Un poeta che muore per la libertà, non muore mai. E’ questo il destino di Federico Garcia Lorca, simbolo della letteratura spagnola e della cultura contemporanea, conosciuto in tutto il mondo per la sua poetica incentrata sui temi della morte e del destino e apprezzato per il suo stile che mescola una raffinata cifra surrealista ad elementi della tradizione popolare andalusa.
La cronaca racconta questo. All’alba del 19 agosto 1936, Federico Garcia Lorca venne fucilato, per ordine del nascente regime franchista a Viznar, nelle campagne nei pressi di Granada. Fu un atto di “pulizia sociale”. Con la sua morte, i nuovi dittatori vollero cancellare in un solo colpo la libera espressione e i principi repubblicani. Da quel giorno, lo scrittore e drammaturgo andaluso e le vicende legate alla sua morte, non hanno mai avuto fine. Il suo decesso è stato argomento di numerosi studi e dibattiti, ha appassionato storici ed è stato avvicendato dalla scoperta, di volta in volta, di nuovi documenti e testimonianze inedite. Federico Garcia Lorca viene fatto morire ogni qualvolta che il mondo dei vivi ha bisogno di rievocare un simbolo di rivendicazione sociale, per questo piuttosto di morte, potremmo chiamarle le “morti” di Lorca. E’ successo con la Spagna post franchista e quella che più di recente ha attraversato la crisi economica. Succede adesso in tema di battaglie civili per gli omosessuali. Federico Garcia Lorca era un uomo di successo, dirigeva una compagnia teatrale e recitava. Ma Lorca era anche un omosessuale, giovanissimo amante di Salvador Dalí ed è sotto questa luce interpretativa che si snoda l’ultimo lavoro di TeatroSenzatempo per la regia Antonio Nobili. Nel 2010, si è scoperto un poema inedito del grande autore insieme al nome del suo ultimo amante Juan Ramirez De Lucas, critico d’arte e giornalista, svelato dopo che lo stesso è deceduto, lasciando in eredità alla sorella i suoi ricordi amorosi.
Il saggio “Le ultime 13 ore di García Lorca” pubblicato nel 2011, è il testo che racconta la versione ultima e che svela tanti particolari di quella morte annunciata. L’autore Miguel Caballero lo ha pubblicato dopo aver condotto 15 anni di ricerche, tra cui interviste alla gente del luogo dell’esecuzione e la decifrazione di lettere e manoscritti ed ha portato alla luce una miriade di elementi nuovi, svelando, tra l’altro, gli esecutori del delitto. «Il sole non era ancora sorto, c'erano appena 16 gradi e sei boia franchisti portavano le loro vittime su due auto verso la campagna. Racconta il giornalista Andrea Nicastro sul Corriere.it citando un verso del saggio. Il capo pattuglia Mariano Ajenjo Moreno, nato in una famiglia di braccianti, con 10 fratelli di cui 5 morti bambini, era «spietato, insensibile, perfetto come boia». Tutti agirono agli ordini del capitano Nestares, con la promessa di una promozione e di un compenso. Trecento «denari» più l'avanzamento di grado andarono al «cugino» di García Lorca Antonio Benavides, che era tra gli assassini.
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