Teatro

PARIGI, TOSCA

PARIGI, TOSCA

Paris, Opéra Bastille, “Tosca” di Giacomo Puccini

LA FORZA DELLE IMMAGINI 

Ad un anno dalla scomparsa di Werner Schröter, uno dei protagonisti del nuovo cinema tedesco, l’Opéra di Parigi gli rende omaggio mettendone in scena l’allestimento di Tosca concepito nel 1994 per l’immenso spazio della Bastille e più volte ripreso nel corso degli anni con interpreti d’eccezione.

La cupa scena di Alberte Barsacq crea con pochi tratti essenziali un ambiente che, per quanto non sia identificabile coi “luoghi di Tosca”,  risulta  funzionale all’azione scenica nel rispetto del libretto. Anche i  costumi disegnati dalla stessa scenografa sono fedeli all’epoca in cui si svolge la vicenda e ad un immaginario “callasiano” riconoscibile.
Sant'Andrea della Valle è un hangar grigio dalle pareti di cemento grezzo, sulla sinistra un telo nero scopre un immenso dipinto simile ad un affresco quattrocentesco in restauro, mentre sulla destra una parete si alza proiettando una lama di luce sul pavimento per preparare l’entrata in scena di Scarpia.
Il Te Deum è all’insegna della tradizione con i bambini dalle tuniche rosse che si agitano come diavoletti fra  preti e tabernacoli, mentre le donne voltate di schiena sono immobili come statuine da presepe.
Per Palazzo Farnese solo una lunga tavola che galleggia  in una scena immensa dal pavimento inclinato e praticabile che consente alle figure di apparire e scomparire velocemente in un mondo sotterraneo e invisibile. Sulla nera parete di fondo cinque nicchie incorniciano i movimenti di cinque mimi, spettatori sinistri che amplificano gli ordini di Scarpia e che rendono l’atmosfera particolarmente opprimente.
Il pavimento si alza nel terzo atto e abbozza  un gigantesco spalto inclinato con un taglio a croce sul davanti in cui si getterà Tosca. Il volo rivolto verso il pubblico è di forte impatto ed è simbolicamente preceduto dall’immagine di una gigantesca  scultura di un arcangelo di gesso sospesa nel vuoto.

Nella forza di alcune immagini e nel taglio delle inquadrature si riconosce la mano del regista, ma alla messinscena, più che la non riconoscibilità dell’ambientazione, si può obiettare l’immensità di uno spazio scenico in cui i cantanti privi di punti di riferimento appaiono talvolta smarriti. E la scelta di animare lo spazio con controscene non sempre convince. Ha senso far precedere l’entrata in scena di Angelotti da quello di uno sgherro furtivo? Troppo lunga la scena con cui si apre il terzo atto dove un gruppo di soldati assisi sugli spalti scopre un compagno ammazzato (rissa o esecuzione che prefigura il destino del pittore?) “ E lucean le stelle” marcato dal dolore dei compagni nei confronti del morto distoglie l’attenzione da Cavaradossi, tanto che il pubblico tralascia l’applauso.

Se l’allestimento, giunto alla sua 95° rappresentazione, ha forse fatto il suo tempo, l’esecuzione musicale offre validi  motivi d’interesse. Ci è decisamente piaciuta Martina Serafin, più amante appassionata e fragile che non diva, attenta a mettere in rilievo ogni sfumatura psicologica e il variare delle situazioni senza incorrere nel rischio di cogliere solo gli aspetti “esteriori” della diva. La recitazione sorvegliata e moderna è al servizio di un canto intonato e deciso e si apprezzano la dizione scolpita e una voce omogenea dal registro centrale suggestivo.
Marco Berti infonde, con voce particolarmente importante e luminosa, forte slancio alla figura di Cavaradossi. L’interpretazione è tradizionale e trova nella pienezza di un canto senza esitazioni il suo punto di forza, una voce molto “italiana” per timbro e idiomaticità, capace di esprimere forza e dolcezza. Il ruolo si presterebbe a maggiore introspezione, ma il canto sgorga spontaneo e regala emozione, come le voci di una volta.
Sergey Murzaev ha indubbiamente una gran voce e la riesce a gestire con tecnica e gusto. Ma per Scarpia non basta, manca il brivido strisciante e l’inquietudine e, malgrado la voce tonante, la sua entrata in scena non ha nulla di temibile, tanto che nel confronto con Tosca è appassionato e sensuale ma non insinuante.
Nei ruoli secondari Nicolas Testé è un Cesare Angelotti dalla voce piena e potente, un po’ petulante il Sagrestano di Luciano Di Pasquale, mentre Simeon Esper, penalizzato da un forte accento straniero, è un viscido Spoletta. Completano adeguatamente il cast Michal Partyka (Sciarrone) e Christian Tréguier (un carceriere).

Ottima la direzione di Paolo Carignani, drammatica e febbrile nei momenti di massima tensione, morbida e sfumata negli squarci di ripiegamento lirico. Precisa  e partecipe l’orchestra dell’Opéra di Parigi, particolarmente versata nel repertorio novecentesco, come pure l’ottimo coro preparato da Patrick Marie Aubert.

Calorosa accoglienza da parte di un pubblico numeroso che ha tributato lunghi applausi al pittore e alla diva.

Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 31 ottobre 2012

Ilaria Bellini