Teatro

Ottavia Piccolo: la dignità del lavoro si può perdere in appena sette minuti

Ottavia Piccolo: la dignità del lavoro si può perdere in appena sette minuti

Nello spettacolo "7 minuti", per la regia di Alessandro Gassman, Ottavia Piccolo è Bianca, donna determinata e fragile al tempo stesso, che difende le sue convinzioni su lavoro e dignità. Incontriamo la grande attrice al Teatro Goldoni di Venezia.

Ottavia Piccolo, in questi giorni al Teatro Goldoni di Venezia, interpreta Bianca, protagonista di 7 minuti, testo di Stefano Massini e regia di Alessandro Gassman. E' uno spettacolo vero, diretto, essenziale, tanto nella messa in scena quanto nella cifra interpretativa: un gruppo di undici operaie, a rappresentanza dell'intera fabbrica, discute la proposta dei nuovi proprietari di rinunciare a sette minuti della propria pausa giornaliera. Tutte intravedono la possibilità di tenersi stretto il proprio posto di lavoro, Bianca invece teme che questo sia solo il primo passo per ulteriori richieste.

L'attrice  non ha certo bisogno di presentazioni, ha lavorato con tutti i migliori registi del panorama italiano, da Ronconi a Germi, da Scola a Bolognini, passando per Strehler e senza dimenticare chiaramente Luigi Squarzina che la fece esordire a undici anni in Anna dei Miracoli di W. Gibson. 

La incontro dopo lo spettacolo e dopo la calorosa accoglienza del pubblico veneziano.

Cominciamo proprio dal pubblico, come sono state le reazioni negli altri teatri italiani?
Dovunque un’accoglienza fantastica e un pubblico sempre molto generoso. Ma non solo questo, dopo lo spettacolo mi capita di incontrare molte persone che mi raccontano storie che le hanno toccate da vicino, storie in cui il tema della dignità del lavoro ricorre immancabilmente. Mi convinco allora che il nostro spettacolo tocchi nodi fondamentali della vita quotidiana, ma mi convinco altrettanto che lo spettacolo può contare su una forma che funziona e che riesce a catturare l’attenzione del pubblico. 

Lei ha dichiarato che Bianca non è una dura e pura, che cosa intende dire con questo?
Tutto il testo di Stefano Massini gioca su una coralità, le undici operaie, tra le quali non è possibile distinguere personaggi totalmente buoni da personaggi totalmente cattivi. Anche Bianca è così: è convinta della sua posizione, tuttavia quando scopre di essere in  minoranza, accetta la sconfitta ma allo stesso tempo invita le altre a parlare, a esprimere le proprie opinioni per avviare un confronto. E grazie a quel “Parliamo…”, che pronuncia Bianca, che lo spazio sul palcoscenico si trasforma in un’agorà, in un luogo di dibattito, che coinvolge anche il pubblico. In questo senso “7 minuti” ritorna alle origini di un teatro politico e il finale lasciato volutamente aperto è un modo per indurre ancor di più il pubblico a essere partecipe.

Se in scena al posto delle undici operaie ci fossero stati altrettanti uomini, lei pensa che gli esiti sarebbero stati diversi?
Non so rispondere a questa domanda per la semplice ragione che non sono un uomo, tuttavia quello che posso dire è che per cultura, storia e anche tradizione l’uomo si è sempre identificato di più con il lavoro. Mentre la donna ha sempre avuto altro, figli da accudire, casa da portare avanti, l’uomo invece ha sempre riposto la sua identità quasi esclusivamente nel lavoro. D’altronde, in momenti di crisi come questi, chi sono le prime a pagare il prezzo? Sicuramente le donne, è a loro che si chiede di farsi da parte, di firmare in bianco lettere di licenziamento nel caso si trovassero in maternità. Questi sono fatti reali che coinvolgono fondamentalmente le donne, la maternità come problema in contrapposizione alla possibilità di lavorare non è una realtà con cui l’uomo ha a che fare. Quindi, per rispondere alla domanda, non so come sarebbe andato un 7 minuti per soli uomini, ma non sarebbe stato lo stesso nostro spettacolo.

Bianca è dunque un’eroina contemporanea a tutti gli effetti. Dal punto di vista strettamente teatrale, è un’interpretazione  che non dovrebbe mancare nel curriculum di un'attrice?
Certamente, Bianca è un ruolo bello e difficile al tempo stesso. Non è semplice trovare nel panorama della drammaturgia contemporanea ruoli femminili di spessore, che non siano quelli dei grandi classici voglio dire, e ancora meno ruoli femminili dove allo spessore del personaggio si aggiunga la maturità di chi lo interpreta. Quindi, Bianca per me è una bella prova, tuttavia Bianca da sola non esiste, non esiste senza le sue dieci compagne e questo vale anche dal punto di vista interpretativo. Mi piace recitare insieme ad altre dieci bravissime attrici, è stata l’occasione per me di tornare a quello scambio di vita e di palcoscenico che solo una compagnia di undici persone, per di più tutte donne, è capace di darti.