Teatro

La scortecata: una favola barocca al Teatro Modena di Genova

La scortecata: una favola barocca al Teatro Modena di Genova

Nella sala di Sampierdarena una versione aggiornata de “La scorticata”, sulle note di Massimo Ranieri e Pino Daniele.

Un tema sempre attuale, il mito dell’eterna giovinezza, l’incapacità di invecchiare, la bellezza inseguita rovinosamente a dispetto di ogni limite, va in scena avviluppato nei drappi di una favola barocca e accompagnato da echi ancestrali. “La scorticata”, al teatro Modena di Sampierdarena (Genova) il 26 e 27 gennaio, è stata tratta da Emma Dante dal “Pentamerone” o “Cunto delli cunti” di Giovan Battista Basile.

Allusioni oscene in napoletano secentesco

Se al cinema Matteo Garrone utilizzava la fiabe scritte nel Seicento dal letterato campano in chiave di fantasy noir, Emma Dante ne accentua la partitura grottesca affidando le parti delle sue sorelle, della fata, del re a due interpreti maschili, Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola, che fondano la riconoscibilità dei personaggi su una serie di allusioni sceniche, oltre che ai toni. In un napoletano mixato con quello seicentesco dell’autore, non esente da allusioni oscene che sono poi un’altra faccia della violenza, il racconto procede con svolgimento inquietante.

La trama

Due sorelle cariche d’anni, Carolina e Rusinella, vivono chiuse in una catapecchia: all’esterno filtra soltanto la loro voce. Un re, passando da quelle parti, si innamora di una di loro che, lasciandosi trascinare dall’illusione di essere ancora ragazza, ricorre all’inganno. Prima lascia uscire da una crepa della porta soltanto il suo dito mignolo, levigato fino al tormento, poi lo riceve al buio, nascosta sotto un lenzuolo. Quando lo spasimante si accorge dell’inganno, inorridito alla sua vista , la scaraventa da una finestra. Una fata pietosa la salva e le regala la tanto sospirata bellezza con la quale potrà conquistare il re. La sorella non si rassegna, nella speranza di avere lo stesso destino, non esita a farsi raschiare dal corpo tutta la pelle incartapecorita.

La fisicità degli attori si stagliano su una scena semplice, quattro sedie e un castello di carta illuminati da Christian Zucaro, e sono accompagnate da note della tradizione pop: “Mambo italiano”, “Reginella” nella versione di un giovane Massimo Ranieri, ma anche l’indimenticabile Pino Daniele.