Prosa
CASSANDRA O DELL'INGANNO

La Cassandra di Elisabetta Pozzi parla a chi non vuole ascoltare

Elisabetta Pozzi
Elisabetta Pozzi © Ilaria Vidaletti

Cassandra, o dell’inganno. Il succo e il senso dell’ultima fatica attoriale di Elisabetta Pozzi stanno tutti nel titolo. Il termine fatica non è stato usato a caso: qui ci sono 60 minuti di elevatissimo peso specifico drammatico, un diluvio di parole pesanti e incatenate tra loro. Significati allegorici, con verità scomode e dolorose sbattute in faccia. 

Difficile per lo spettatore e l’attore sopportare una durata superiore per questo monologo. Osservando Elisabetta Pozzi in scena, viene da pensare che solo Mariangela Melato – oltre alla stessa Pozzi - avrebbe potuto affrontare questo testo senza sfigurare. Inevitabile, dato che Pozzi si è letteralmente cucita addosso questo testo, con la collaborazione di Massimo Fini.

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Elisabetta Pozzi crea un patchwork tragico

L’attrice ha creato un patchwork tragico unendo frasi, parole, concetti e suggestioni dalle provenienze più diversi: Omero, Eliot, Christa Wolf, Marc Augè, Igor Esposito, Wislawa Szymborska, Ghiannis Ritzos, Virgilio, Eschilo, Euripide, Seneca, Licofrone, Jean Baudrillard, Pasolini. C’è un pessimismo totale, nessun barlume di luce. Per tutta la durata dello spettacolo, la protagonista non abbozza nemmeno un mezzo sorriso: d’altronde, quello che si racconta non ne offre il minimo motivo.

Non pensate di trovarvi di fronte a un’ennesima riproposizione di un testo classico: qui il mito di Cassandra è solo un pretesto, un escamotage per rappresentare e interpretare la realtà di oggi. La condanna di Cassandra è nota: la troiana riceve da Apollo il dono di vedere il futuro e – al contempo – la condanna di non essere creduta. Cassandra vede la rovina imminente di Troia, vede i soldati greci nascosti nel cavallo, ma le sue grida di allarme cadono nel vuoto.

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Peggio ancora: vede i suoi concittadini moltiplicare gli sforzi per introdurre in città il Cavallo di legno che sarà la loro rovina. Inevitabile pensare al suicidio di massa di alcune specie animali realmente esistenti (come i lemming, o i grandi cetacei): e, quindi, al comportamento dell’umanità ancora oggi. 

Troia non è diversa dal mondo del 2025

E’ una delle cifre di lettura dello spettacolo, strettamente legato all’attualità. Guerre, inquinamento, squilibri economici, migrazioni di massa, mutamenti climatici e i governi che si rifiutano di prendere atto di queste catastrofi imminenti. Oggi ci sono governanti che, per esempio, escono dagli accordi mondiali per la pace, la giustizia e la difesa dell’ambiente: sono l’equivalente esatto di chi non ascolta Cassandra e porta il cavallo dentro le mura.

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La scenografia di questo spettacolo per una voce sola è cupa, scura, cadente. Ci sono tante cornici rettangolari, di ogni dimensione: tutte vuote, gettate a terra, rotte. Non sono quadri, non sono specchi e quindi sono inutili: allegoria della visione di Cassandra che cade nel vuoto, voce che non viene ascoltata e quindi non esiste.

Lo spettacolo inizia con Elisabetta Pozzi che parla in prima persona, racconta di quella volta che ha avuto delle suggestioni del passato camminando a Micene: poi si trasforma nella contemporaneità di Cassandra, calata nello stesso tempo nel passato mitologico della guerra di Troia e nell’attualità contingente. 

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Viaggio avanti e indietro, lungo la linea del tempo

Per tutta la durata dello spettacolo Cassandra/Pozzi naviga avanti e indietro sulla linea del tempo, nella psicologia umana e nel suo inconscio. Dai brani di filosofi, scrittori, pensatori, scienziati emergono grida lancinanti di consapevolezza destinata a non essere ascoltata: proprio come accadde a Cassandra. E allora forse tutto il corso dell’umanità non è altro che un grande inganno, con il progresso che in realtà non esiste e l’esito infausto già segnato.

Alla fine, più di dieci minuti di applausi e molte chiamate in scena per una protagonista visibilmente provata non dalla fatica fisica ma dalla condivisione emotiva della tragedia di Cassandra:  e quindi di tutta l’umanità.

 

Visto il 21-02-2025
al Eleonora Duse di Genova (GE)