Lirica
ARCIFANFANO RE DEI MATTI

"Arcifanfano re dei matti" di Goldoni e Galuppi, un Hellzapoppin di metà '700

Arcifanfano re dei matti
Arcifanfano re dei matti © Michele Crosera

Quarant'anni fa un regista in fieri ed un giovane musicologo – Bepi Morassi e Franco Rossi – si imbatterono nel libretto di Arcifanfano re dei matti, scritto a metà '700 da Carlo Goldoni sotto lo pseudonimo di Polisseno Fegejo ed intonato da Baldassare Galuppi. Uno dei frutti della reciproca, feconda collaborazione artistica. Piacevole il libretto ma introvabile la partitura, tranne alcuni pezzi sparsi conservati a Torino. Su spinta di Morassi, Rossi la reinventò di sana pianta con massima libertà - per un attore stonatissimo scrisse un'aria su una sola nota - permettendo uno spettacolo teatrale di notevole successo e diffusione. 

Caso ha voluto però che nel 2006 venissero ritrovati nella Biblioteca di Montecassino i venti numeri (arie, assiemi e cori) dei primi due atti, permettendo una ricostruzione almeno parziale di un dramma comico extravagante che conobbe buona fortuna già a partire dalla prima veneziana del 1750. Perno centrale il celebre cantante buffo Francesco Baglioni, primo Arcifanfano: ruolo che per una decina d'anni portò in giro con vivo gradimento per l'Italia.

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La paziente reinvenzione di un atto perduto

A rendere eseguibile anche il terzo atto ha ora provveduto, con solerte pazienza e grande passione Francesco Erle, con la tecnica del contrafacta: individuando cioè in una quindicina d'altre opere galuppiane - sia serie che comiche, ma tutte ante 1750 per congruità di stile - un adeguato insieme di arie ed ariette, recitativi accompagnati e cori compatibili con i numeri mancanti per metrica, carattere e valori musicali, al fine di un'opportuna collocazione nel progredire della commedia. 

Un lavoro invero lungo, e certosino; che però ha dato effetto ad una partitura musicalmente impeccabile, efficace sia dal lato stilistico che da quello drammaturgico, in uno scorrere musicale coerente e senza soluzione di continuità dall'inizio alla fine. E' lui stesso a concertarla e dirigerla al Teatro Malibran, a capo dell'Orchestra del Conservatorio Benedetto Marcello, procedendo con la necessaria precisione ma anche con finezza e delicata souplesse, traendo il meglio dai suoi giovani strumentisti; e sorreggendo con grande perizia, previa un accurato lavoro preparatorio, l'impegno dei giovani interpreti in scena.

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Dalle aule del Conservatorio tanti giovani cantanti

Interpreti anch'essi provenienti dalle aule del Conservatorio veneziano, poiché questo progetto inserito nel cartellone del Teatro La Fenice - e forse meno valorizzato del dovuto – nasce da una stretta collaborazione con esso. Due differenti cast, il primo dei quali si è esibito anche nell'unica recita aperta al pubblico – le altre, rivolte alle scuole – ed è quello che abbiamo incontrato: costituito da Samy Timin (Arcifanfano), Marcus Vinicius Bezzerra Dias (Sordidone), Eugenia Siliberto (Gloriosa), Yukiko Shimizu (Semplicina), Xiyi Wang (Garbata), Sanlin Wang (Furibondo) e Xushuan Cai (Malgoverno). 

Il primo, il sovrano del paese dei matti; gli altri, che desiderano trovarvi cittadinanza, sono comiche raffigurazioni di umane pazzie: in ordine la stolida avarizia, la vana superbia, la sciocca ritrosia, la fatua allegria, la facile iracondia e lo sperpero di denaro. Un insieme di folli caratteri che fa di questo capolavoro comico una sorta di Helzapoppin' settecentesco. Inutile dire che queste future leve della lirica hanno operato con massimo impegno, portando ad effetto un'esecuzione impegnativa, nondimeno assai ben riuscita. E qualche voce matura ed interessante già la si scorge.

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Stupenda messa in scena

Incantevole la musica, deliziosa la messinscena che Bepi Morassi, vero magister dell'impresa, ha messo in piedi  in sinergia con la Scuola di Scenografia e Costume dell'Accademia di Belle Arti di Venezia, coinvolgendo in un lungo laboratorio numerosi docenti ed allievi che hanno proposto varie soluzioni visive. 

La scelta finale è caduta sui fantasiosi costumi proposti da Beatrice Raspanti, e sulla grande e fantasiosa scatola ruotante che domina la scena, architettata da Matteo Corsi: una via di mezzo tra una scatola magica ed un palcoscenico da Commedia dell'Arte. A muovere i personaggi e dar loro vivida presenza scenica, anche con l'intervento di quattro agili mimi, provvede l'esperienza e la sagace inventiva registica di Morassi, che nelle trame comiche o semiserie ci pare trovi la sua vena inventiva più felice.
 

Visto il 05-04-2025
al Malibran di Venezia (VE)