life is a Cabaret (La vita è un cabaret) eseguiti a Milano dall’orchestra dal vivo diretta da Riccardo Di Paola, anche al pianoforte; la supervisione musicale è di Marco Iacomelli, il disegno fonico di Enrico Porcelli. Repliche fino al 22 novembre e poi in tour in Italia fino ad aprile 2016.