Il compositore Félicien David, nato a Cadenet in Provenza nel 1810, si pone come una delle figure centrali della musica francese di metà Ottocento. Talento musicale assai precoce, rimasto a cinque anni orfano del padre e senza mezzi, potè in qualche modo studiare musica cantando nel coro della Cattedrale di Saint-Sauveur in Aix-en-Provence, e formarsi culturalmente grazie ad una borsa di studio presso il locale Collegio dei Gesuiti. Abbandonati dopo tre anni gli studi umanistici per dedicarsi interante alla musica, trovò impiego come secondo direttore d’orchestra nel locale teatro, ed ottenne nel 1829 il posto di maestro di cappella proprio a Saint-Sauveur, incarico che gli fornì l’incentivo a comporre vari pezzi di carattere religioso.
Rendendosi conto tuttavia che la sua formazione musicale era lacunosa ed incompleta, il giovane David ottenne con molta fatica, da uno zio ricco ma avaro, un magro mensile per poter soggiornare e perfezionarsi a Parigi. Qui, dopo una severa valutazione da parte di Cherubini, capace d’intravedere il suo naturale talento, entrò nel 1830 nel prestigioso Conservatoire da lui diretto, trovandosi iscritto alla classe di armonia condotta da Édouard Millault; nondimeno, decise di frequentare nel contempo con febbrile dedizione anche i corsi di composizione di F.J. Fètis e quelli d’organo tenuti da F.Benoist. Purtroppo, il gretto parente ad un certo punto sospese il piccolo sussidio, e per sopravvivere il giovane dovette arrangiarsi impartendo lezioni private, continuando a studiare con passione giorno e notte.
Uscito dal Conservatorio nel dicembre del 1831, David si legò alla corrente spirituale dei Saint-Simonisti che si radunava presso l’Abbazia di Ménilmontant. In questa sorta di confraternita laica, composta da intelletti generosi e pervasa da un positivo senso di solidale fraternità, Fèlicien trovò grande conforto alla sua povertà ed allo stato di isolamento culturale ed umano che l’affliggeva. A seguito delle persecuzioni della polizia che strinse un cerchio intorno all’attività della comunità, chiudendo persino la sua sede, i suoi componenti dovettero abbandonare la vita cenobitica per dedicarsi alla predicazione itinerante. Fu così che il musicista si unì ad un gruppo di confratelli che prese la via della Francia meridionale, per poi imbarcarsi a Marsiglia verso il Medio Oriente. A Lione, un artigiano simpatizzante per la dottrina di Saint-Simon gli aveva fatto dono di un pianoforte speciale, costruito per resistere ai viaggi, che David portò con sé nelle tappe della successiva peregrinazione: Smirne, Gerusalemme, Alessandria, ed infine Il Cairo. Qui però l’infuriare della peste costrinse ad certo punto la comitiva a far ritorno nel 1833 in patria.
In questo lungo percorso, di fronte a paesaggi e situazioni tanto diversi da quelli europei, David maturò un profondo amore per l’Oriente e per l’orientalismo, tratto caratteristico di una parte della sua successiva produzione, a cominciare dalle “Mélodies orientales“ per voce e piano composte al rientro, che passarono tuttavia pressoché inosservate. Ritiratosi nel 1834 in campagna a Villepereux ospite di un caro amico, lavorò intensamente componendo musica da camera e due sinfonie, ma soprattutto scrivendo molte romanze da camera, alcune delle quali incontrarono discreto successo. Nel decennio seguente i suoi lavori trovarono purtroppo rara accoglienza nelle sale parigine, così che il suo nome stentava ad essere inserito nel novero dei compositori di rilievo.
Solo alla fine del 1844 l’esecuzione al Théâtre-Italien della sua ‘ode-symphonie’ dal titolo “Le Dèsert”, vasta composizione ispirata alle impressioni raccolte nel suo soggiorno in Egitto, destò vivissima impressione sul pubblico nonché grande interesse nella critica. Ed in effetti, dopo i clamori parigini in breve il lavoro venne eseguito un po’ ovunque – talvolta anche in forma scenica - acquistando presto grande popolarità. Si legge talvolta che con questo lavoro Davi avrebbe lanciato la moda dell’orientalismo in musica – in pittura e letteratura ci avrebbero pensato altri – ma l’opinione è alquanto riduttiva, se si pensa che una certa vena esotica è sempre stata presente in tanti autori, dal Rameau de “Les Indes galantes” al Grétry de “La Caravane du Cairo”. Senza dimenticare il Mozart de “Il ratto dal serraglio” e di “Zaide”.
Peccato solo che la prima esecuzione di “Le Désert”, organizzata tutta a spese dell’autore, avesse conseguito un bilancio economico gravemente negativo costringendolo a vendere tutti i diritti dei suoi lavori ad un editore per la modesta somma di 1200 franchi, giusto cioè quanto necessario a pagare gli onorari degli esecutori. Fu giocoforza quindi per lo squattrinato musicista l’imbarcarsi per una defatigante e lunga tournée in Francia e Germania.
Ad ogni modo, da questo evento in poi la carriera artistica di David modo prese il giusto aire: rientrato a Parigi, presentò nel marzo del 1846 all’Opéra l’oratorio “Moïse au Sinaï”, accolta con incerto esito; ma nel marzo dell’anno seguente l’ode-symphonie “Cristophe Colombe” conobbe un’accoglienza trionfale, pari a quella de “Le Dèsert”. Effetto immediato, la consegna di una decorazione da parte del re Luigi Filippo dopo un’esecuzione del lavoro alle Tuilieries. Senza trascurare la musica da camera componendo trii, quartetti, mélodies, lavori pianistici, David continuò a rivolgere il suo maggiore interesse alle scene: fecero infatti seguito nel 1848 il ‘mystère en deux parties’ “L’Éden”, nel 1851 l’opéra-comique “La perle du Brésil”, entrambi accolti da grande favore del pubblico. Ma solo dopo qualche anno arrivarono quei due titoli che lo consacrarono definitivamente fra i massimi operisti dell’epoca, e cioè nel 1859 “Hercolanum”, ed infine nel 1862 “Lalla-Roukh”: la prima data alla Salle Garnier, la seconda all’Opéra-Comique. Entrambe furono baciate da un enorme gradimento, ma “Lalla-Roukh” possiede il particolare merito di aver avviato il rinnovamento del teatro francese, aprendo un sentiero che – accantonando i fasti dei magniloquenti lavori in stile Meyerbeer – vide in nseguito i compositori del tempo abbracciare un lirismo più intenso e meditativo. Un sentiero lungo il quale si vedranno presto maturare frutti quali il “Faust” di Gounod, “Les pêcheurs de perles” e “Carmen” di Bizet; e più in là, “Samson et Dalilah” di Saint-Saëns e “Le Roi de Lahore” di Massenet.
Gli ultimi anni di vita di Fèlicien David si svolsero in relativa serenità, circondato dalla stima generale: fregiato della Legion d’Onore, nel 1869 successe a Berlioz come membro del prestigiosissimo Institut de France, carica che tenne sino alla morte avvenuta nella sua casa di Saint-Germain-en-Laye il 29 agosto del 1876.
Questa, a grandi linee, la figura del protagonista del prossimo festival della Fondazione Bru Zane di Venezia, che si terrà dal 5 aprile al 17 maggio 2014, e che sarà degnamente aperto proprio da una esecuzione in forma di concerto de “Le Désert” nella fastosa sala della Scuola Grande di S. Giovanni Evangelista. Il lavoro, si noti, non risulta essere mai stato eseguito in Italia. Protagonisti, l’orchestra Le Cercle de l’Harmonie diretta da Julien Chauvin, e vari interpreti vocali tra cui Gabrielle Philiponet, Katia Velletaz e Marie Lenormand. Nei giorni seguenti sono in programma vari concerti di musica da camera, tutti ospitati nella bella sala del Palazzetto Bru Zane: protagonisti il Trio Chausson, il pianista Jonas Vitaud, il quartetto Opus V, il soprano Olivia Doray e il baritono Philippe Nicolas Martin accompagnati al piano da da Jeff Cohen, il Quatuor Mosaïques, il Quatuor Giardini, il Quatuor Cambini-Paris. In programma, musiche di David, ovviamente, ma pure di autori in prevalenza a lui contemporanei (Onsolw, Reicha, Dubois, Berlioz), sempre nell’ottica di diffusione della musica francese dell’Ottocento perseguita dalla fondazione veneziana.
Per maggiori informazioni e dettagli, si rinvia al sito www.bru-zane.com
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