In attesa di inaugurare la 'Cittadella del Teatro', al Franco Parenti di Milano si mettono in scena spettacoli per veri amanti della cultura, della letteratura,della musica e dell'arte. Fino al 10 febbraio Marco Baliani interpreta La notte delle lucciole, tratto da testi di Leonardo Sciascia e brani di Pier Paolo Pasolini, il cui fascino perverso consiste nell'incredibile attualità di quanto pensato, detto e scritto oltre trent'anni fa. L'atto unico è adattato da Roberto Andò, che usa le parole dei due grandi scrittore del Novecento come testimonianza di realtà piccole ma universali e di un tempo che vorremmo scomparso ma che ancora riaffiora nell'oggi. Oltre a Marco Baliani nella veste di affabulatore c'è un patetico, malinconico e straordinario Coco Leonardi con cinque bambini che danno vita al testo. Ci dice di più Marco Baliani.
Sai che chi ha visto il debutto di questo spettacolo lo giudica emozionante e molto intenso?
Mi fa davvero piacere. Eravamo pieni di timori se questa proposta, quasi un monologo, sarebbe stata accolta bene. La letteratura ha difficoltà a essere compresa e qui non c'è un testo teatrale ma proprio libri. Però si percepisce il pensiero che c'è, dietro alle parole.
Come è stato pensato?
Roberto Andò conosceva bene Sciascia, che è stato un suo maestro e Pasolini è stato il primo a scrivere una prefazione al primo libro pubblicato di Sciascia, quando era uno sconosciuto. Entrambi provenivano da luoghi di periferia, sebbene uno fosse del sud e l'altro del nord, ma qualcosa li unisce poiché entrambi partono da province sconosciute dell'Italia.
Ed entrambi diventano celebri! Ma è vero che fossero amici, anche se non del tutto?
Percorsi reali li hanno uniti. Si sono incontrati ma anche non capiti, come col problema dell'omosessualità, che per Sciascia era difficile da accettare. Drammaticamente l'Italia che non c'è più, oggi sembra sprofondata nel buio. Eppure certe cose accadevano trent'anni fa in un'Italia che però non è migliorata. Noi abbiamo voluto mettere in scena il maestro di scuola che dice che la scuola lo disgusta, che non c'è alcun senso a insegnare a ragazzi che hanno fame, come accade nel suo libro. Oppure quando ha difficoltà a comprendere la morte.
Per questo mescolate testi di Pasolini e Sciascia?
Erano intellettuali che sapevano parlare forte di politica, di Moro e di cose alle quali oggi non si fa più riferimento mantenendo un tono civile! Oggi il privato diventa rotocalco, allora era motivo di riflessioni. Gli intellettuali erano pochi amici di spessore, come Gadda, Calvino, Pasolini e Sciascia. Chi c'è oggi?
Beh, c'è poco da stare allegri, insomma?
Io non sono allegro per niente. Sembra di vivere in un paese in cui si siano perse le coordinate del senso dello Stato, tipico del pessimismo di Sciascia e coincide col presente. Credo che solo a teatro si riesca a misurarsi con pensieri di questo tipo.
Beh, però restano soli in pochi a poterne usufruire. Il teatro è per una élite limitata?
Questo è sempre stato il limite e la grandezza del teatro. Anche Pasolini diceva che il teatro deve essere di parola, non può essere fatto per tutti, se no diventa retorico. Ma forse Pasolini ricordava che il teatro si fa per quella borghesia illuminata che va a teatro, anche se non proprio in modo netto. Di sicuro non è per un pubblico televisivo.
Quindi solo per pochi?
Ma un attore che convoca persone fuori casa, bisogna che si assuma una responsabilità etica e io mi sento di dover esprimere un segnale. Il teatro può anche far ridere o ironizzare, ci mancherebbe altro, però sembra essere venuto a mancare il senso etico che lavora per la polis. Abbiamo perso un po' questo, il che rispecchia la società, in fondo. Ma, come dice Sciascia, non si deve perdere la volontà. Bisogna portare il sasso in cima alla salita anche se sai che non ce la farai. Se nessuno lo fa più, si perde la speranza.
I bambini che lavorano con voi capiscono quanto accade in scena?
I bambini sono diversi, hanno un'età variabile dagli 8 ai 12 anni e noi abbiamo raccontato loro chi erano Sciascia e Pasolini e il senso di tante parole, come 'adempimento'. Loro hanno capito perfettamente cosa vuol dire la scuola di una volta, anche se sembra che siano passato 100 anni, non 30 e 40. Ci fanno domande su Moro, ad esenpio. Cosa vuol dire 'eresia', come è morto Pasolini. E' una bella forma di pedagogia, anche se non potranno capire tutto.
Vi seguiranno in tournée?
In ogni teatro, in ogni città avremo 5 bambini diversi e ogni volta vedremo. Per ora saremo solo a Milano e Roma, le loro città preferite. Sciascia pensava che Milano fosse la capitale morale e a Roma aveva tante amicizie, quando fu deputato del partito radicale. La prossima stagione saremo in tournée a Catania, a Torino e altrove e ogni volta andremo a rifare tutto lo spettacolo con nuovi bambini. Ci sono delle variabili indipendenti ed è bello questo. A Roma saranno ragazzini più grandi e di quartieri periferici, più simili ai ragazzi di Pasolini. Creano sguardi diversi, saranno diversi anche gli spazi. Lo faremo al Teatro India dal 26 marzo al 27 aprile.
Come mai non ci sono figure femminili?
Paoslini era gay e Sciascia è sempre stato molto legato a una virilità tipica siciliana e a regole morali forti, ma entrambi sapevano che si doveva scrivere come il codice civile, per bene. Quindi erano diversissimi fra loro ma li univa la scrittura e le donne non erano indispensabili. Sciascia amava Stendhal, in cui le figure femminili sono marginali. Infine, le colpe di quanto avviene nel mondo sono degli uomini e lui era interessato alle colpe.
Come hai scelto i brani da usare sul palcoscenico?
Il merito è principalmente di Roberto Andò, io l'ho solo affiancato e ho collaborato in parte. Abbiamo scelto frammenti dagli Scritti Corsari e anche da testi di Sciascia e Roberto ha montato il tutto.
Prepari altro?
Dal 2 marzo dal 21 aprile sono in prova e poi debutto a Prato con un nuovo spettacolo tratto da Curzio Malaparte, La pelle, in cui si parla ancora di cose antiche che sono tragicamente attuali. Quanto descrive di Napoli sembra oggi, oggi l'Europa e i pericoli annunciati. Malaparte ha visto in anticipo con lucidità, cattività, acidità il disastro che si apriva dopo la seconda guerra mondiale. Lui aveva capito, a differenza di Edoardo secondo il quale 'Ha da passà 'na nuttata', che la nottata non passa più.
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