Due Atti di Iddo Netanyahu, scrittore israeliano vivente. Un testo teatrale molto interessante sul delicato tema dell’olocausto. Niente retorica, niente lacrime, niente accuse, niente rimpianti. Lontano da polemiche politiche, distante da strumentalizzazioni di parte, assenti i toni da celebrazione storica e il linguaggio violento della caccia ai colpevoli. Niente di tutto ciò; questo libro parla di noi, di come ciascuno, come i personaggi di questa storia, avrebbe potuto essere lì, nella Germania del 1932, a condurre la propria vita, il proprio lavoro, gli studi, gli amori, le amicizie. Molte volte abbiamo riflettuto su come sia stato possibile per gli ebrei sopportare, tollerare, subire, fino ad arrivare all’irreparabile; molte volte ci siamo chiesti come la gente abbia potuto accettare, come anche le classi più colte e preparate si siano lasciate coinvolgere e macchiare da un’idea assurda, dalla storia della razza, dall’odio per i propri compagni e vicini di casa. Ma la gente capiva? Era incredula? Aveva paura? Ma perché non scappava da quella Germania deviata ed infernale? Ma come può scatenarsi l’odio razziale da un momento all’altro in un paese evoluto nel XX secolo fino a tal punto? Tutti ci siamo posti queste domande. Ebbene l’olocausto, visto prima che accadesse, non era la stessa cosa dell’olocausto visto dopo; come dire che è facile giudicare a posteriori ma trovarsi lì, con una situazione politica incerta, tra gli avvenimenti quotidiani che cambiavano di giorno in giorno, immersi in piccole cose, piccole leggi, atteggiamenti, parole, sguardi, atmosfere. Amici e colleghi che si trovano su fronti opposti, ma che cambiano così, di giorno in giorno, lentamente, come un’ atmosfera, un capriccio, un cavillo burocratico, una difficoltà momentanea. E le persone comuni che, come noi ogni giorno, cercano di condurre la loro vita, di barcamenarsi, di soprassedere, di salvare il posto di lavoro, la coscienza, la faccia. Quasi cercano di non sapere, di non vedere, si adeguano ma non ci credono e poi aspettano domani e poi…E tutto accade così. E avviene la tragedia umana, una delle più grandi nella storia del mondo.
Il pregio di questo libro, in una bella traduzione di Leonardo Franchini, è proprio quello di rendere l’olocausto vicino a noi, di farci sentire sulla pelle che potevamo essere lì, gli uni accanto agli altri, come per caso, a discutere su chi avrebbe vinto le elezioni, a discutere sulla stella gialla, a dividere i nostri figli nelle classi, ebrei e non ebrei e poi a licenziare il nostro vicino di scrivania e poi: chi dentro il lager, chi fuori.
L’edizione di “Un lieto fine” , realizzata con il contributo della Cassa Rurale di Rovereto, purtroppo non è in commercio, ma il testo è stato rappresentato con successo nella giornata della memoria 2008 dalla Compagnia dell’Attimo con accoglienza positiva da parte della critica. La circolazione di questi testi è ossigeno per il teatro italiano.
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