Cani di Bancata
Dopo il successo dell’anno scorso con Michelle di Sant’Oliva, anche quest’anno il Teatro dell’Archivolto conferma la sua stima per il talento di Emma Dante proponendo tre degli spettacoli più belli della drammaturga siciliana. Da mPalermu a Carnezzeria, per finire con Cani di Bancata, Genova per tre giorni ha respirato quella lingua segreta di cui parla Emma Dante, fatta di gesti, di ammiccamenti, di sguardi carichi di significati.
In Cani di Bancata Emma Dante affronta, per la prima volta, un tema bruciante e drammaticamente attuale come quello della mafia. Ancora una volta l’enfant prodige della nuova drammaturgia italiana, molto apprezzata e ricercata anche all’estero, si confronta con l’identità della sua terra mostrandoci, con intelligenza e acuta ironia, uno degli aspetti più violenti e crudi della complessa realtà siciliana.
A scena aperta, lo spettacolo esordisce scaraventando quasi subito lo spettatore nel macabro e raccapricciante rituale dell’affiliazione mafiosa.
La Dante ci racconta una realtà conosciuta e lo fa a modo suo, riproducendo minuziosamente, senza filtri, ogni gesto, ogni aspetto, ogni dinamica già ampiamente nota.
La mafia è rappresentata col volto feroce di una madre-cagna che chiama a raccolta i propri figli-soldati, allevati e sfamati col sangue. E’ la mafia degli imprenditori, degli appalti truccati, dei colletti bianchi quella che ci racconta Emma Dante.
E’ una mafia che cambia, che si reinventa, si insinua nella politica lasciando da parte coppole e lupare, simboli troppo spesso abusati dell’iconografia classica mafiosa. Niente spari né pistole, meglio metterle sotto le sedie (del resto a questa mafia, come dice la madre-cagna, per comandare non servono le pistole!).
La scenografia, essenziale e ingegnosa al tempo stesso, è supportata da degli ottimi attori al cui vertice svetta una bravissima interprete come Manuela Lo Sicco.
Pochi e lineari gli oggetti in scena, lumini, immaginette sacre sono dei simboli straordinariamente eloquenti.
Gli scranni sui quali i figli-discepoli litigano per chi deve sedere più vicino alla madre, diventano all’occorrenza una tavola imbandita, attorno alla quale si consuma il drammatico rito della spartizione, il tutto sotto gli occhi bestiali e compiacenti della Mammasantissima.
Un volgare banchetto al quale siedono i figli-picciotti disposti a qualsiasi cosa pur di scalare il vertice del potere criminoso.
Delinquenti, imprenditori, medici, politici, spacciatori ricevono e fagocitano selvaggiamente i resti di una terra fatta a pezzi e svilita dalle mani crudeli della madre-mafia che offre ai suoi figli un’Italia capovolta e smembrata dove la Sicilia è inequivocabilmente al vertice.
Uno spettacolo affascinante lontano da facili moralismi, che non condanna né pretende di svelare terribili segreti; del resto è tutto straordinariamente chiaro agli occhi dello spettatore, che lascia il teatro come dopo aver partecipato a un rito catartico.
Visto il
31-10-2008
al
Palladium
di Roma
(RM)