Il giornalista piemontese porta in teatro un recital al vetriolo sulla capacità di certa stampa di farci amare la peggior classe dirigente al mondo. Lo abbiamo intervistato a margine della sua tappa al Teatro Umberto Giordano di Foggia.
Tre ore di monologo potrebbero sembrare tante ma la lista è infinita e ci sono interi decenni da passare in rassegna. Marco Travaglio sabato scorso (2 aprile 2016, NdR) ha fatto tappa al Teatro Giordano di Foggia con il suo spettacolo Slurp, prodotto dalla Promo Music per la regia di Valerio Binasco, affiancato sul palco dall’attrice Giorgia Salari. Il direttore del Fatto Quotidiano, nella sua critica senza mezzi termini a una determinata categoria di colleghi, lascia parlare le loro stesse adulatrici penne, snocciolando un susseguirsi di articoli - che verrebbe da definire apologie - e servizi passati in tv che, nella loro desolante verità, hanno del tragicomico.
Con ritmo incalzante, lo spettacolo racconta quasi ottant’anni in cui la stampa più accreditata, e allo stesso tempo più servile del nostro Paese, si è avvicendata ed affannata per "leccare ed esaltare" il potente di turno. Da Mussolini a Renzi, passando per Berlusconi e i suoi problemi di impotenza e il morigerato Monti con il suo sobrio loden, si ride increduli e ci si chiede come sia possibile aver letto davvero certe cose, per anni, senza battere ciglio. Cinico e per questo necessario, lo spettacolo di Travaglio regala una nuova consapevolezza nello sfogliare un quotidiano.
Con il tuo spettacolo porti in teatro una riflessione amara sullo stato dell’informazione attuale in Italia.
Lo scopo dello spettacolo è proprio quello di cercare di educare la gente a leggere i giornali e a vedere i telegiornali e i talk in maniera critica. Quando senti certe stronzate non puoi fare a meno di ridere, che poi è il modo migliore per difenderti da questa orgia di zuccheri, di saliva, di bava ed è il modo migliore anche per cominciare a ribellarsi. L'informazione è un servizio pubblico anche se è fatto da privati, peggio ancora se è fatto veramente dal Pubblico come la Rai, ed è un servizio che la gente paga, giustamente. Io sono un sostenitore della carta stampata ed è giusto comprare i giornali, come è giusto pagare il canone, però poi deve valere la formula soddisfatti o rimborsati, se invece del servizio mi danno dei servizietti di lingua tu ti devi ribellare.
Con Slurp dunque si ride per non piangere?
Diciamo che poi fa molto più ridere di quello che noi ci eravamo prefissati. La parte che fa più ridere è quella che meno ti aspetteresti, perché riguarda Mattarella, per esempio. Mattarella è un personaggio scialbo e anonimo e sono riusciti ad incensarlo a tal punto da renderlo ridicolo. In realtà poi rendono ridicoli soprattutto se stessi, mettendo la firma sotto certe sciocchezze. Leggere frasi così enfatiche, come che D’alema è sexy, che Renzi è sexy, che Berlusconi è sexy, che questo è la reincarnazione di Cavour, quell’altro di Quintino Sella… beh sì, lette così la gente si sbudella. La cosa che a me colpisce è che quando tu le leggi a teatro queste cose fanno molto ridere, ma sono cose uscite sui giornali, in televisione, ai tg, e quando tu le senti in diretta è raro che qualcuno si metta a ridere, perché nessuno le nota.
Andrea Scanzi ha caricato sulla sua pagina Facebook un video da una specie di bunker per poter spiegare bene, ha detto, la vicenda delle dimissioni dell’ex ministro Guidi. Ma davvero ormai per poter fare informazione in Italia bisogna parlare da un bunker?
No, non è quello, perché la cosa paradossale è che nessuno ti impedisce di dirle certe cose. Quello che è preoccupante è che c’è una paura generalizzata, un’autocensura che addirittura previene e anticipa gli interventi censori. Dopodiché tu ti rendi conto, come sempre abbiamo visto in questi anni, che certi personaggi che sembrano sacri, inamovibili, resistenti all’urto, in realtà poi basta una schicchera per farli cascare. Adesso tutti dicono che Renzi non ha alternative, ma se domani casca in un tombino secondo te non c’è subito un nuovo Presidente del Consiglio? Certo che c’è, non siamo così malridotti da non avere nessuno che possa governarci oltre a Renzi, anzi secondo me abbiamo un sacco di gente che potrebbe farlo pure meglio. C’è questo timore reverenziale nei confronti dei potenti che spesso è spropositato anche rispetto alla loro forza di reazione e al loro potere di reazione, non è che ti ammazzano se li critichi: basta farlo. Al massimo ti fanno causa e poi la perdono. Quello che è preoccupante è proprio l’atteggiamento succube di molta stampa.
Presenti esclusi, c’è chi fa ancora del buon giornalismo in Italia?
Certo. I giornali naturalmente fanno vita abbastanza grama perché se va per la maggiore il modello del leccaculo è chiaro che chi fa il contrario si sente isolato, si sente fuori posto, mentre fuori posto dovrebbero esserlo gli altri. La Gabanelli continua a fare i suoi programmi in televisione e non le succede niente di particolare, per esempio. Mi meraviglio che molti, se non quasi tutti, tentino di imitare il modello Vespa, il modello Riotta, il modello Tg1, Tg2, invece di imitare il modello Gabanelli. La Gabanelli è lì da una vita ed è la dimostrazione che con un minimo di rischio calcolato alla fine le cose le puoi dire. Che poi è un rischio inesistente perché se tu sei documentato puoi parlare.
Il teatro è un buon posto per fare giornalismo?
È un buon posto per poter raccontare le cose, perché hai sia il tempo necessario, sia il pubblico predisposto. È una sfida interessante ogni volta. Però sai, quando tu hai il tempo, le persone disposte ad ascoltarti, l’interazione che fa sì che reagiscano immediatamente, con la risata o con l’applauso, col fischio o con lo sbadiglio… tutto questo è comunque una sfida utile, soprattutto per chi fa il giornalista che, in teoria, dovrebbe cercare il contatto con i lettori. Uno dei difetti peggiori del giornalismo italiano è che è fatto da giornalisti che se ne stanno chiusi in redazione tutto il giorno, parlano solo con i giornalisti, frequentano solo giornalisti e quindi fanno dei prodotti che sono fatti apposta per i giornalisti ma non per i cittadini, perché non li incontrano mai. Ecco, l’incontro che ti dà il teatro è molto utile perché ti fa capire dove va il Paese e che cosa pensa la gente, che cosa vuole sentire, quali sono gli umori, quali sono i temi che interessano alle persone oggi rispetto a qualche anno fa.
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