Teatro

Reggio Emilia: Abbado dirige per la prima volta il "Fidelio" di Beethoven

Reggio Emilia: Abbado dirige per la prima volta il "Fidelio" di Beethoven

Va in scena il 6 e l´8 aprile al Teatro Valli di Reggio Emilia il "Fidelio" di Ludwig van Beethoven, in una prestigiosa edizione diretta da Claudio Abbado alla guida della Mahler Chamber Orchestra, con la partecipazione dell´Arnold Schoenberg Chor. E´ un sogno lungamente accarezzato, e al quale ben tre teatri dell´Emilia-Romagna partecipano in misura determinante, quello che Abbado riesce ora a realizzare: dirigere l´unica opera lirica di Beethoven, opera il cui ritorno in regione è previsto per il prossimo autunno. Il "Fidelio" (in due atti, su libretto di Josef Sonnleithner e Georg Friedrich Treitschke, basato sul libretto francese di Jean-Nicholas Bouilly "Léonore, ou L´amour conjugal") è allestito con la regia di Chris Kraus, scene di Maurizio Balò, costumi di Annamaria Heinreich, luci di Gigi Saccomandi. Maestro del coro è Erwin Ortner. La produzione è dei Teatri di Reggio Emilia, realizzata insieme al Teatro Real di Madrid, alla Festspielhaus di Baden Baden, e ad altri due teatri dell´Emilia-Romagna, il Teatro Comunale di Ferrara e il Teatro Comunale "Luciano Pavarotti" di Modena . Questa unica opera di Beethoven, andata in scena a Vienna nel 1806, ebbe per fonte, come s´è detto, un dramma di Jean-Nicholas Boully rappresentato nel 1798 con musica di Pierre Gaveaux. Il dramma apparteneva a un genere assai diffuso nella Francia degli anni della rivoluzione e nel decennio seguente, la "pièce à sauvetage", in cui gli eroi positivi, i rappresentanti delle forze del bene, trionfano dopo aver subito ingiuste persecuzioni e dopo romanzesche peripezie, trovando alla fine la loro salvezza grazie a un provvidenziale colpo di scena che non sarebbe da intendere come semplice effetto teatrale, ma come affermazione ottimistica di una fiducia nei valori della giustizia e della ragione. Inoltre, ed ha anche questo il suo significato, la vittoria delle forze del bene vede uniti personaggi di classi sociali diverse, di estrazione sia nobile che plebea. Fra i musicisti che scrissero opere legate a questa genere drammaturgico, uno dei più stimati da Beethoven fu Luigi Cherubini. Dopo un tentativo di collaborazione con Schikaneder, lasciato cadere, Beethoven trovò significativamente nell´ambito di questo gusto teatrale francese le premesse per la propria unica opera. La prima versione, su un libretto di Joseph Sonnleithner che si attenne abbastanze fedelmente a Bouilly, fu composta nel 1804-5 in tre atti e andò in scena il 20 novembre 1805 nella Vienna occupata dalle truppe francesi, in assenza dei maggiori sostenitori di Beethoven, e fu rappresentata solo tre volte. Fu con difficoltà che Beethoven si lasciò persuadere a compiere alcuni tagli e a ripresentare l´opera in due atti, il 29 marzo 1806; questa volta fu un dissenso con il direttore del teatro ciò che indusse Beethoven a ritirare quasi subito la partitura. Quando nel 1814 tre cantanti (fra i quali J.M. Vogl, che sarebbe divenuto amico e interprete di Schubert, e che cantò la parte di Pizarro) proposero a Beethoven una ripresa, egli sentì la necessità di una rielaborazione, per il libretto della quale ebbe l´aiuto di Georg Friedrich Treitschke. Nacque così la versione definitiva, la cui ouverture fu la quarta che Beethoven aveva composto per il Fidelio . Nel 1805 era stata eseguita l´ouverture nota con il nome di Leonora n. 2, nel 1806 la Leonora n. 3: l´una e l´altra sono una sintesi del percorso dell´opera dall´oppressione del carcere di Florestano ai provvidenziali squilli di tromba fino all´impeto liberatorio conclusivo, ed ebbero grande fortuna come pagine orchestrali a sé stanti (furono fra quelle di Beethoven in cui si vide una anticipazione del poema sinfonico); ma proprio per la loro grandezza furono forse giudicate da Beethoven inadatte a iniziare un´opera le cui prime scene presentano un carattere di commedia borghese e fungono da premessa e quasi piedistallo al nucleo drammaturgico centrale. In ogni caso, la tormentata genesi del Fidelio rivela il percorso con cui, in questa sua unica esperienza operistica, Beethoven giunse a impadronirsi del genere, piegandolo alle esigenze della propria concezione sotto il segno di una incandescente tensione etica e inventiva. Formalmente, il Fidelio ha l´andamento del Singspiel, alternando numeri chiusi a parti recitate, come accadeva nella Léonore di Bouilly e Gaveaux e nel Flauto magico di Mozart, antecedente fondamentale (e a Beethoven carissimo) nella storia dell´opera tedesca. Accanto alle voci, l´orchestra è fra i protagonisti della partitura del Fidelio: a partire dall´aria di Pizarro ci si lascia alle spalle la dimensione stilistica sostanzialmente tardo-settecentesca delle cordiali pagine ´leggere´ dell´inizio, per dare spazio a un respiro sinfonico inaudito (anche se ha un precedente nell´intenso impegno sinfonico che Beethoven ammirava nel teatro di Cherubini), mentre l´ardua scrittura vocale pone spesso a dura prova gli interpreti, in situazioni al limite per l´urgenza della tensione espressiva e per il severo rifiuto di ogni edonismo. Info: 0522 458811