
Come una suffragette inviata direttamente dal passato, Lella Costa è sul palco non soltanto per recitare, ma per cambiare la realtà. Lo fa attraverso la forza delle parole, della lingua e del linguaggio, attraverso la storia e attraverso l’arte. E sì l’arte, perchè questo spettacolo coinvolge la poesia, la musica, il teatro, la danza.
In un giardino di esemplari di rose ispirato a quella che Serena Dandini chiama “provocazione floro-vivaistica” nel Catalogo delle donne valorose, Lella Costa ritorna camaleontica e istrionica sul palco con lo spettacolo Se non posso ballare... non è la mia rivoluzione, per rendere attuale, viva e consapevole, la memoria delle donne che hanno fatto la storia.

Donne, pagine di storia, segni grafici indelebili
C’è una sfilza di donne che hanno fatto la storia, ne vengono citate (direttamente o indirettamente) un centinaio, una al minuto, ma potrebbero essercene ancora. Una sfida importante quella della Costa e di Serena Sinigallia da cui è firmato lo spettacolo, dove i nomi di ogni donna diventano segni grafici indelebili scolpiti nelle parole che procedono per citazioni, racconti, impressioni su lapidi che nessuno deve scalfire.
Un Medley di storie in un sogno danzante di stampo femminista, dove ogni fiore-donna dalle pagine di Dandini diventa vivo in una Costa poliglotta e performativa, vestita di rosso, una rosa rossa particolare simbolo e voce di queste donne di valore, pagine di storia spesso dimenticate.

Tutte sul podio, nessuna esclusa
È da una frase della rivoluzionaria anarchica e filosofa nata in Russia, Emma Goldman, che prende il nome lo spettacolo: “Se non posso ballare...non è la mia rivoluzione”. Attiva soprattutto negli anni ’80 fu sconvolta dalla fine di 5 rivoluzionari che furono impiccati nel 1887 nella piazza di Haymarket (Chicago) e da allora decise di battersi per i suoi ideali tenendo conferenze, collaborando con riviste anarchiche e operando come attivista in difesa dei movimenti operai e contro il sistema capitalistico.
In questo intenso monologo di Lella Costa tutte le donne meritano una posizione sul podio e tutte devono avere uno spazio per fare la loro rivoluzione. Su un display si vedono i nomi di queste guerriere, mentre citazioni e fotografie testuali si susseguono senza sosta come un fiume in piena. Si inizia con Olympe De Gouges che scrisse la “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”(1791), c'è Marie Curie e il suo Nobel per la Fisica, Alfonsina Strada (1907-1936) ciclista professionista su strada italiana e prima donna a competere in gare maschili, giusto per citare alcuni nomi.

Non mancano riferimenti al mondo della letteratura, pensiamo a Virginia Wolf, Emily Dickinson, Anna Frank ("aveva solo 13 anni"). Non possono mancare nomi dal mondo della danza come Martha Graham "madre" della danza moderna americana e Pina Bausch con i suoi danzatori-interpreti, o ancora Miriam Makeba cantante sudafricana nota come Mama Africa e la sua lotta contro l'apartheid, ricordata con il suo noto brano Pata Pata.
Intenso l'intervento breve e eterno su Michela Murgia scomparsa prematuramente e su Ilaria Alpi morta in Somalia nel 94' dopo aver scoperto di un traffico di rifiuti tossici. Ma la lunga lista meriterebbe la scrittura di un nuovo catalogo di donne valorose.

Un invito a continuare a cercare
Su una scena minimal dove su un podio-vivaio-display è possibile seguire al meglio il salto da una vicenda all'altra, Lella Costa è il motore dell'azione, della narrazione e guida del filo conduttore. Se non posso ballare...non è la mia rivoluzione è uno spettacolo basato sul potere della parola, sull'intensità del messaggio, sulla lotta per gli ideali. Ciò che resta è la curiosità di sapere di più su queste donne, la voglia di continuare a cercarne ancora. Un invito forse a farne nuova luce, a parlarne, a scrivere nuove pagine di storia.