Questa pubblicazione, realizzata da Fabiana Sciarelli e Walter Tortorella in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ufficio Studi e Osservatorio dello Spettacolo e la Fondazione Rosselli, è un lavoro interessante per molti aspetti. Intanto è più che meritoria l’intenzione dell’opera che vuole colmare una lacuna storica nel panorama italiano: l’indagine e gli studi di settore relativi alla cultura teatrale nel nostro paese. Le statistiche e i dati certi sul panorama del consumo, dei generi, dei gusti del pubblico e delle imprese di produzione è un ambito di ricerca ancora allo stadio pionieristico; non solo non si pubblicano studi socio economici attendibili sul tema, ma diventa anche estremamente arduo recuperare i dati da analizzare e commentare, poiché mancano addirittura gli organismi di rilevamento oggettivo dei numeri, nonché di confronto omogeneo tra essi. Gli stessi operatori del settore si devono accontentare di notizie raccolte e diffuse dal “giornale dello spettacolo” settimanale edito dall’Agis, rivista di “categoria” distribuita in 14000 copie, solo rigorosamente ed esclusivamente ai “soci”, che analizza quasi esclusivamente i dati forniti dalle grandi distribuzioni associate ad essa; oppure possono andare alla disperata ricerca di dati alla S.I.A.E. che non è in grado neanche di analizzare sé stessa né di tenere il conto del numero degli assunti e raccomandati del suo baraccone (pare che sia stata abolita anche l’unica pubblicazione di riferimento intitolata “Lo spettacolo in Italia” che la S.I.A.E. pubblicava con i dati dei finanziamenti pubblici F.U.S. e delle produzioni)
Anche se la piacevolezza della lettura è sacrificata all’esposizione pedante dei dati, la rarità delle statistiche sull’età media dei frequentatori delle sale di prosa o sulla tipologia di spettacoli di cui l’italiano medio acquista il biglietto, nonché la differenza del numero di teatri tra nord e sud, è qualcosa che riesce a rapire l’attenzione almeno degli addetti ai lavori. L’esposizione dei dati numerici, dei grafici e delle statistiche è preceduta da una serie di brevi saggi su argomenti d’attualità che affrontano il problema anticipato dal titolo “Il pubblico del teatro in Italia”.
La presentazione al testo redatta dall’allora Ministro Giuliano Urbani è quanto meno visionaria: cito testualmente: “... oggi possiamo dire che l’Italia è ritornata ad essere un importante palcoscenico internazionale. La produzione di spettacolo è aumentata e migliorata sensibilmente...Il teatro di prosa ha iniziato a produrre testi drammaturgici nuovi e spettacoli di qualità elevata. La musica ha visto il rinascere di stagioni e di festival importanti sopiti nel tempo...Eppure il consumo teatrale in questi anni non ha seguito la complessiva crescita del settore né ha registrato un incremento direttamente proporzionale all’aumento della popolazione”. Urbani dunque si stupisce della crisi di pubblico che attraversa il teatro di prosa in Italia. Forse non sa che nulla è stato fatto per il rilancio del settore da parte del suo governo? Forse ignora che la volgare televisione idolatra il calcio e rifiuta ogni programmazione di educazione o intrattenimento teatrale? Non ha visto che il pubblico scappa a causa dell’ammuffire delle stagioni nei cartelloni stantii e ripetitivi dei costosissimi teatri stabili pubblici? Non ha capito che il libero mercato nel teatro non esiste e che le produzioni private non riescono ad entrare nel mercato a causa di protezioni e mafie a livello di direzioni artistiche e di amministrazioni dei teatri comunali e dei “circuiti” blindati, protetti e finanziati? Una politica “leggera” come si conviene ad uno Stato liberale vuole dire meno assistenzialismo, meno copertura dei passivi e delle inattività, ma garanzia di libero mercato e di politiche meritocratiche. Forse tutto questo discorso è più chiarificatore dei motivi dell’allontanamento del pubblico dai teatri italiani di quanto lo siano gli studi analitici ed accademici che il libro in questione effettua.
certo, conoscere il pubblico è importante per interrogarsi sul futuro del teatro in Italia e sui suoi margini di crescita, conoscere gli aspetti e le forme della produzione è indispensabile per operare interventi significativi. Ottime sono le riflessioni che il testo propone sui ritardi nello studio delle strategie di marketing dello spettacolo e sulla difficoltà di introdurre lo studio e la pratica del teatro nelle scuole. Importanti molti altri dati riguardanti le modalità di acquisto dei biglietti, la frequenza di fruizione teatrale distinta tra uomini e donne e gli ulteriori dati ordinati in tabelle.
Tuttavia, ciò che viene da pensare alla fine della lettura di questo libro è che chi studia il teatro può catalogare questi dati ed interrogarsi sulla crisi del settore, girando e rigirando indagini, formule e numeri; ma chi lavora nel teatro di tutta questa carta non sa che farsene perchè quello che nel teatro italiano è venuto a mancare è stata la serietà, la verità, la cultura, l’emozione. Il pubblico lo sa, e non è più disposto a pagare un biglietto per avere in cambio la superficialità, l’arroganza e la volgarità che trova gratis ovunque intorno a lui.
La vera svolta si avrà solamente quando le produzioni saranno di nuovo motivate a considerare come elemento prioritario il pubblico fatto di veri spettatori, piuttosto che il Ministero o le politiche di scambio dei circuiti.
Il pubblico del teatro in Italia
Fabiana Sciarelli Walter Tortorella
Edizioni Electa Napoli 2004
Teatro