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IL SOGNO DI UNA COSA

Pasolini secondo Germano & Teardo: un viaggio poetico di redenzione

Elio Germano e Teho Teardo
Elio Germano e Teho Teardo

Il Sogno di una cosa è un atto unico, è un’esperienza immersiva, un viaggio polifonico e poetico: le parole di Pier Paolo Pasolini prendono vita e corpo attraverso la voce di Elio Germano e la musica e i suoni di Teho Teardo.

Non è solo un racconto di giovinezza, entusiasmi e lotta, ma è una riflessione profonda e a tratti amara su sogni infranti e speranze deluse, su cosa significa diventare aduli.

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Le parole di Pasolini dialogano con la musica

Elio Germano e Teho Teardo portano avanti una narrazione per parole e suoni, quasi mimetica nei confronti di una tradizione contadina orale, la drammaturgia musicale è profondamente legata alla drammaturgia testuale, dialoga con essa, la musica non è mai semplice accompagnamento o sottofondo, ma è una presenza forte e viva che amplifica la narrazione, è una traduzione sensoriale delle parole di Pasolini.

La scena è minimalista ed essenziale: dietro una lunga consolle nera, il musicista, compositore e sound designer Teho Teardo crea una partitura sonora viva e pulsante combinando insieme musica elettronica e suoni naturali – vento, pioggia, uccelli, insieme a campane tubolari, che si intreccia con la voce profonda e penetrante di Elio Germano (che suona anche vari strumenti in scena), che ci restituisce la potenza evocativa delle parole di Pasolini - vediamo chiaramente quanto descritto dallo scrittore, le immagini sono vivide e chiare davanti a noi.

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Il friulano di Pasolini, sua lingua madre, si mescola alla narrazione: le voci registrate - un filo diretto con la terra di Casarsa, si intrecciano con il racconto. Teardo disegna un paesaggio sonoro che si dilata e si restringe, come un respiro, mentre la voce di Germano dà vita alla memoria, a un’epoca lontana e indimenticabile, dissolvendo il confine tra realtà e immaginazione.

Un atto di speranza, riscatto e redenzione

Scritto di getto negli anni dell'immediato dopoguerra, tra il ‘48 e il ‘49, prima di Ragazzi di vita e di Una vita violenta, "Il sogno di una cosa" è il primo esperimento narrativo di Pier Paolo Pasolini, fu pubblicato solo nel ‘62, essendo così nello stesso tempo romanzo d’esordio e di conclusione della stagione narrativa del poeta.

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Pasolini parla con le voci di tre giovani friulani di Casarsa - il luogo dove ha trascorso adolescenza e fanciullezza, Nini, Milio ed Eligio e racconta il sogno di un mondo diverso, l’idea del comunismo, la miseria delle origini, la fuga in Jugoslavia, le lotte contadine, ma anche l'amicizia, l'amore, la solidarietà: non c’è melodramma, ma una tensione che vibra nell’aria, come la fine di un sogno che non smette di cercare redenzione.

Il testo riflette su temi universali come l’emigrazione, la povertà, la lotta contro l’ingiustizia, il desiderio dei giovani di sfidare la crudeltà delle condizioni sociali e politiche, il desiderio di realizzare un sogno, il riscatto e la rassegnazione. Le parole di Pasolini sono profondamente attuali: è necessario continuare a cercare un cambiamento, un miglioramento delle condizioni di vita e giustizia sociale.

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Il lavoro di Germano e Teardo è una riflessione sulla condizione umana: il desiderio di riscatto, motore di ogni cambiamento e il contrasto tra speranza e realtà, sono le forze che muovono lo spettacolo

Il sogno di una cosa ci ricorda che la lotta per un mondo migliore e una vita più dignitosa è sempre viva, che ogni generazione prova a ribellarsi agli schemi imposti e a ricostruire sé stessa. Non è uno spettacolo per tutti, richiede uno sforzo, non è semplice entraci, ma una volte dentro è ipnotico e totalizzante, ti conquista lentamente.

Come scriveva Pasolini, “Nel teatro la parola è doppiamente glorificata: è scritta, come nelle pagine di Omero, ma è anche pronunciata, come avviene fra due persone al lavoro: non c'è niente di più bello”.

 

Visto il 27-02-2025
al Duse di Bologna (BO)