Teatro

L'operetta dark di Mauri-Saccoia

L'operetta dark di Mauri-Saccoia

“L’anima buona di Lucignolo. Nel ventre del pescecane”, chiude il “345 Napoli Fringe Festival 2013”, ala giovane del Napoli Teatro Festival Italia, nato nel 2009 per offrire alle compagnie più giovani occasioni di espressione e visibilità, realizzato in collaborazione con l’Associazione “Interno 5” che ne cura l’organizzazione e la produzione esecutiva.
Lo spettacolo, selezionato per il debutto in anteprima a Benevento Città Spettacolo 2012, è definito sul programma di sala “operetta dark”, poiché molte parti di esso sono cantate e accompagnate da musica dal vivo, dunque ci troviamo di fronte ad una formula più complessa rispetto ad un testo di prosa pura e semplice. E complessa è anche la scrittura di questa che definirei “favola noir” che pur prendendo lo spunto dalla nota fiaba collodiana se ne distacca ampiamente.
Dei personaggi di “Pinocchio” rimangono solo Lucignolo e l’Omino di Burro, il Direttore del Circo, lo stesso Pinocchio, in qualità di “ciuchino” viene raccontato.
Qui si parla di quando Pinocchio e Lucignolo vengono trasformati in asini (dopo il paese dei balocchi) e venduti dal terrificante Omino di Burro ad un circo (mentre nella favola di Collodi è solo Pinocchio ad essere venduto al Circo). Da questo punto parte la drammaturgia di Claudio B. Lauri che trasforma quella trance della fiaba in un vero e proprio  racconto a sé stante, un racconto teatrale, poiché l’interessante stesura di questo giovane autore, pur dando corpo alla teatralità del proprio assunto non ne dimentica echi letterari. Anzi. Per cui ne viene fuori un ordito che si può ascoltare, oltre che vedere, come si sfogliassero pagine di una storia. Ed infatti il testo è stato recentemente edito da Caracò edizioni, ed è stato definito dall’autore “al contempo, libro e libretto” poiché da una parte rappresenta un classico testo da leggere, dall’altra contiene la sceneggiatura originale dell’operetta.
Di certo il testo è intrigante perché, come si diceva, ci troviamo di fronte ad una scrittura che non trascura gli elementi fondamentali della letterarietà, pur innestandosi nella drammaturgia, creando il climax  giusto di questa storia, ripetiamo, che ha tutto per essere classificata nel genere del “noir favolistico”.  Nel contempo ha la finalità di trasformarsi in una piéce teatrale, in una operetta, in un musical che si ispira ai modelli americani, anche cinematografici.
“Nel ventre scuro di un circo in rovina –recita il programma di sala - il vecchio Direttore canta, al ritmo del jazz degli animali morenti, la storia dei ciuchini volanti, Pinocchio e Lucignolo, che furono fratelli di sangue e rivali in amore, quel demone che semina discordie e arma gli eserciti. Pinocchio resta però sullo sfondo, in questo spin-off rischiarato appena dal torpore tetro delle lampadine al tungsteno, eco dello splendore di un tempo, memoria e rabbia per un inganno mai sopito.”
Il Direttore del circo (Luca Saccoia), ormai vecchio racconta di come Pinocchio e Lucignolo, siano arrivati nel suo circo a rimpolpare le fila dei ciuchini che si esibivano sotto il tendone. Mentre Pinocchio  diventa una star, Lucignolo langue tra i rifiutati, fino a che non arriva un personaggio femminile di cui tutti e due s’innamorano. La sorte nera si accanisce contro Pinocchio che si spezza una zampa ed allora Lucignolo si trasformerà in star del circo realizzando il riscatto agognato. Ma il finale è tragico: Pinocchio forse seguirà la sorte di tutti i ciuchini inservibili, cioè ucciso e cucinato dall’Omino di Burro e Lucignolo, che ormai ha perso anche l’amore, ucciderà a sua volta l’Omino di Burro trasformandosi da vittima in carnefice. Così prenderà il posto del terribile personaggio nel procacciare ciuchini al circo. Una parabola circolare, come si nota, quasi una storia di formazione ma all’incontrario, nella migliore tradizione alla Stephen King.
Però tutta questa trama complessa,  forse proprio a causa della maggiore letterarietà della piéce, talvolta non giova alla messinscena, che in alcuni momenti perde il ritmo all’azione e non sempre si snoda con fluidità scenica.
Bisogna sottolineare il lavoro degli attori che si distinguono anche come ottimi cantanti. Da Luca Saccoia (il Direttore), bravo e incisivo nella trasformazione del vecchio Direttore, non tralascia l’ironia nel tratteggiare questo “cattivo” che ricorda i personaggi negativi di Charles Dickens: narratore e partecipe della vicenda che si dipana nel ricordo attraverso flash back. Saccoia cura anche una regia che dai canoni classici. Ancora il bravo Mario Zinno (Lucignolo), imprime carattere alla operetta con la sua ottima voce ed Enzo Attanasio nel cattivissimo Omino di Burro. Con loro in scena gli ottimi musicisti: Carmine Brachi (batteria, percussioni), Francesco Gallo (strumenti a fiato), Luca Toller (piano).
Suggestive le scene di Francesco Felaco, i costumi di Gina Oliva, le maschere di cartapesta di Claudio Cuomo, le luci di Luigi Biondi/Giuseppe Di Lorenzo, e le belle musiche originali di Luca Toller, che spaziano da influssi americani jazz, a songs alla Kurt Weill.  Un progetto, questo di “L’anima buona di Lucignolo”, che probabilmente non si fermerà solo all’esperienza teatrale e alla pubblicazione del testo, ma dovrebbe, successivamente, investire anche il cinema, come ha affermato lo stesso Luca Saccoia, che auspichiamo.  Calorosi applausi finali.