Teatro

Il teatro incontra la cucina nel nuovo spettacolo di Giancarlo Cosentino

Il teatro incontra la cucina nel nuovo spettacolo di Giancarlo Cosentino

Si chiama “genovese”, ma attenzione, con il capoluogo ligure non c’entra nulla, è, infatti, uno dei piatti della tradizione più antica della cucina napoletana, una sorta di “ragù” senza pomodoro: tanta cipolla e pezzi da carne scelti con cura vengono messi a rosolare per ore fino ad ottenere un sugo bruno e gustosissimo con cui condire la pasta, preferibilmente mezzani, ma anche zite o bucatini. La genovese, da stasera, sarà anche la protagonista di una singolare piéce teatrale che,  scritta da Rosi Padovani e prodotta da Loro di Napoli di Maria Varriale De Curtis, rappresenterà un gustoso anticipo all’abbuffata natalizia prossima a venire ed un modo divertente, per il pubblico che andrà ad assistere allo spettacolo al Teatro Sannazzaro di Napoli, per trascorrere una serata tra teatro e degustazione culinaria, con questa che è una vera e propria commedia che racconta una storia di amore e cucina con un divertente colpo di scena che non anticipiamo.


Abbiamo parlato di questo interessante e divertente progetto teatrale con il regista Giancarlo Cosentino, che ne è anche interprete con Sonia Prota, Ornella Varchetta e Sergio Caporaso

Com’è nata l’idea di unire due arti così diverse come il Teatro e la gastronomia?
Bisogna dare il giusto merito a Rosi Padovani, che ha deciso di fare il grande passo, dopo aver scritto una serie di racconti culinari, legati a ricordi di famiglia: e Rosi mi ha concesso il privilegio di leggere la prima stesura de La genovese, anzi ancora prima un “embrione” del Ragù, nella cui scrittura ho colto uno slancio e una sincerità che compensavano la mancanza di esperienza nel campo della drammaturgia, in alcuni passaggi mi venivano in mente alcune commedie del teatro minimalista contemporaneo, in particolare "Dialogo” di Natalia Ginzburg, o alcune situazioni create da Michel Vinaver: i suoi personaggi spesso parlano di grossi problemi esistenziali mentre svolgono azioni quotidiane come quelle del cucinare e condividere la tavola con persone care.
Se sono sufficienti due persone per “fare Teatro”, altrettanto si potrà affermare riguardo la gastronomia,  anche se preferisco chiamarla “arte culinaria”, in cui c’è una parte creativa e un’altra ricettiva che hanno bisogno di trovare un punto di incontro, e quando questo avviene, quando il gusto di chi prepara e di chi assapora coincide (e non vale anche per il Teatro?) allora si può affermare che lo “spettacolo” ha avuto successo, grazie a tutti i partecipanti, e la condizione che siano tutti ben predisposti non è affatto marginale.

Come hanno reagito gli attori nel dover affrontare questo duplice ruolo?
Con grande divertimento e curiosità per un genere fin qui mai frequentato. Tra gli attori mi ci metto anch’io: con le mie compagne di scena, ne ho avuto quattro diverse solo per la Genovese, si è creata una complicità ancora maggiore, rispetto a quella che quasi sempre nasce tra colleghi, addirittura è nato un ammirevole spirito di solidarietà per aiutare chi, avendo poca dimestichezza con azioni tipo stappare una bottiglia di vino o affettare una carota, a malapena riusciva a destreggiarsi tra “misteriosi” utensili da cucina come il cavatappi e la mezzaluna. Non dirò neanche sotto tortura il nome o i nomi degli inesperti, però da regista ho cercato di lavorare (con la consulenza tecnica di Rosi) sulla manualità di ciascun interprete. E ovviamente ogni gesto richiederà grande attenzione e “presenza di spirito” per eventuali imprevisti che possano sorgere durante le varie fasi della preparazione della pietanza.

Da regista, quale difficoltà ha trovato nel dover dirigere i suoi attori – cuochi?
I gesti, le pause, i tempi teatrali che a volte possono essere dissonanti rispetto a quelli realistici della cucina, sono stati oggetto di meticolose prove, e devo dire che rispetto ad altri allestimenti il fattore “attrezzeria” è fondamentale, anche se, ripeto, l’evento imprevedibile è sempre dietro l’angolo e quindi va allenata la nostra capacità di improvvisare, che diventa ancora più determinante se si pensa che in una parte dello spettacolo è prevista anche la presenza sul palco di alcuni spettatori.


Le storie che compongono la drammaturgia degli spettacoli hanno possibilità anche di vivere i luce propria, o sono pensate esclusivamente per convivere con la preparazione dei piatti?
Io penso che l’efficacia del progetto “Teatro in cucina” derivi proprio dall’ambientazione in cui si sviluppano le storie. Nel caso della Genovese, per il pubblico, che è preparato a seguire un corso di cucina, sarà all’inizio un po’ spiazzante dover assistere al confronto tra i due  coniugi, ma poi le allusioni,  gli scatti d’ira, le rivelazioni, le richieste di perdono che si alterneranno alla comunicazione didattica sulla ricetta, invaderanno sempre di più la scena e il pubblico avrà la sensazione di spiare dal buco della serratura, sarà testimone della movimentata vita di coppia che è il filo conduttore della commedia, mentre il rito della preparazione della Genovese fa da sfondo. Mentre lo dico penso anche che è la Genovese, in realtà, il vero filo conduttore e la storia è giusto che si definisca man mano tra pentole e cipolle. Quindi, sono storie che possono tranquillamente avere vita propria, così come un corso di cucina può essere legittimamente autonomo e avere un suo pubblico. I due “ingredienti” possono tranquillamente coesistere, anzi irrobustiscono la melodia di ogni singolo percorso con l’armonia delle mille sfumature di cui è piena la vita.  
La Genovese, il Ragù, quindi la Parmigiana di melanzane: tre piatti tipici della tradizione culinaria Napoletana. Pensa che il “format” del Teatro in Cucina abbia un’identità esclusivamente partenopea?
Penso che abbia trovato una naturale, originale gestazione e nascita a Napoli, dove hanno inventato il piatto più popolare del mondo, la pizza margherita. Ma, ne abbiamo già parlato con Rosi e Maria Varriale de Loro di Napoli, sarebbe bello esportare questo genere teatrale, e magari creare un gemellaggio con città del nord Italia, ma anche, attraverso gli istituti di cultura, raggiungere le comunità italiane all’estero, costruire e rappresentare storie e personaggi che insegnino ricette delle città in cui si presentano gli spettacoli, o anche sarebbe interessante vedere le trasformazioni che, dall’incontro con altre tradizioni gastronomiche, hanno subìto alcune pietanze famose del nostro Paese. Io, parlando con una mia amica della Baviera, che tra l’altro cucina benissimo, mi sono divertito a pensare cosa potrebbe venir fuori da una nostra collaborazione nel campo culinario e teatrale, anche solo immaginando un tedesco di Baviera che cucina la parmigiana e un napoletano che impara la ricetta di quelle polpette giganti che si chiamano Knodeln.


Facciamo un gioco: Se dovesse abbinare dei piatti a classici della letteratura teatrale, quali sceglierebbe?
Finalmente! Era da tanto che aspettavo mi facessero una domanda del genere: certo, se fossimo tutti in un salotto, io, lei, l’autrice, la produttrice, i colleghi Sonia Prota, Ornella Varchetta e Sergio Caporaso, sarebbe divertente fare un giro di interventi, e come nei giochi di società avere solo qualche secondo per pensare e dare una risposta. Io allora se permette, le do a raffica le mie risposte sui titoli proposti (naturalmente spaziando anche su pietanze gustate in varie città durante le tournée):

La Mandragola
Fegato alla veneziana

La Locandiera
Penne al tartufo bianco

Il berretto a sonagli
Risotto allo zafferano

Sogno di una notte di mezza estate
Frittelle di baccalà con uvetta

Casa di bambola
Carciofi tappati alla siciliana

Fuori concorso, un testo che amo molto, Peer Gynt, di Ibsen, al quale collego la ricetta super di Astrid (la mia amica bavarese): Kasspatzle, ovvero tocchetti di farina col formaggio, cui si può aggiungere pezzetti di carne in salsa chiara con tante cipolle (giusto per tornare alla nostra protagonista).

Mi permetta una citazione dal Peer Gynt: (Prende una cipolla e la sbuccia, un velo per volta)  "Che quantità prodigiosa di pellicole! Non apparirà finalmente il nocciolo?Niente affatto! Fino al centro, non son che strati e strati… solo sempre più piccoli."