Teatro

'Dopo Giorgio è finito tutto. Non esistono più uomini così'

'Dopo Giorgio è finito tutto. Non esistono più uomini così'

Andrea Jonasson, la vedova di Giorgio Strehler, a breve ospite a Verona dove riceverà un premio alla carriera. Il privilegio di conoscerla come donna, oltre che attrice.

Di nascita e formazione artistica tedesca, Andrea Jonasson inizia ad essere conosciuta in Italia grazie al marito che la volle sul palco in molte sue regie. Donna discreta ed attrice impegnata, nonostante la perdita affettiva non ha smesso di proseguire la sua carriera che alacramente svolge in Europa. Chiamata per ricevere un premio tra pochi giorni, l'abbiamo raggiunta telefonicamente e questo è il prezioso frutto di una piacevole conversazione.

Il Premio Renato Simoni le verrà consegnato il 2 Luglio. E’ un premio prestigioso in quanto ricevuto da moltissimi professionisti tra cui suo marito, Giorgio Strehler. Si riconosce nella ‘fedeltà al teatro di prosa’ e per quale motivo?

Sono molto onorata e felice di ricevere questo premio. Da 50 anni manifesto la mia fedeltà al teatro. Mi sono esibita assiduamente in molti teatri europei dividendomi principalmente tra Italia, Germania ed Austria. Non l’ho mai tradito, come dimostra anche l'aver fatto poco cinema e televisione. Il teatro mi ha dato tanto, ho conosciuto Giorgio che è stato un mentore, e da lui ho appreso la lingua italiana. Purtroppo dopo la sua morte ho lavorato molto meno in Italia, nonostante in passato sia stata ‘di casa’ al Teatro Piccolo ed al Teatro Studio. Ma non mi hanno più chiamata. Ora lavoro tanto a Vienna, ma non nego che mi piacerebbe tornare a calcare le scene italiane. Ho molta paura di perdere la familiarità con la lingua e di iniziare a parlare male (ride). Vienna è piena di cultura e funziona tutto. Lo stato crede ed investe nell’arte. Mi torna in mente un aneddoto che mi raccontò Giorgio sulla nascita del Piccolo. Parliamo del 1947. Giorgio voleva creare un teatro stabile e si recò dal primo sindaco di Milano, Greppi mi pare. Gli manifestò questa volontà ed il Sindaco rispose che un Paese appena uscito dalla guerra aveva bisogno di pane e non di cultura. Lo convinse che non era così. Trovarono un’intesa ed il Piccolo venne alla luce. Greppi capì l’importanza della cultura e di quanto possa fare bene ad un paese, anche mangiando un panino in meno se necessario.

La consegna del premio avverrà prima della rappresentazione di una commedia di Tom Stoppard, 'Rosencrantz e Guildenstern sono morti'. Le piacerebbe interpretare un ruolo maschile?

Dovrei onestamente vedere lo spettacolo. Capitò tanto tempo fa di vederne una versione, ma fu veramente tanto brutta. Io ero amica di Stoppard. Ho portato due sue opere in scena, Night and Day e La cosa vera, entrambe per la regia di Peter Brooke. Stoppard era sempre presente alle prove ed una volta mi disse ‘vorrei scrivere un testo per te’. Non gli diedi questa possibilità essendo spesso in scena in Italia. Sono stata arrabbiata con me stessa e devo dire che lo fu anche Giorgio sapendo che non avevo trovato il tempo per andare a Londra. Il fatto è che non sono mai stata ambiziosa ed ho sempre compiuto delle scelte basandomi su altre considerazioni.

Il sodalizio artistico con suo marito l’ha portata a dividersi tra l’Italia e la Germania. Le differenze culturali in quale misura l’hanno stimolata e orientata verso alcune scelte piuttosto che altre?

Ho orientato le mie scelte sempre verso testi che avevano importanza, avendo molta cura ed attenzione nella selezione, soprattutto verso testi di autori moderni di livello. Uno dei criteri di scelta era la capacità di stimolare in me il divertimento, in senso intelligente. Di sicuro la scelta non è mai stata pilotata da un discorso economico.

In un paese che propone costantemente tagli alla cultura, che valenza ha ricevere un premio? Oltre al  riconoscimento di quanto si è raggiunto, è anche una spinta a procedere ancora a grandi passi?

Sono molto contenta di ricevere questo premio, così come recentemente sono stata felice di ottenere a Vienna la Legion D’Onore per l’arte e la scienza, un'alta onorificenza. Ma non cambia sostanzialmente nulla. Al pubblico non importa se tu sei piena di premi. Bisogna essere bravi e basta. Ne sono orgogliosa, certo, ma vado avanti. Con le stesse paure di sempre. Capisci che hai fatto qualcosa per la cultura, ma sul palco sei sempre piccola. Sono sempre i primi passi quelli che si muovono ed il timore di non aver capito ancora il personaggio, la memoria, la fatica sono sempre in agguato e ti ricordano che ogni volta c’è un duro lavoro da affrontare.

Chi reputa una brava attrice italiana emergente, che sentirebbe di sponsorizzare come mentore?

Al momento non trovo emergenti sui quali riflettere, se non in Austria o Germania. Ne conosco di più. Mi piacerebbe però poter trovare qualcuno da seguire e magari avere la possibilità di farlo tornando in Italia.

Quali sono i suoi progetti in corso?

Sto lavorando ad un testo di Thomas Bernhard, ‘Alla meta’. Sono la madre tiranna che cerca di dominare la figlia perché non è più capace di vivere da sola. Ha un linguaggio spaventoso, sono due ore di spettacolo dove sono sola in scena. E’ un testo impegnativo, non solamente da un punta di vista mnemonico ma perché privo di punteggiatura che viene decisa dall’attore stesso.