Teatro

Patrizia Milani 'La vita che ti diedi' è il mio ultimo figlio con Marco Bernardi

Patrizia Milani 'La vita che ti diedi' è il mio ultimo figlio con Marco Bernardi

Patrizia Milani è in scena al Teatro Carcano di Milano fino al 18 gennaio con "La vita che ti diedi" di Luigi Pirandello, ultimo lavoro firmato per la Compagnia del Teatro Stabile di Bolzano dal regista Marco Bernardi, che lascia la guida dello Stabile bolzanino.

Attrice milanese, diplomata all'Accademia dei Filodrammatici di Milano e che deve i suoi esordi in teatro a Giulio Bosetti, è in questi giorni al Teatro Carcano di Milano con "La vita che ti diedi" di Luigi Pirandello. Una "novità italiana"messa in scena dal Teatro Stabile di Bolzano con la regia di Marco Bernardi. Per l’attrice e per il gruppo di attori del Tsb, tra cui Carlo Simoni con il quale la Milani recita in coppia da più di vent’anni, si conclude la collaborazione con lo Stabile bolzanino dove ha iniziato a lavorare nel 1989, per diventare dopo qualche anno anche moglie del regista Marco Bernardi il quale, dalla prossima stagione, lascerà la guida del teatro a Walter Zambaldi che è stato anche suo assistente.

Patrizia Milani, il tema centrale di questo lavoro di Pirandello è  l'amore materno. La madre non accetta la morte dei figlio e agisce ancora come se fosse ancora vivo. E’ stato difficile interpretare questo ruolo che fu scritto per Eleonora Duse, ma che poi la grande attrice decise di non interpretare?
Sì, è stato un lavoro molto lungo di avvicinamento al personaggio durato più di un anno. Simbolicamente poi per noi rappresenta il nostro ultimo figlio, mio di Marco e del gruppo di attori con quali lavoriamo da tanto tempo. In ogni caso penso proprio che mi prenderò un anno sabbatico. Abbiamo lavorato insieme per 25 anni, e praticamente non mi sono mai fermata. Ero già in scena quando stavo ancora allattando mio figlio e non ho mai smesso fino ad ora, che si sta per laureare proprio qui a Milano.

Perché la Duse decise di non interpretare questo ruolo?
Un po’ perchè in quel periodo non stava bene di salute e poi perché in questo lavoro Pirandello aveva disegnato un personaggio femminile piuttosto scomodo, pervaso da un amore materno che rasentava il patologico, un rapporto ossessivo, una madre “vampiro” dalla quale il figlio si allontana per tornare dopo sette anni malato e morire dopo aver messo incinta una donna già sposata e con degli altri figli. La figura del marito è assente, si presume sia rimasta vedova e come spesso succedeva in quegli anni il figlio maschio diventava una sorta di sostituto del marito.

Un testo ancora moderno che si presta anche a una lettura psicoanalitica?
Sì, il figlio che cresce e annulla il ruolo della madre, dall’altra la madre la quale non accetta che il figlio sia cresciuto. Inoltre lei poi si insinua nella vita dell’amante. Insomma un ruolo molto difficile, si capisce come mai la Duse abbia avuto timore di interpretarlo in quegli anni.

A quali dei personaggi femminili che in questi anni ha interpretato per il Teatro Stabile di Bolzano si sente più legata?
Si dice sempre che l’ultimo figlio nato sia che quello che si ama di più appunto, come in questo caso. Però i due ruoli che ho nel cuore sono quello di Geesche protagonista di “Libertà a Brema” di Fassbinder e la “Locandiera” di Goldoni che abbiamo portato in giro per cinque anni.

Cosa dice il marito regista Marco Bernardi a proposito della fine di questo percorso?
Devo dire che siamo fortunatamente riusciti in questi venticinque anni di collaborazione, a separare sempre il lavoro dalla vita privata. Marco è contento perché lascia un teatro sano economicamente e perché è uno dei  pochissimi in Italia che ha cominciato a lavorare a 25 anni ricoprendo il doppio ruolo di direttore e di regista.

E’ vero che gli sarebbe stato offerto di andare a dirigere il Teatro Stabile del Veneto?
Sì confermo, ma alla fine ha rifiutato e ha deciso di  prendersi un po’ di riposo. Firmerà qualche regia e finalmente forse riusciremo ad andarci a fare un viaggio di piacere.