Milano sta perdendo pezzi di teatro, immobili importanti che vengono chiusi per motivi di sicurezza e poi non si sa più come riaprire. E’ accaduto anche al piccolo e attivissimo Teatro Libero-Teatri Possibili di via Savona, che ha organizzato un’assemblea per capire fino a che punto valesse la pena lottare o se non fosse il caso di chiudere e darsi per vinti. Ho parlato col direttore Corrado D’Elia, grande regista e indimenticabile interprete di un ‘Cyrano’ che ha fatto storia, in città.
Come si spiega quanto avvenuto, Corrado?
I fatti dall’inizio, in maniera breve. Prima dell’estate abbiamo avuto un controllo da parte dai Vigili del Fuoco, che in questo momento non è parte della normalità poiché molti teatri sono stati chiusi. L’eccesso di zelo non ha spiegazioni e non si capisce perché luoghi come discoteche o altro non vengano costretti a norme così restrittivi come quelle che ci sono per noi. Gli enti pubblici, come il Comune di Milano, non interviene e non aiuta. Noi siamo sovvenzionati dal Comune di Milano ma ormai da mesi il teatro è chiuso. Abbiamo preso il coraggio di andare avanti rilanciando l’idea di tenerci un teatro, difficile, grazie a un pubblico che è incredibile e che ci ha dato alcune indicazioni. All’assemblea c’era gente da tutta Italia: ci hanno dimostrato il loro affetto e ci hanno detto di continuare a lottare.
Pensi che ce la farete?
Non sono tempi normali. Sono tempi in cui si fa fatica ad avere dei riferimenti, quelli di una volta non lo sono più, non abiamo né garanzie né certezze e ognuno deve sbrigarsela da solo. L’ente pubblico viene a mancare e c’è un grave problema. Abbiamo seguito le iniziative degli amici del cinema, ma le battaglie sono diverse: in comune abbiamo la precarietà, questo sì. Esistono pochissimi sponsor, direi mecenati che seguono alcune compagnie, ma in questo momento noi desideriamo una sorta di autonomia, mentre il privato può condizionare le scelte. E in realtà anche i privati sono in crisi.
Insomma, com’è finita?
Io ho rimesso la mia direzione al pubblico, come atto simbolico, perché il pubblico è stata la forza di questa avventura: solo 100 posti ma la nostra sala è la più visitata nella categoria dei piccoli teatri. Certamente questo l’ha fatto la Compagnia ma anche il pubblico. La decisione poteva essere ‘Chiudiamo’, non per sconfitta ma per non abbassarsi a ruoli che non ci competono. Dall’altra parte abbiamo pensato di ascoltare idee. La discussione è stata molto animata e ci sono stati video, mandati anche da Moni Ovaia, Andrée Shammah e da spettatori, spesso divertenti e fra i presenti molti hanno raccontato il loro punto di vista. Pensavo ci fossero posizioni più contrastate, invece hanno tutti difeso questa sala, ne hanno rivendicato l’apertura e ho preso di nuovo la direzione.
Ah, bene!
Per quanto piccolo, questo spazio è ancora importantissimo e lotteremo fino alla morte per difendere questo spazio. Ma ripeto da tempo che questo Teatro è troppo piccolo: noi vorremmo uno spazio più grande, anche se siamo affezionati al Teatro Libero. Noi da tempo rivendichiamo uno spazio diverso. Perr esempio, rivendichiamo in maniera forte il Teatro di Porta Romana, che tra poco sarà pronto.
Beh, ma nel frattempo?
Qui noi abbiamo 50 mila euro di lavori da fare, per poter di nuovo aprire secondo le nuove regole. L’altro teatro invece non sarà davvero pronto prima di un paio d’anni e i tempi sono molto lunghi. Noi dovremmo stare qui e continuare a rivendicare uno spazio maggiore. L’assessore ci ha scritto una lettera bellissima, che dice che sono tutti con noi e che i soldi ce li metteranno loro, ma non dicono quanto né quando. E le banche le paghi non con le promesse.
E allora?
Per cui noi andremo avanti. Moltissimi hanno offerto dei soldi, così apriremo un conto, faremo una sottoscrizione pubblica con una campagna di sensibilizzazione per poter ricevere offerte del pubblico e apriremo a nuove compagnie e proporremo ancora ‘Il Cirano’ al Teatro Parenti a dicembre, mentre a breve è atteso ‘Caligola’. Il Teatro Parenti ci sta dando spazi, ci sta incentivando e incoraggiandoci: sono bravissimi. Se pensi ai teatro milanesi, ti ricordi quanto accadde allo stesso Giorgio Strehler? Accadde pure all’Arsenale, è successo all’Olmetto e adesso al Teatro dell’Arte.
Già, siamo messi davero male…
Credo sia frutta dell’incuria, vedo poca attenzione… non lo vedo come un complotto contro la cultura ma come un tempo stanco, che non promette niente di buono, da chiudersi in casa, tristi. Io sono un combattente però a volte ci si sente soli. Non mi arrenderei mai ma, nonostante l’appoggio della Regione Lombardia, nessuno riesce concretamente ad aiutarci. Non ci resta che la gente, il nostro pubblico, quelli che ci vogliono con forza. Speriamo che basti.